Chi dice disruption dice verde

La chiave di volta di una disruption in grado di salvare il pianeta è l’energia e questo riguarda anche le aziende del comparto Ict e il digitale

La parola d’ordine per quanto riguarda le tecnologie, anche in chiave green, è disruption. In questo caso l’urgenza è dettata da scadenze precise, innanzitutto quelle stabilite durante la Conferenza di Parigi per contenere il riscaldamento globale entro i due gradi centigradi. E la chiave di volta di una disruption in grado di salvare il pianeta è l’energia.

*di Antonella Tagliabue

Bill Gates parla da tempo di un “Energy Miracle” sostenendo che “c’è bisogno di dosi incredibilmente massicce di innovazione in ricerca e sviluppo di energie pulite. Nuovi modi per stabilizzare i flussi intermittenti nella trasmissione da solare ed eolico, pannelli solari più efficienti, impianti migliori per la trasmissione e la gestione, impianti nucleari di nuova generazione, più sicuri”.
Ogni rivoluzione energetica collegata alla scoperta dell’utilizzo di una nuova fonte ha richiesto decenni per affermarsi e raggiungere livelli di massimo picco e nel caso del solare, dell’eolico o del gas naturale i tassi di crescita sono ben diversi dall’inarrestabile ascesa dei combustibili fossili.

Il principio di conservazione dell’energia (e della massa e del moto) stabilisce che questa non può essere né creata, né distrutta, ma solo trasformata e che la quantità totale in un sistema isolato non varia nel tempo. Il cambiamento climatico è, semplificando, energia intrappolata dai gas a effetto serra che si trasforma in calore che, per la gran parte, finisce negli oceani.
C’è di fatto uno spreco (anche se niente si disperde) perché quella intrappolata negli oceani è energia che attualmente non può essere spostata, sfruttata, resa produttiva. E nella forma attuale è nociva.
Per quanto possano essere verdi, le tecnologie disruptive non crescono sugli alberi. E forse mai come in questo campo i costi e i rischi di investimenti e sviluppo sono troppo alti per singole imprese. O anche per società riunite in consorzi.

Come sempre quando si tratta di ambiente, il rovescio della medaglia non è solo una questione di opinioni.
Attualmente le emissioni di CO2 non stanno diminuendo in modo sufficientemente veloce e anche il ricorso a sole e vento produce comunque emissioni nocive.
Spesso le risorse energetiche pulite sono sostenute da sovvenzioni, i cui costi economici totali sono enormi. Anche se l’aria che respiriamo, il cibo di cui ci nutriamo, l’acqua, la natura e il pianeta su cui viviamo non hanno prezzo.

Oltre alle considerazioni sull’economicità, ci sono quelle sul livello di maturità di nuove tecnologie. Come per i frutti sugli alberi, occorre del tempo perché le innovazioni siano reali alternative.
Il richiamo alle future generazioni non sembra essere uno stimolo sufficiente per una svolta realmente disruptive. Ed è forse paradossale che il fenomeno climatico più intenso, diffuso e dannoso si chiami El Niño (il bambino in spagnolo, per estensione riferito al Bambino Gesù dato che generalmente si presenta con più impatto attorno a Natale).
Inoltre, non abbiamo tempo a sufficienza per aspettare una nuova generazione di innovatori visionari e quelli attuali devono confrontarsi con sfide titaniche.
Il tempo del pensiero innovativo è adesso e siamo oltre la fase del buon esempio.

A chi aspetta cambiamenti epocali, rivoluzioni tecnologiche che da un giorno all’altro possano redimere i peccati del nostro modo di vivere inquinante, occorre ricordare che nell’era del digitale e della relatività cambia anche la percezione di quei fattori che sono davvero disruptive nella nostra storia quotidiana.
Ma ci sono anche buone notizie di una certa sostanza, capaci di abilitare disruption. La Banca Mondiale, il principale operatore di finanza pubblica verso i paesi in via di sviluppo, investirà il 28% delle risorse in rinnovabili, come unica via d’uscita dalla povertà.

Le aziende del comparto Ict entro il 2030 potranno aumentare il loro fatturato per servizi direttamente collegati ai Sustainable Development Goal dell’Onu, per una cifra che supera i 2,1 trilioni di dollari annui. Un 20% di questa cifra è relativo alla possibilità di collegare 2,5 miliardi di persone a servizi di comunicazione. Gli altri allo sviluppo di eCommerce, eWork, eGovernment e per investimenti in educazione (dati Accenture Strategy). Non è possibile dire se la tecnologia sia la migliore amica dell’uomo, ma potrebbe esserlo della Natura poco incline alle illusioni.
Come diceva Richard Feynman – Premio Nobel per la fisica – “per una tecnologia che abbia successo, la realtà deve avere la precedenza sulle pubbliche relazioni, perché la Natura non può essere imbrogliata”.

Tec_PuntoG disruption green

*Amministratore delegato della società di consulenza strategica di Un-Guru, esperta di sviluppo sostenibile. Laureata in Scienze Politiche, con specializzazione in Storia e Istituzioni dell’America Latina. Si è occupata di comunicazione e marketing per multinazionali e gruppi italiani. Da anni si occupa di Green Economy e di responsabilità sociale e ambientale d’impresa, insegna in corsi e master. “Penso che la sostenibilità debba essere una scelta, prima che un dovere, ma che debba essere strategica e, quindi, responsabile. Quando parlo del Pianeta lo faccio con la P maiuscola e credo che il rispetto per la vita in senso biologico debba essere un istinto”. Leggo, viaggio e scrivo per passione. Camus diceva: “Sono contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione. Per questo pratico il dubbio, coltivo i miei difetti, cerco di sbagliare sulla base di ragionevoli certezze e mantengo un ottimismo ostinato”.


Chi dice disruption dice verde - Ultima modifica: 2016-07-08T10:16:16+00:00 da Cecilia Cantadore
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