Digitalic n.27 – Big Data

La risposta giusta; da sempre è questo cerchiamo, nella vita come nell’attività professionale. Ma ci sono due problemi fondamentali: cosa chiedere e a chi. Sempre di più, almeno nell’attività lavorativa, i dati sono diventati una meta sicura: i numeri non mentono, rispondono sempre e sono sempre disponibili. Per chi sa cose domandare un database è […]

La risposta giusta; da sempre è questo cerchiamo, nella vita come nell’attività professionale. Ma ci sono due problemi fondamentali: cosa chiedere e a chi.
Sempre di più, almeno nell’attività lavorativa, i dati sono diventati una meta sicura: i numeri non mentono, rispondono sempre e sono sempre disponibili. Per chi sa cose domandare un database è l’interlocutore ideale.
Ma oggi si può fare molto di più: i dati sono in grado di fornire risposte a domande che non siamo in grado di fare. È questo, in fondo, il risultato più innovativo di quella scienza nascente che si chiama Big Data, ovvero la capacità di raccogliere dati eterogeni e di individuare relazioni, collegamenti, connessioni inaspettate. Le aspettative sono elevatissime e molte aziende sono impegnate nella costruzione di questo grande oracolo personale. Per il momento soprattutto accumulano dati, tanto che le quantità di informazioni archiviate stanno crescendo a ritmi travolgenti. Si comincia già a parlare dell’era dei BrontoByte, un’unità di misura dei dati fino a qualche anno fa inimmaginabile, ma a cui già oggi si avvicinano alcune organizzazioni che anni accumulano instancabilmente byte da ogni fonte. La vera sfida, però, è far parlare questo nuovo oracolo digitale, capire cosa ci dice.
Diventa fondamentale, per esempio, la visualizzazione, perché enormi quantità di informazioni non possono essere guardate nella loro totalità, viste così assomigliano molto al caos primordiale. Gli strumenti di analisi devono diventare anche belli da vedere, capaci di veicolare attraverso le immagini proprio quelle relazioni nascoste che da soli non siamo in grado di vedere. L’estetica entra in quello che era il mondo a righe e tabelle dei database, ma non si tratta semplicemente del gusto del bello, è qualcosa cdi fondamentale perché solo attraverso nuove rappresentazioni si può pensare di individuare le risposte alle domande che non abbiamo fatto.
L’attività più professionale che si possa immaginare nell’informatica, ovvero lo studio dei dati deve oggi il suo incredibile sviluppo agli strumenti (considerati) più consumer, ovvero i social network: sono questi strumenti che hanno generato l’enorme mole di informazioni che oggi tutte le aziende cercano di raccogliere e analizzare. Oggi più che mai possiamo dire che “i dati simo noi” e che le attività più elevate dell’IT traggono la loro linfa vitale dall’attività consumer in un circolo inscindibile.


Digitalic n.27 – Big Data - Ultima modifica: 2014-06-20T09:16:47+00:00 da Francesco Marino
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