Oscar Farinetti: la tecnologia al servizio della purezza e della verità / l’intervista

Il nome Oscar Farinetti è noto a tutti per la riscoperta delle eccellenze italiane. La sua carriera è iniziata a soli 17 anni, quando il padre gli affida il settore degli elettrodomestici del supermercato che aveva aperto a pochi chilometri da Alba

di Ilaria Galateria

Eataly è il suo marchio di fabbrica. Ma come imprenditore ha una lunga storia alle spalle e tanti progetti in corso

Il nome Oscar Farinetti è noto a tutti per la riscoperta delle eccellenze italiane. La sua carriera è iniziata a soli 17 anni, quando il padre gli affida il settore degli elettrodomestici del supermercato che aveva aperto a pochi chilometri da Alba, la sua città natale. E quel corner è stato il suo punto di partenza. In pochi anni crea il primo gruppo italiano di elettrodomestici, la catena Unieuro.
Curiosità, intraprendenza, il gusto di rischiare e di mettersi sempre in gioco caratterizzano Oscar Farinetti. La sfida è il suo punto di forza.

Oscar Farinetti, lei è un uomo dalle molte vite: la prima, giovanissimo, l’ha vista leader del gruppo Unieuro. Nella seconda, siamo nel 2004, ha fondato Eataly, un grande successo. Da cosa nasce questa sua intraprendenza?
Dalla voglia di migliorare. Migliorare è la cosa più saggia che possiamo fare, in un mondo dove non decidiamo quando nascere, dove, in quale famiglia, il sesso, l’orientamento e quando moriremo. Non ci resta, quindi, che decidere di migliorare. E io, per farlo, ogni tanto ho la necessità di cambiare attività. La mia creatività ha bisogno di nuovi traguardi per esprimersi e questo aiuta molto nel percorso verso il miglioramento.

Quando è nata la sua attenzione verso il cibo rigorosamente Made in Italy?
Ho avuto la fortuna di nascere ad Alba, nelle Langhe, in Piemonte. Una grande capitale enogastronomica del Mediterraneo. Fin da piccolo mi sono occupato delle eccellenze agroalimentari. Prima per piacere, poi anche per lavoro. A un certo punto mi sono reso conto che la meraviglia della biodiversità italiana non era ben narrata e diffusa nel mondo. Da qui l’idea di Eataly.

Adesso, lasciate le redini di Eataly ai figli, quali sono i suoi progetti futuri?
Sto realizzando un progetto unico: Fico Eataly World, la più grande realizzazione al mondo di un luogo per celebrare la biodiversità italiana, dalla terra alla tavola. Fico è l’acronimo di Fabbrica Italiana Contadina. Nascerà a Bologna, prevedibilmente a settembre del 2017. 80.000 mq, 2 ettari di campi coltivati e stalle, 40 laboratori artigianali di trasformazione materie prime, 25 ristoranti, un grande mercato, 12 aule didattiche, 2 centri congressi/eventi e 6 “giostre” spettacolari per imparare, divertendosi, la storia millenaria del rapporto tra l’uomo e il cibo. Si circolerà con biciclette speciali. Ci aspettiamo 5 milioni di visitatori per anno con una potente presenza di turisti stranieri.

Si parla anche di un altro suo progetto, Green Pea. Di cosa si tratta?
Per introdurre Green Pea vorrei fare una premessa filosofica. Il perno della nostra società ruota intorno al concetto di consumo associato all’idea del “godimento” immediato. Lo scopo di Green Pea è di sostituire il concetto di “godere” con quello di “durare”, spostando l’aspettativa sul futuro anzichè sul presente. Vorrei contribuire a creare una società che aspira a “durare”, pur continuando a “godere”. A Green Pea venderemo quindi soltanto beni durevoli, prodotti con criteri di assoluta sostenibilità ed eticità e che sono connessi a tre diversi ambiti della vita quotidiana: abitare, vestirsi e muoversi in modo responsabile. L’obiettivo è di contribuire a modificare la percezione dei valori.

In che senso?
A mio parere dobbiamo rispettare il dovere e non limitarci a rincorrere il piacere. Oggi, nel nostro Paese, sembra prevalere il concetto che essere “figo” significhi essere furbo, rispettare il minor numero di regole possibili. Vorrei vivere in un mondo nel quale il “figo” è colui che posteggia e paga il ticket e non quello che mette due ruote sul marciapiede e se ne infischia dei divieti di sosta. Ecco, attraverso la vendita di beni durevoli prodotti secondo le regole della sostenibilità, vorrei creare qualcosa che porta godimento riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente. Questo approccio è già fortemente radicato negli Stati Uniti, non vedo perché non possa diventarlo anche in Italia. Il primo edificio per la vendita dei prodotti Green Pea sorgerà a Torino nel 2018.

E siamo già alla sua “terza vita”…
Ho un’inguaribile voglia di cambiare. Aggiungo che il futuro, anche del business, sarà nella sostenibilità, nei beni durevoli. Si tratta di mercati ancora poco esplorati sul fronte del rispetto che stimolano la mia curiosità.

Innovare significa cambiare. Guardando al futuro con uno sguardo sempre rivolto al passato”. È questa una delle chiavi del suo successo?
Si, me lo ha insegnato Tonino Guerra, il più grande poeta italiano del secondo ‘900. E mi ha anche insegnato a mettere sempre un po’ di poesia vicino agli affari.

Cibo e tecnologia: i dati indicano un segmento in forte crescita. Quale sviluppo tecnologico prevede nel settore alimentare?
Occorre mettere insieme la migliore tecnologia con le più vere tradizioni. Per esempio, mezzi meccanici efficienti in agricoltura; come la cisgenesi, il genoma editing nelle cultivar maggiormente attaccate dalle malattie (che non si tratta di Ogm); le più avanzate tecnologie in fase di conservazione dei prodotti naturali; il massimo della velocità digitale per avere e fare comunicazione. Insomma, occorre essere on-line e on-land insieme.

Come si coniuga il mondo tecnologico con quello enogastronomico?

Un esempio in campagna? Sensori nella terra che indichino quando, quanta sete e fame ha, così da intervenire puntuali nelle zone giuste. Un esempio in produzione? Un controllo digitale sulla tecnologia del freddo abbinata all’evoluzione del prodotto fresco che ci consenta di eliminare completamente i conservanti. Un esempio nel commercio? Una tecnologia radar a disposizione dei clienti, che evidenzi in tempo reale la presenza di coloranti, conservanti, le quantità di zucchero o di sale. La tecnologia, quindi, al servizio della purezza e della verità. Molto diverso, invece, il discorso nella ristorazione dove… vorrei tornare all’epoca del fuoco.

Oscar Farinetti


Oscar Farinetti: la tecnologia al servizio della purezza e della verità / l’intervista - Ultima modifica: 2016-11-14T09:15:03+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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