Il terremoto dell’Italia “Buona”, tra social, tecnologia e solidarietà

I social network e la community tecnologica hanno avuto un ruolo determinante negli aiuti per il terremoto che ha colpito il centro Italia il 24 agosto 2016

La solidarietà dilagante cui abbiamo assistito fin dalle prime luci dell’alba, a seguito del terremoto disastroso del 24 agosto, è stata la risposta più intensa che gli italiani potessero dare a seguito della strage. Donazioni di sangue, sms solidali per sostenere la Croce Rossa Italiana (2 euro al numero 45500 che ha quasi raggiunto i 10 milioni di euro), raccolte di abiti, cibo e beni di prima necessità. Forze dell’ordine, volontari e civili si sono dimostrati instancabili. Anche il mondo della tecnologia ha fatto la sua parte.

La comunità tecnologica ha unito le proprie forze per supportare le vittime, il progetto “Un aiuto subito” (#unaiutosubito), lanciato lo scorso venerdì da Enrico Mentana nel corso del suo TG di La7 – e sostenuto da Telecom Italia, Corriere della Sera e Starteed – sta per sfiorare i 300,000 euro (oggi, 29 agosto alle 14 ne sono stati raccolti più di 280.000).
“Il livello di partecipazione è senza precedenti e la campagna non si è prefissata dei limiti da raggiungere, ogni singolo euro raccolto verrà devoluto ad attività che sosterranno le attività di soccorso e di recupero” dichiarano gli organizzatori nella pagina dedicata www.unaiutosubito.org.

terremoto unaiutosubito

Altre forme di supporto non erano strettamente collegate alla raccolta di denaro, ma erano mirate a miglioramento delle comunicazioni.

La community OpenStreetMap, una open source alternativa a GoogleMaps, si è mobilitata per aggiornare le mappe delle aree danneggiate dal terremoto, utilizzando immagini satellitari rese disponibili attraverso Bing, dal Programma Europeo Copernicus e dalla Regione Lazio (la più colpita dalla tragedia). Avere informazioni che siano aggiornate in tempo reale riguardo alla localizzazione di centri di primo soccorso, strade chiuse ed edifici crollati ha aiutato concretamente le squadre dei soccorritori che dovevano e devono far fronte all’emergenza. Ma di grande aiuto sono stati anche i droni che con la loro maneggevolezza hanno monitorato dall’alto senza sollevare macerie e detriti. Fornendo fotografie e immagini in 3D che si sono rivelate di estremo aiuto in fase di soccorso e monitoraggio degli edifici pericolanti.

E ancora, il progetto indipendente Terremoto Centro Italia, ha comparato la situazione dei territori colpiti dal sisma prima e dopo le scosse attraverso immagini satellitari, diffondendole attraverso un canale Telegram che aggiornano in tempo reale.

Com’è già successo durante altri eventi tragici, i social media hanno avuto un ruolo fondamentale. Attraverso l’hashtag #prayforitaly il mondo intero si è stretto attorno alle popolazioni di Amatrice, Accumoli e Arquata; l’hashtag #terremoto, oltre alla solidarietà, si è fatto il veicolo della diffusione di informazioni utili come il conto corrente di Croce Rossa Italiana e i numeri istituzionali da contattare.

Facebook ha attivato il Safety Check (controllo di sicurezza) attraverso il quale si poteva comunicare il proprio stato di salute e controllare come stessero le persone delle zone attorno a quelle coinvolte, applicazione già in uso a seguito degli attentati terroristici di Bruxelles. Vodafone ha diffuso un’immagine attraverso al quale si illustrava come rendere il wi-fi accessibile a chiunque, privandolo della password. Attraverso Airbnb sono stati messi a disposizione gratuitamente degli alloggi, albergatori e gestori di campeggi si sono offerti via social e via web per ospitare chiunque ne avesse bisogno.

Ma il terremoto ha mostrato anche il lato oscuro dei social network, quello che sparge a macchia d’olio la disinformazione virale, la propaganda che incita all’odio razziale, il sarcasmo fine a se stesso, oltre all’utilizzo da parte di mitomani per diffondere le proprie attività o anche solo foto personali, come è avvenuto copiosamente sia su Instagram che su Twitter.
Bill Emmott, direttore dell’Economist ha dichiarato che c’è “Un’Italia buona e un’Italia cattiva” e che disastri, come questo terremoto, rappresentano la cartina tornasole tra le due. L’Italia cattiva non si rapporta ai propri standard anti-sismici, cerca di lucrare sui fondi destinati alla ricostruzione (è già successo nel passato e si teme possa avvenire anche in questo caso), perde tempo e denaro attorno a cavilli privi di importanza. L’altra si rimbocca le maniche e cerca di aiutare. Ma forse, una visione così esterofila del panorama italiano, che sembra dividerlo a metà, è denigrante nei confronti delle migliaia di uomini e donne delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, della Croce Rossa, della protezione civile che stanno dedicando tutte le loro forze a fornire aiuto. A loro si è unito un gruppo di rifugiati che si sono offerti di rendersi utili che sono stati impiegati in svariati contesti come, ad esempio, la rimozione di macerie dalle strade e l’impiego nello scarico degli aiuti dai mezzi pesanti, e a loro l’Italia Buona, quella che gli lavora accanto, è riconoscente.
Ma vogliamo pensare che l’Italia Buona (volutamente maiuscola), ben più nutrita di quella deplorevole e scellerata, sia quella che continua ad attivarsi con iniziative mirate.

*di Erica Maiorana


Il terremoto dell’Italia “Buona”, tra social, tecnologia e solidarietà - Ultima modifica: 2016-08-30T11:11:35+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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