Perché le notizie false sono così virali?

Le notizie false sono il topic del momento e tutti ne parlano: chi si occupa di comunicazione cerca di combatterle, gli accademici le stanno studiando

Le notizie false sono il topic del momento e tutti ne parlano: chi si occupa di comunicazione cerca di combatterle, gli accademici ne stanno studiando il fenomeno. Lo studio che vi proponiamo è stato realizzato dal team di ricercatori del professor Filippo Menczer, dell’Università di Bloomington – in Indiana -sulla base di dati raccolti dalla Columbia University.

Chi consulta le notizie attraverso i social media ha maggiori probabilità di essere esposto ad una dose giornaliera di gossip, voci non attendibili, teorie cospirazioniste e informazioni ingannevoli. Ed è sempre più difficile distinguere una fonte di informazioni attendibile (a meno che non sia istituzionalmente riconosciuta come tale) da una di quelle che diffonde notizie false viralmente in cambio di click e quindi di guadagni.
Menczer parte dal presupposto che: ogni forma di disinformazione abbia la capacità di rendere virali i propri contenuti con la stessa efficacia delle notizie oneste e veritiere. Ogni singola informazione è capace di influenzare le nostre opinioni e di dar loro forma, causando un danno non indifferente.

Sfruttamento dei social media
Circa 10 anni fa è stato condotto un esperimento nel quale si è appreso che circa il 72% degli stuedneti universitari considerassero attendibili i contenuti condivisi dai propri contatti social.
L’idea si è poi allargata, diventando un progetto attraverso il quale sondare lo stato della credibilità di alcune notizie. È stato creato un sito completamente falso, le cui notizie di gossip venivano generate a random, i visitatori che si imbattevano nelle pagine si ritrovavano a leggere un articolo generato automaticamente in cui si raccontavano vicende inventate su un vip o una celebrità. Nel sito era persino presente un disclaimer, nel quale si avvisava che la natura delle notizie fosse al 100% falsa, ciò nonostante, grazie ai click ottenuti sugli ads, riuscirono persino ad ottenere un bell’assegno.
La sostanza? Le notizie false attirano click, di conseguenza, fanno guadagnare.
Sfortunatamente l’esperimento accademico non è stato l’unico episodio di questo tipo, in realtà la pratica di diffondere notizie false è la regola.
Il clickbait (termine che indica un contenuto web il cui scopo è quello di attirare il maggior numero di utenti, cercando di aumentare le visite a un sito per generare rendite pubblicitarie) è redditizio e chiunque diffonde contenuti che riescono ad influenzare l’opinione pubblica. Creare un social bot è molto semplice e gli account falsi – controllati da software – si spacciano per persone vere in grado di influenzare realmente gli altri.
BotOrNot, è un bot che indentifica i profili gestiti da un software, sviluppato dal team di ricerca di Menczer, è sufficientemente accurato per scoprire campagne persuasive e di segnalarle di conseguenza.

Creare bolle di informazioni
Noi umani siamo vulnerabili alle manipolazioni che avvengono a seguito della disinformazione digitale, anche per colpa di una serie complessa di pregiudizi sociali, cognitivi, economici e algoritmici.
Fidarsi dei segnali che provengono dai nostri circoli sociali e rifiutare informazioni che contraddicono la nostra esperienza,serve ad eludere i predatori della Rete.
Copiare i nostri contatti e smettere di seguire le persone con opinioni diverse dà eco a camere così polarizzate da consentire ai ricercatori di dire con precisione se si sia liberale o conservatori, semplicemente osservando chi abbiamo tra gli amici. La struttura della rete è così densa che qualsiasi disinformazione venga diffusa quasi istantaneamente all’interno di un gruppo, ma spesso non valica i confini immaginari e non penetra in chi la pensa in modo diametralmente opposto.
All’interno della nostra bolla personale siamo esposti in modo selettivo alle informazioni allineate ad una determinata ottica. In uno scenario simile si evitano molti rischi, ma allo stesso tempo si compromette lo scetticismo che è parte integrante di una critica individuale.
Nel grafico della Twittersphere, i puntini viola rappresentano le persone che diffondono false affermazioni circa il progetto di ricerca Truthy; i due account che hanno cercato di sfatare le false informazioni sono in arancione all’estrema sinistra.

virali notizie

L’inevitabilità virale
La ricerca mostra che data una determinata struttura dei nostri social network, a fronte di un’attenzione limitata, è inevitabile che alcuni meme diventino virali, nonostante la loro pessima qualità. Nonostante numerosissimi individui tendano a condividere informazioni di alta qualità, il network – inteso per intero -non sa discriminare le informazioni attendibili da quelle costruite su misura.
L’economia dell’attenzione fa il resto, più presteremo attenzione a determinati topic, più informazioni in riferimento a quel topic verranno prodotte e quindi proposte davanti ai nostri occhi.

In debito verso gli algoritmi
Dal momento che non possiamo prestare attenzione a tutti i posti presenti nei nostri feed, sono gli algoritmi a determinare ciò che vediamo. Gli algoritmi utilizzati da piattaforme dei social media di oggi sono progettati per dare la priorità a quei post sui quali si tende a cliccare o condividere. Il problema è che le pagine che creano intenzionalmente notizie fuorvianti, ottengono le stesse condivisioni di chi si impegna a fornire notizie reali.
Questo tipo di pregiudizio algoritmico rafforza i nostri pregiudizi sociali e cognitivi. Di conseguenza, quando seguiamo i link condivisi sui social media, tendiamo a visitare un set più piccolo e più omogeneo di fonti rispetto a quando facciamo una ricerca e visitiamo i primi risultati.
La ricerca che vi stiamo illustrando dimostra che essere parte di una cassa di risonanza rende le persone più credulone rispetto ad informazioni non verificate.
Secondo l’ultimo annuncio di Mark Zuckerberg, i team di Facebook sarebbero testando delle nuove opzioni. Un gruppo di studenti universitari ha proposto un modo per etichettare in modo semplice i link condivisi come “verificati” oppure no. Non è ancora possibile insegnare ai sistemi di intelligenza artificiale come discernere tra verità e menzogna. Ma possiamo chiedere agli algoritmi di ranking di dare maggiore priorità alle fonti più affidabili.

Studiando la diffusione di notizie false
È possibile combattere le notizie false in modo più efficiente nel momento in cui sappiamo come una cattiva informazione si diffonde. Se i bot sono i primi responsabili di molte delle falsità in cui ci imbattiamo, dovremmo focalizzare l’attenzione su di loro. Se, in alternativa, il problema riguardasse le camere di eco, potremmo progettare sistemi di raccomandazione che non escludono opinioni diverse.
A tale scopo il laboratorio di ricerca sta elaborando una piattaforma, chiamata Hoaxy, che possa tracciare e visualizzare la diffusione di annunci non verificati a fronte di un controllo via social media. Ciò consentirebbe di disporre di dati del mondo reale attraverso i quali dare informazioni ai social network simulati e quindi testare degli approcci possibili per combattere le news false. Hoaxy ha come scopo anche quello di mostrare alla gente quanto sia facile manipolare le loro informazioni online.
Ma chi si dovrebbe occupare della questione della diffusione di notizie false? Secondo il Prof. Menczer se gli scienziati informatici, gli scienziati sociali, gli economisti, i giornalisti e vari partner industriali collaborassero insieme, si otterrebbe una task force efficace.


Perché le notizie false sono così virali? - Ultima modifica: 2016-11-29T22:59:14+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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