Le 5 cose più difficili che ho imparato da remote worker

Darsi le priorità, scegliere gli strumenti giusti, rispettare gli altri, evitare le distrazioni. Ecco cosa ho imparato nella mia esperienza da remote worker

Più volte, da queste pagine e non solo, ho discusso dei vantaggi dello smart working e di come un’azienda possa adottarne le buone pratiche cambiando i propri processi. Ecco cosa ho imparato nella mia esperienza da remote worker

**Di Emanuela Zaccone

Ciò che emerge fortemente nel lavoro da remoto, è la dimensione di apprendimento che lo caratterizza: si ha più tempo per imparare, maggiore qualità della vita e soprattutto migliora la capacità di gestione del tempo.
Ciò significa che ci sono almeno 5 altre lezioni fondamentali da assorbire per essere remote worker

1. Remote Worker: Imparare a evitare le interruzioni

Resta forse la più importante di tutte, quella che maggiormente può influenzare la capacità di gestione del tempo. Lavorare da remoto significa non avere un controllo “a vista” sul proprio operato, il che d’altra parte non si traduce in fare pause ogni 5 minuti. Il vantaggio del remote working consiste nel poter scegliere il proprio ritmo di lavoro: le interruzioni sono notoriamente una delle maggiori cause di improduttività. Gestire i fattori personali può dunque significare alzare i livelli di quest’ultima. E se non ci sono interruzioni esterne “tangibili”- il collega della scrivania accanto che ti chiama – possono però esservene di simili: ad esempio, il capo che scrive in chat, le notifiche di email o altri strumenti online (dando per scontato che quelle dei social media siano disattivate, salvo rari casi in cui hanno a che fare con il lavoro in sé). Bisogna imparare a far rispettare i propri tempi: concordate ad esempio di usare le chat private per messaggi davvero urgenti o stabilite un “codice” di priorità che consenta all’interlocutore di capire quanto urgente sia rispondere subito ai messaggi.

2. Scegliere gli strumenti giusti: quali piattaforme userete da remote worker ?

Il mio consiglio è di evitare di usarne tante. Troppi tool generano distrazione, disperdono informazioni e contenuti. Sicuramente ci sarà una piattaforma centrale adottata da tutto il team che potrebbe anche avvalersi di integrazioni, ma d’altra parte potreste aver bisogno di strumenti solo per voi (es. per il task management): trovate la giusta quadra.

3. Imparare le priorità: è il vero segreto per la gestione ottimale del tempo.

Lavorando in team avrete certamente un flusso di processi e obiettivi chiari, però sta a voi definire la priorità dei singoli task. Attenzione a non volere fare troppo in poco tempo. Ritrovarsi con un certo numero di task sistematicamente rimandati al giorno successivo è sintomo di una errata pianificazione (e un generatore naturale di frustrazione).

4. Imparare a rispettare gli altri: anche i vostri colleghi sono remote worker

Significa che anche loro hanno diritto a non essere interrotti se non strettamente necessario, ma soprattutto che possono avere ritmi differenti dai vostri e questi ultimi vanno rispettati. Ci saranno certamente dei momenti di condivisione concordati, ma è altrettanto normale che ci sia chi preferisce lavorare dal mattino presto e chi invece è più produttivo nelle ore notturne.

5. Vincere lo scetticismo

Sembra quasi paradossale includerlo nella lista delle lezioni imparate, ma la realtà è che una delle prime cose che vi sentirete dire spiegando che lavorate da remoto è “ma funziona?”. C’è ancora in molti paesi – e soprattutto nel nostro – l’idea che farsi vedere mentre si lavora conta più di ciò che si fa lavorando.

È dunque difficile far capire che esistono altri modi di organizzare il lavoro in cui sono gli obiettivi raggiunti, non le ore di permanenza in ufficio, la misura del proprio valore. Non solo, ci sarà sempre un alibi (per i non fan del remote working) da sfatare: la mancanza di creatività (in realtà lavorare sereni stimola l’inventiva), quella di contatto umano (nessuno vieta di lavorare in un co-working), quella di contaminazione (notoriamente favorita invece dai rumorosi uffici… al di là dell’ironia: anche da remoto ci sono moltissime occasioni di confronto).
Il passaggio da azienda tradizionale a impresa “liquida” non è semplice e implica un forte cambiamento di approccio, sia in chi lavora sia nel datore di lavoro e nel management. Ma è un processo il cui impatto è più che lavorativo: è umano.
Non solo perché avere maggiore controllo del proprio tempo significa anche contare su lavoratori più felici (e dunque efficienti e soddisfatti), ma anche per le ampie opportunità di crescita personale che presenta, tanto sul fronte del lavoro quanto su quello del potenziamento delle proprie abilità personali. Un processo inarrestabile e continuo.

remote worker

** Emanuela Zaccone: Digital Entrepreneur, co-founder e Marketing & Product Manager di TOK.tv. Ha oltre 10 anni di esperienza come consulente e docente in ambito social media analysis e strategy per grandi aziende, startup e università. È autrice di “Digital Entrepreneur: principi, pratiche e competenze per la propria startup” (Franco Angeli, 2016) e di “Social Media Monitoring: dalle conversazioni alla strategia” (Flaccovio, 2015).


Le 5 cose più difficili che ho imparato da remote worker - Ultima modifica: 2017-10-08T11:40:19+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

e-book guida ecm

Non rimanere indietro, iscriviti ora

Ricevi in tempo reale le notizie del digitale

Iscrizione alla Newsletter

controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy

Grazie! Ora fai parte di Digitalic!