The Internet Archive: dove trovare quello che scompare dalla rete

The Internet Archive è nato nel 1996 dalla mente di Brewster Kahle, ingegnere informatico, imprenditore Internet e bibliotecario digitale

In una ex chiesa bianca con colonne in stile greco, all’ombra dei cipressi in un tranquillo quartiere di San Francisco, c’è l’ufficio di The Internet Archive dove ogni giorno si compiono sforzi per preservare gran parte di tutto quello che è online, si scansionano libri e si salvano video provenienti da tutto il mondo.

Entrando dal portone di ingresso, è possibile vedere volontari che scaricano libri, mentre altri siedono agli scanner, digitalizzando i testi in modo che possano essere messi a disposizione online. All’interno della struttura vi è una vera e propria banca di server e poi un piccolo esercito di statue di persone, ovvero una per chiunque abbia lavorato qui per almeno tre anni.

Questo è l’Internet Archive, nato dalla mente di Brewster Kahle (nella foto), un ingegnere informatico formatosi al MIT che è anche un imprenditore Internet e un bibliotecario digitale. Dall’inizio delle attività dell’Internet Archive nel 1996, lo staff che adesso annovera 140 persone ha digitalizzato più di 3 milioni di libri, ma punta a digitalizzarne almeno 10 milioni.
Fino ad ora sono stati salvati i video trasmessi dalle principali reti televisive di tutto il mondo, inoltre, sono state salvate più versioni di siti e pagine web che altrimenti sarebbero scomparse, ma che sono a disposizione di chiunque voglia visitare archive.org e utilizzando il tasto “Wayback Machine” (macchina del tempo). E ogni giorno almeno cinque milioni di persone utilizzano il sito, secondo Kahle.

La Wayback Machine ha una mission ben precisa: salvare e preservare la conoscenza, affinché tutti possano reperire informazioni che altri preferirebbero veder sparire per mezzo di censura o cancellazione di account. Questo strumento viene ritenuto un tesoro non soltanto negli Stati Uniti, ma a livello internazionale, ma è soltanto una delle tante parti che compongono l’Internet Archive. Kahle racconta:

“Stiamo cercando di costruire una versione moderna della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, affinché tutte le opere finora pubblicate possano rimanere disponibili per l’intera umanità. Se siete abbastanza curiosi da voler accedere, vi renderete conto del fatto che potrete consultare tutto il materiale archiviato finora: libri, musica, video, pagine web, software, conferenze. Sono a disposizione di chiunque”.

Il riferimento alla Biblioteca di Alexandria, non è casuale in quanto per lungo tempo è stata il simbolo dell’Internet Archive stesso e rappresenta l’ultimo tentativo da parte di qualcuno di raccogliere il sapere umano. Era l’autentico centro del sapere dell’antichità.
Costruire una sorta di cervello globale nell’era di Internet comporta diverse di sfide: grandi quantità di informazioni – e disinformazione – vengono aggiunti su Internet tutti i giorni.

Una parte importante lavoro consiste nel fare copie, così, in caso di interventi politici o a seguito di calamità naturali e se gli archivi dovessero danneggiarsi o andare distrutti in una postazione, non si perderebbe quanto è stato finora raccolto. Di pari passo occorre aggiornare gli archivi frequentemente in modo da assicurarsi copie digitali sempre a disposizione. L’Internet Archive ha ora 30 petabyte di dati, ma secondo Kahle questo dato potrebbe essere raddoppiato entro due o tre anni. Una copia parziale è ad Alessandria d’Egitto, un’altra ad Amsterdam e Kahle prevede di depositare una copia completa anche in Canada, avendo già raccolto i 5 milioni di dollari necessari per la realizzazione di questo progetto.

La maggior parte dei finanziamenti che sovvenzionano l’Internet Archive provengono da donazioni. La collaborazione è in atto con 500 biblioteche sparse in tutto il mondo alle quali si offrono 10 centesimi di dollaro a pagina per digitalizzare i libri. L’Internet Archive digitalizza almeno 1.000 libri all’anno, un lavoro svolto all’interno dei 29 centri di scannerizzazione sparsi per 8 nazioni, che lavorano grazie ai volontari e a degli hackaton. Ma anche voi potete contribuire alla Wayback Machine, infatti, sulla pagina web dedicata c’è un pulsante che consente di salvare una pagina che si chiama “Save Page Now”. Inoltre ci sono anche alcune istituzioni governative che contribuiscono al salvataggio dei dati, in particolare, quelli che riguardano l’energia e i cambiamenti climatici.
L’Internet Archive ha di default una policy “all in” rispetto a quello che salva, e capita che non accetti di rimuovere i dati se un governo o altro ente chiede di farlo. Kahle dice che in queste circostanze si considera il caso singolo di volta in volta. Il governo cinese, che si pone apparentemente come un sostenitore della sovranità di Internet (sebbene che censuri e blocchi molti siti web) ha bloccato l’Internet Archive.

Kahle racconta: “Noi ignoriamo specificamente chi ci stia usando, al fine di proteggere la privacy del lettore. A volte ci viene richiesto, anche da parte delle forze dell’ordine, chi siano i sostenitori di Internet Archive, ed è molto utile per noi rispondere con un semplice ‘non lo sappiamo.’ A volte ci vengono recapitate delle lettere che parlano di sicurezza nazionale, nelle quali ci vengono formalmente richieste delle informazioni. E l’unico motivo per cui possiamo dire di averle ricevute è perché abbiamo contrastato queste interferenze e abbiamo vinto contro di esse”.

Kahle è impegnato a perseguire la conservazione del sapere, riconoscendo tutto quello che è costato al mondo ciò che è accaduto con le generazioni passate, ovvero quando i libri sono stati bruciati e le biblioteche sono andate distrutte. Ha una visione che prevede un accesso universale a tutta la conoscenza, attraverso una rete decentralizzata che non possa essere controllata o arrestata da forze illiberali.


The Internet Archive: dove trovare quello che scompare dalla rete - Ultima modifica: 2017-02-27T18:23:46+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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