Il sarcasmo sui social non paga, soprattutto per i brand

Il sarcasmo sui social, essere sprezzante, polemico, tagliente non porta i risultati sui social , lo sostiene Andrew Caravella. Ecco i dati.

Il sarcasmo sui social, essere sprezzante, polemico, tagliente non porta i risultati sui social , lo sostiene Andrew Caravella, VP di Strategy & Brand Engagement di Sprout Social, fornitore di attività per social media, advocacy e analytics dedicati alle imprese. Caravella ha condiviso tre approfondimenti su ciò che si vede in giro tra i social e il modo in cui i consumatori recepiscono quanto condiviso.

Il sarcasmo dei brand

Le marche più irriverenti, che usano il sarcasmo, hanno sempre più spazio tra i social, ma la loro presenza non corrisponde agli acquisti dei consumatori. Marchi come Wendy’s, Merriam-Webster e Denny’s hanno intrapreso un nuovo approccio alla strategia social incorporando humour, meme e persino qualche snark (contenuti irriverenti) negli scambi con i fan. Ma nonostante questo tipo di approccio ottenga molta attenzione, la sua riuscita non è esattamente alla portata di tutti. L’Indice Sprout Social Q2 2017 ha fatto emergere che sebbene il 72% degli utenti apprezzi i brand che si pongono in modo divertente via social, solo un terzo è interessato a quanto sia dietro ad un brand, anzi l’88% delle persone trova molto fastidioso lo stuzzicare i fan da parte dei marketer. A riprova di questa constatazione, un quarto delle persone sceglie di boicottare un marchio a seguito di episodi o uscite sgradevoli avvenuti via social.

 

La politica sui social

La politica domina tra le notizie, anzi, sta raggiungendo livelli di esasperazione senza precedenti. .Ma i consumatori vogliono parlarne solo con determinate persone.
7 utenti su 10 non vogliono sentire parlare di politica da parte dei brand. Allo stesso tempo, l’83% delle persone desidera vedere una personalità di spicco come ambasciatore o ambasciatrice di un marchio via Facebook, mentre il 48% chiede la stessa cosa via YouTube. La strategia che sembra essere la migliore porta ad unire conversazioni e fili logici sensati con continuità di contenuti e post pertinenti all’interesse espresso da parte degli utenti verso un marchio o un prodotto.

Consumer Sentiment on Brand Behaviors on Social

Sprout Social: Consumer Sentiment on Brand Behaviors on Social

I migliori servizi clienti dei brand

I brand non fanno che cercare opportunità per accaparrarsi click e diventare virali in termini di portata e condivisioni, ma quello che conta davvero – una volta tirate le somme – sono l’onestà dei contenuti e la loro utilità a venire incontro alle aspettative dei consumatori. È infatti emerso che le persone vogliono che le marche siano oneste (86%), amichevoli (83%) e utili (78%). E sebbene 8 intervistati su 10 pensino che i brand rispondano in modo troppo “freddo” alle loro domande, in media solo il 12% dei messaggi social che richiedono una risposta da parte di un marchio ne ottengono una.

Sprout Social: Brand Actions on Social That Prompt Consumers to Purchase

Sprout Social: Brand Actions on Social That Prompt Consumers to Purchase

C’è certamente un tempo, un posto e un canale social per consentire ai brand di lasciarsi andare all’entusiasmo, all’umorismo e alla personalità, ma i dati sono degli indicatori importanti, ragion per cui i brand dovranno valutare (o rivalutare) la loro voce e la loro posizione nei social, a meno che non vogliano che le ripercussioni divengano esponenzialmente dannose per quei marchi che i consumatori percepiscono come ‘irritanti’.

Sarcasmo Sprout Social: Consumer Reaction to Irritating Brand Behaviors on Social

Sprout Social: Consumer Reaction to Irritating Brand Behaviors on Social


Il sarcasmo sui social non paga, soprattutto per i brand - Ultima modifica: 2017-06-03T10:00:55+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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