I Social e la memoria degli altri

Come i social media hanno cambiato il mio rapporto con la memoria? Credo l’abbiano fatto fin dall’inizio, grazie alla loro natura pervasiva nei rapporti.

Futurap

 

Prima che i social media entrassero prepotentemente nella mia quotidianità pensavo alla memoria sotto forma di elenchi puntati e numerati. Cose da fare, da ricordare, da catalogare, da puntualizzare, da inscatolare. Una sorta di razionalizzazione del passato, legato a una rappresentazione della memoria più simile ad un database, ad un cassetto, a qualcosa quindi di controllato.

di Futura Pagano*

Come i social media hanno cambiato il mio rapporto con la memoria? Credo l’abbiano fatto fin dall’inizio, grazie alla loro natura pervasiva nei rapporti sociali. Ma la consapevolezza di rispondere ad un nuovo meccanismo cognitivo, quella è arrivata poco tempo fa.

Zigmunt Bauman è sempre capace di darmi una chiave di interpretazione del tempo moderno, quel tempo liquido che nelle società che si formano ibride tra i luoghi digitali e le città lente, diventa la vera moneta di scambio.

I cambiamenti

Una manciata di giorni fa, una miriade di conversazioni fa, ho scoperto su Facebook che Alberto era morto.
Alberto era una persona che ho conosciuto grazie alla rete, il nostro primo incontro è stato nei social network, poi a un evento a Roma.
Riesco a ricordare quel nostro primo incontro fisico, e non quello digitale. Era il 2012, ed ero a Roma da pochi mesi. Il tempo giusto per farmela amare/odiare, questa città piena di contraddizioni e altrettanto intrisa di possibilità.
Era il World Wide Rome, e insieme ad Alberto c’erano degli speaker che avevo tanta voglia di ascoltare. Chris Anderson, Riccardo Luna, Alberto Cottica, Massimo Banzi.
Si parlava di maker, di social innovation e di tecnologia “smart” applicata alla socialità e alle città. Mi fa bizzarro ricordarlo proprio oggi, poche ore prima di andare a Maker Faire, per rivedere quelle stesse persone, circondate da migliaia di altre, tra partecipanti, istituzioni, media.
Fa un po’ l’effetto di aver vissuto quel cambiamento, di poche persone che condividono un interesse circoscritto, quasi una nicchia, che in soli due anni diventa centrale e di interessa di molti, della comunità.
Era il 2012 quindi, e ho memoria di come ascoltai Alberto totalmente conquistata dalla sua storia, ma soprattutto dalla sua incredibile capacità di raccontarla, facendo sognare gli altri.
Ne avrei incontrati pochi, di bravi innovatori e grandi storyteller come lui, e già allora ero come consapevole di aver davanti un fenomeno. Da quel giorno nacque quella che io chiamo una conoscenza social.
Molti si ostinano a usare categorie vecchie per incasellare fenomeni nuovi.

Cose sconosciute, che riguardano le nostre vite, che abbiamo bisogno di catalogare secondo processi rassicuranti, forse per quella primordiale paura dell’ignoto che genera troppe domande e molta insicurezza.
Quella che ha legato me e Alberto in questi due anni non era un’amicizia, non era una frequentazione.
Ci siamo visti dal vivo pochissime volte dopo quel giorno a Roma, ma ogni volta c’era più empatia, e sintonia, e sapevamo molto l’uno dell’altra e parlando di quello che ci riguardava (startup, lavoro, ricerca, innovazione) eravamo incredibilmente sul pezzo. Oltre a una particolare comunanza negli interessi e nella visione delle cose, ciò che ci legava credo non fosse nulla di particolarmente esclusivo.
Badate bene, non voglio dire non abbastanza bello, e importante, e di valore. Immagino solo che per una persona come lui, molto conosciuta, apprezzata, amata nel “nostro” settore, stringere rapporti più o meno intimi con persone conosciute in rete fosse la normalità, fosse naturale.
Così come naturale consideravamo entrambi condividere attimi della nostra vita quotidianamente con molte persone sui nostri social media e blog, conversare più o meno pacificamente online, esprimendo qualcosa molto vicino al sentimento, all’umore, dimostrando in maniera più o meno filtrata lo stato d’animo, il carattere.

Il Virtuale è reale

E di fronte alla morte, la manifestazione di incredulità e di dolore per la sua scomparsa e di stima nei sui confronti è stata così grande, presente, avvolgente, da farmi pensare a come sia reale, ciò che trasmettiamo, da riuscire a creare empatie, simpatie, energie e generare coinvolgimento, a volte anche affetto e quindi dolore. Ho anche pensato a come sia diverso, online, percepire la mancanza di qualcuno.
La mancanza di una presenza costante che si racconta e di un rapporto di reciproca conoscenza seppur tacito fatto di riempimento di spazi, di racconti.
Ma nello stesso momento, rileggere i post, gli status, e guardare le foto sorridenti, rivedere i video, dia il conforto di una memoria che è lì, presente, recuperabile, sicura, affidata a quel luogo dove nulla è oblio, come la rete.

* Futurap è Futura Pagano, salentina amante della buona cucina, della rete e del pensiero laterale. Mi occupo di comunicazione e di social collaboration, aiutando le aziende a scoprire e a cogliere tutte le opportunità del digitale e del web 2.0. Sono consulente per agenzie di social media marketing, redattrice per testate di settore hi-tech, con un passato in Egorego, Coldiretti, Wunderman - network di agenzie internazionali specializzate in digital marketing. Oggi freelance, docente e project manager di una scuola di formazione sulle discipline del digitale.




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I Social e la memoria degli altri - Ultima modifica: 2014-11-11T14:55:27+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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