Digitalic n. 47 – Digital Crimes

Sulla scena del crimine, digitale La nostra vita, le nostre aziende diventano digitali. È in corso il più grande trasloco della storia: spostiamo i dati, le attività e anche gli affetti in una nuova stanza, quella digitale. Abbiamo aggiunto una camera che si affaccia sul mondo e ci permette di raggiungere qualunque risorsa, di sceglierci […]

Sulla scena del crimine, digitale

La nostra vita, le nostre aziende diventano digitali. È in corso il più grande trasloco della storia: spostiamo i dati, le attività e anche gli affetti in una nuova stanza, quella digitale.
Abbiamo aggiunto una camera che si affaccia sul mondo e ci permette di raggiungere qualunque risorsa, di sceglierci il panorama, di personalizzarla come vogliamo e di invitare chi desideriamo, magari condividendo le foto delle vacanze o l’ultimo progetto a cui stiamo lavorando. Anche i criminali hanno traslocato, hanno aggiunto alle proprie attività tradizionali quelle digitali. Nella sostanza non cambia nulla, solo che, nella vita di tutti i giorni siamo in grado di vedere più chiaramente le minacce, i tipi sospetti, sappiamo i luoghi da non frequentare.
In rete abbiamo meno esperienza, in fondo stiamo esplorando da poco questa nuova dimensione, così diventa più facile per i malintenzionati indurci a fare ciò che vogliono, magari semplicemente cliccare un link che poi cripta tutti i dati contenuti nel computer. Bisognerebbe adottare online lo stesso buon senso che usiamo nella vita di tutti i giorni, questo metterebbe noi stessi e le aziende per le quali lavoriamo al riparo dalla maggior parte delle minacce.
Ma siamo inesperti ancora e allora si moltiplicano le scene del crimine digitale, dove, né più né meno che nella quotidianità, avvengono scippi, furti con scasso, truffe, raggiri. La nostra attività digitale forse è più esposta ai rischi per due motivi: la cyber criminalità digitale è globalizzata, quindi le informazioni di valore di una realtà italiana possono far gola a organizzazioni criminali cinesi, o russe o americane. Il secondo motivo è che molti dati o risorse possono avere un valore diverso per noi che li possediamo, o per chi li vuole rubare. Un pc connesso ad internet magari, per noi non è qualcosa di prezioso, lo è però per gli hacker che lo possono usare per attaccare siti o altri soggetti, senza essere rintracciati. Questa asimmetria nella valutazione di ciò che ha valore porta a sottovalutare le minacce a non proteggere la cosa giusta, a pensare “tanto a me non capiterà mai”. E invece succede, oltre il 30% delle aziende italiane ha subito attacchi nell’ultimo anno, a volte in maniera silenziosa, perché i ladri si sa, non vogliono fare rumore. Serve un approccio scientifico alla “CSI” alla “RIS”. La nostra copertina vuole proprio rappresentare una scena del crimine con un asfalto materico, ruvido, quasi reale e quelle famigerate strisce di plastica gialla che delimitano l’area, realizzate con una vernice gommosa e infine il lucido per le gocce rosse. L’idea che vogliamo trasferire è che i crimini digitali sono reali, li si possono toccare con mano e bisogna avere un atteggiamento maturo, anzi professionale, nell’affrontarli, come una squadra di investigazione. Per fortuna la tecnologia ci mette a disposizione i mezzi più avanzati per proteggerci e, nel caso dovesse servire, per indagare. Abbiamo le migliori forze speciali al nostro servizio, basta farle entrare in azione e prima, usare il buon senso (l’arma più temuta dai criminali, digitali e non).


Digitalic n. 47 – Digital Crimes - Ultima modifica: 2016-01-29T17:25:36+00:00 da Francesco Marino
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