La tecnologia aiuta a muovere le mani di chi è paralizzato da ictus

I pazienti affetti da ictus hanno imparato a usare la mente per aprire e chiudere un dispositivo montato sulle loro mani paralizzate

I pazienti affetti da ictus possono imparare ad usare la propria mente per aprire e chiudere un dispositivo montato sulle loro mani paralizzate – e guadagnare così un maggiore controllo sui propri arti, secondo quanto sostenuto in un nuovo studio condotto dalla Washington School of Medicine di St. Louis.

Controllando mentalmente il dispositivo, con l’aiuto di un’interfaccia che collega al cervello il computer, i partecipanti allo studio hanno addestrato le parti danneggiate del loro cervello a svolgere funzioni insperate, hanno raccontato i ricercatori.

“Abbiamo dimostrato che un’interfaccia computer-cervello – che utilizza l’emisfero non danneggiato – possa ottenere una ripresa significativa nei pazienti con ictus cronico” ha affermato Eric Leuthardt, professore di neurochirurgia, neuroscienza, ingegneria biomedica, ingegneria meccanica e scienza applicata, e co-autore senior dello studio.

Lo studio è stato pubblicato il 26 maggio nella rivista Stroke.

L’ictus è la causa principale di disabilità acquisita negli adulti. Circa 700.000 persone negli Stati Uniti sperimentano un ictus ogni anno e 7 milioni convivono con le conseguenze di tali episodi.

Nelle prime settimane che seguono un ictus, le persone recuperano rapidamente alcune abilità, ma i loro progressi diventano generalmente stazionari dopo circa tre mesi.

“Abbiamo scelto di testare questo dispositivo in pazienti che hanno avuto il primo ictus nei sei mesi precedenti l’inizio dello studio in quanto, oltre questa tempistica, i miglioramenti spesso sono soltanto rari” ha affermato Thy Huskey, professore associato di neurologia alla School of Medicine e direttore del programma dello Stroke Rehabilitation Center of Excellence presso il Rehabilitation Institute of St. Louis. “Alcuni perdono la motivazione. Ma dobbiamo continuare a lavorare per trovare la tecnologia giusta per aiutare questa popolazione di pazienti fin troppo trascurati”.

Il dottor David Bundy, primo autore dello studio ed ex studente presso il laboratorio di Leuthardt, ha lavorato sfruttando la stessa modalità con la quale il cervello controlla il movimento degli arti. In generale, le aree del cervello che controllano i movimenti si trovano sul lato opposto del corpo rispetto agli arti che li controllano. Ma circa dieci anni fa, Leuthardt e Bundy, che ora sono ricercatori presso l’Università del Kansas, hanno scoperto che una piccola area del cervello svolgeva un ruolo cruciale nella pianificazione del movimento sullo stesso lato del corpo.

Per spostare la mano sinistra, ci sono dei segnali elettrici specifici che indicano che la pianificazione del movimento venga visualizzata in una zona motoria presente sul lato sinistro del cervello. Nel giro di alcuni millisecondi, le aree motorie di destra si attivano e l’intenzione di movimento viene tradotta in una contrazione effettiva dei muscoli della mano.

Una persona che abbia la mano ed il braccio sinistro paralizzati ha subito danni alle aree motorie presenti sul lato destro del cervello. Ma il lato sinistro del cervello di una persona è spesso intatto, il che significa che molti pazienti colpiti da ictus si possano ancora generare segnali elettrici che indicano l’intenzione a muoversi. Il segnale, tuttavia, non va da nessuna parte poiché l’area che dovrebbe compiere il movimento è fuori servizio.

“L’idea alla base si fonda sul fatto che se sia possibile associare quei segnali motori addetti allo spostamento di un arto da uno stesso lato per mezzo di movimenti reali della mano, nel cervello verranno creati nuovi collegamenti che permetteranno alle aree ignorate del cervello di assumere il controllo della mano paralizzata” ha commentato Leuthardt.

È qui che entra in gioco Ipsihand, un dispositivo sviluppato dagli scienziati dell’Università di Washington. Ipsihand è dotato di un cappuccio che contiene elettrodi per rilevare i segnali elettrici del cervello, un computer li amplifica e una staffa mobile si adatta alla mano paralizzata. Il dispositivo rileva l’intenzione dell’utilizzatore di aprire o chiudere la mano paralizzata e di spostare la mano in una presa come se trattasse di una pinza.

“Naturalmente, serve molto di più per poter usare le braccia e le mani, ma riuscire a cogliere – e quindi ad utilizzare – il pollice opposto è molto prezioso” ha detto Huskey. “Solo perché il braccio non si muove esattamente come prima, non significa che questo traguardo sia inutile. Possiamo ancora interagire con il braccio danneggiato”.

Leuthardt ha svolto un ruolo fondamentale nello spiegare la scienza che sta alla base dello studio e ha lavorato con Daniel Moran, professore di ingegneria biomedica presso la School of Engineering di Washington, per sviluppare la tecnologia che sta dietro ad Ipsihand.

Leuthardt e Moran hanno fondato la società Neurolutions Inc. per continuare a sviluppare Ipsihand e Leuthardt preside il consiglio di amministrazione della società Neurolutions che ha finanziato questo studio.

Per testare Ipsihand, Huskey ha reclutato pazienti affetti da ictus moderatamente gravi e li ha addestrati per usare il dispositivo a casa. I partecipanti sono stati incoraggiati ad utilizzare il dispositivo per almeno cinque giorni alla settimana, in sessioni da 10 minuti a 2 ore al giorno. Tredici pazienti hanno iniziato la terapia, ma tre l’hanno interrotta a causa di problemi di salute non correlati alla patologia pregressa, alla scarsa adattabilità del dispositivo o all’impossibilità di rispettare l’impegno nel tempo. Dieci pazienti hanno completato lo studio.

I partecipanti sono stati sottoposti ad una valutazione standard delle competenze motorie all’inizio dello studio e ogni due settimane. Il test ha misurato la loro capacità di afferrare, aggrapparsi e pizzicare con le mani, ma anche quella di compiere grandi movimenti con le braccia. Tra le altre cose, i partecipanti sono stati invitati a raccogliere un blocco e a collocarlo in cima ad una torre, adattare un tubo attorno ad un tubo più piccolo o portare le mani alla bocca. I punteggi più alti indicano una migliore funzionalità.

Dopo 12 settimane di utilizzo del dispositivo, i punteggi dei pazienti sono aumentati in media di 6,2 punti su una scala di 57 punti.

“Un aumento di sei punti rappresenta un significativo miglioramento della qualità della vita”, ha detto Leuthardt. “Per alcune persone, questo rappresenta la differenza tra l’impossibilità di mettersi un paio di pantaloni e il poterlo fare da soli“.

Ogni partecipante ha anche valutato la propria capacità di utilizzare il braccio interessato così come il grado di soddisfazione e di abilità.

“Con il progressivo miglioramento della tecnologia che raccoglie i segnali del cervello, il dispositivostesso continuerà a migliorare. E sono sicuro che il dispositivo sarà ancora più efficace nell’aiutare i pazienti affetti da ictus a recuperare qualche funzione” ha detto Huskey.


La tecnologia aiuta a muovere le mani di chi è paralizzato da ictus - Ultima modifica: 2017-06-05T08:30:58+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

e-book guida ecm

Non rimanere indietro, iscriviti ora

Ricevi in tempo reale le notizie del digitale

Iscrizione alla Newsletter

controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy

Grazie! Ora fai parte di Digitalic!