Cloud: organizzazione e cervello diffuso

#SOCIALORG Il cloud è una tecnologia abilitante per eccellenza: mette in grado di pensare, disegnare e avviare modelli di organizzazione a base collaborativa, oggi molto efficaci e necessari di Alessandro Donadio* Il #socialorg designer deve comprendere le potenzialità connesse alla vera e propria liberazione spazio – temporale delle persone, che possono così esprimere il meglio […]

#SOCIALORG

Il cloud è una tecnologia abilitante per eccellenza: mette in grado di pensare, disegnare e avviare modelli di organizzazione a base collaborativa, oggi molto efficaci e necessari

di Alessandro Donadio*

Il #socialorg designer deve comprendere le potenzialità connesse alla vera e propria liberazione spazio – temporale delle persone, che possono così esprimere il meglio nelle conversazioni organizzative.

Il dato è sempre con me

La prima potenzialità sta nella ri-concezione del luogo fisico in cui siamo stati abituati a pensare di riporre informazioni e in generale il sapere organizzativo, nonché dove siamo storicamente operiamo. Ci saranno sempre dei server fisici da qualche parte, ma l’utente non dovrà costantemente pensare a questo come una condizione di logistica delle informazioni.
Il cloud offre in sé un modello di collaboration “hub and spoke” in cui il primo è il sistema di repository che si genera in divenire, mentre gli spoke sono le persone stesse ora capaci di relazionarsi fra loro senza l’assillo della localizzazione fisica.
La socialorg è così una piattaforma che non si vede più, pur essendoci eccome. Lascia spazio alle relazioni e alle dinamiche di scambio continue. Rinfrancate però dalla consapevolezza che le informazioni sono intorno a me, o meglio, nella mia mano.

Mobile collaboration
Conseguenza del potenziale appena descritto è quella della liberazione da desk. La scrivania, con i suoi device fissi, non è più un luogo necessario, in qualche modo un passaggio obbligato, ma piuttosto un’altra delle opzioni della persona “liberata” ed empowered.
Ora altri luoghi organizzativi diventano operativi: corridoi, mense, macchine del caffè, metropolitane, treni.
Insomma, la persona viene messa in grado di operare “semprunque” – bellissima e significativa crasi somministratami dall’amica e collega Annalisa Galardi – in modo pieno ed efficace. Mi spiego meglio.
Non è che prima in tutti quei luoghi informali le persone non scambiassero o collaborassero in qualche modo, ma le dinamiche potevano essere estemporanee ed estremamente libere, quanto poco supportate dal dato, che in qualche modo stava altrove.
Il cloud, generando la portabilità dell’ecosistema informativo, induce una forma di mobile collaboration: nel doppio senso di essere disponibile totalmente nel device portatile e di sollecitare una forma di organizzazione “in movimento” dove la persona, non il luogo fisico, è il vero nodo attivo. L’emancipazione dal desk non è quindi solo una componente operativa, ma anche una potente metafora che cambia la cultura organizzativa.
Tempo fa proposi un’inversione di prospettiva dalla relazione tradizionale che chiamai: “organizzazione solida e persona liquida”, in cui è l’organizzazione a farsi liquida per rendere la persona solida, piena (https://goo.gl/6TvNku).
Il cloud abilita senza dubbio questa storica inversione.

Un po’ prendo e un po’ metto

Altro potenziale del cloud è quello di consentire accesso e fruibilità smart alle informazioni. Le persone si approvvigionano dei dati che servono loro per agire, come abbiamo visto liberati dal luogo fisico, ma possono ora anche immetterli con la stessa semplicità. Così, in quel corridoio, due persone possono scrivere insieme una nota che potranno ritrovare in ognuno dei loro device e di quello dei colleghi che hanno interesse a contribuire.
Ancora va ribadito: la forza non sta nella capienza che il cloud offre, questa è prerogativa di ogni server e data stock. Sta piuttosto nella possibilità di far avvenire le cose nei momenti più utili, senza perdite di tempo o dilazioni, nel condividere poi le informazioni con il sistema di relazioni che di quei dati farà tesoro operativo.
In effetti non è esagerato pensare al cloud come a un cervello esterno che pulsa intorno alla persona e nella quale questa è immersa: così come accediamo in modo istantaneo ai ricordi e alle informazioni che conserviamo nella nostra testa, così il cloud permette una immissione costante. Un’estensione del potenziale della persona, che con le giuste forme di condivisione collettiva, si allarga a tutta l’organizzazione generando un’efficacia importante.

Byok semprunque

In un post sul mio blog illustravo questo acronimo connotandolo come l’elemento di base della socialorg: Byok, bring your own knowledge.

Il sapere personale è una fonte importantissima nelle organizzazioni collaborative, per la sua capacità di portare intuito, esperienza, attitudine nei processi operativi quotidiani. La persona lo possiede e l’organizzazione dovrebbe invitarla a farne uso ogni qualvolta un processo standard non sembri rispondere alla sfida.
Il cloud può diventare un grandissimo abilitatore organizzativo del Byok, rendendolo disponibile “semprunque” in quell’ecosistema del dato, rappresentato oggi dai digital workplace organizzativi.
Questa disponibilità non è solo tecnica, ma anche opzione manageriale e culturale, quindi. Una nuova forma di espressione operativa in cui le persone possono conversare, co-scrivere e insieme accedere e conferire su dati, informazioni e, in ultima analisi, sapere organizzativo.

Il #socialorg designer ha la testa nella nuvola

No, non per dire che è svampito, tutto il contrario. Il disegno di un digital workplace moderno non può prescindere da questo pilastro abilitativo fondamentale che è il cloud. Serve una consapevolezza del socialorg designer circa il fatto che ogni opzione tecnologica messa nella mani delle persone in questo nuovo contesto organizzativo debba essere legata alla sua capacità di:

– accedere e conferire come attività costante

– poterlo fare, quindi, sempre e ovunque

– attivare un reticolo di accesso di tipo collettivo oltre che individuale

Nella nuvola la socialorg “respira” meglio e le persone con lei.

*Ha iniziato a lavorare in azienda in ambito organizzazione e HR per poi passare alla consulenza. Appassionato dell’approccio etnologico, affronta l’azienda con un occhio attento alle sue “tribù”: le community. Esperto di Social business e SocialHR è founder del noto brandTag #socialorg, con cui segue progetti complessi di digital transformation. Il suo blog “Metaloghi organizzativi 2.0” è punto di riferimento di divulgazione sul tema della Social Enterprise.

SocialORG Cloud


Cloud: organizzazione e cervello diffuso - Ultima modifica: 2016-04-25T18:31:58+00:00 da Francesco Marino
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