La #SocialOrg nella tua mano, dalle aziende statiche del ‘900 a quelle in movimento

#SocialOrg di Alessandro Donadio* Per tutto il ‘900 l’idea di azienda si è fortemente collegata alla presenza fisica in uno spazio definito. La staticità è stata per molto tempo anche simbolo di struttura, forza, continuità. In organizzazioni così, l’idea stessa di movimento, sia di processi sia di persone, poteva essere percepita come marcatore d’inefficienza, basso […]

#SocialOrg

di Alessandro Donadio*

Per tutto il ‘900 l’idea di azienda si è fortemente collegata alla presenza fisica in uno spazio definito. La staticità è stata per molto tempo anche simbolo di struttura, forza, continuità. In organizzazioni così, l’idea stessa di movimento, sia di processi sia di persone, poteva essere percepita come marcatore d’inefficienza, basso governo, confusione. Ma il contesto è cambiato intorno all’impresa e oggi è proprio il movimento a diventare la competenza nuova: verso il cliente, fra i colleghi, fra le persone ed i dati.

ORGANIZZAZIONI LIQUIDE, PIÙ PERSISTENTI
La liquidità è sinonimo di movimento per eccellenza. Ed anche di persistenza: un corpo solido ha sempre un punto di rottura, per quanto alto. Mentre l’acqua non subisce frattura, non si spezza, si ricompone continuamente. Le organizzazioni contemporanee cercano ormai forme e modelli capaci di medesima resilienza, per adattarsi continuamente senza subire effetti dirompenti sulla propria struttura. La mobilità, in questi modelli, è certamente una delle chiavi di base. Mobilità vuol dire libertà di movimento di persone, dati, sistemi stessi, che produce una fluidità dei processi che sono alla base della produzione di valore organizzativa.
Le tecnologie di connessione e conversazione hanno già prodotto un affrancamento notevole, liberando le interazioni organizzative con le quali le persone risolvono problemi emergenti e fanno innovazione continua. L’ultimo elemento abilitante è la mobilità prodotta, da una parte da device che sono in grado di ospitare le interazioni di cui abbiamo detto, dall’altra dalle tecnologie cloud che consentono di portare con sè i dati che supportano i processi decisionali organizzativi.
Questa grande rivoluzione è accompagnata da una crescente cultura del movimento. Le persone svolgono molte attività in mobilità, se viene loro concesso di farlo: informarsi, studiare, conversare, fare meeting, scrivere. È una nuova esperienza che impatta sulla stessa idea di tempo, ora più nelle mani delle singole persone che delle organizzazioni. Si recupera così un’efficienza complessiva fatta dalle scelte di ottimizzazione che le persone compiono continuamente, se dotate di strumenti che mettono l’azienda nelle loro tasche.

SMARTWORKING E MOBILITÀ
L’elemento che, più di altri, risulta determinante nei progetti di smartizzazione delle organizzazioni è proprio la mobilità. Di fondo, lo smartworking è un sistema organizzativo nel quale la persona può fare scelte di tempo e spazio a lei congeniali, attraverso cui ottimizza le attività di lavoro e personali in un confine che si fa sempre più stretto. In questo schema l’azienda con i suoi asset storici (uffici, repository dati, colleghi) non è più in un solo luogo, ma è portabile dalle persone ovunque queste vadano. La vera dimensione smart è proprio la capacità crescente degli individui di:
– trovarsi
– parlarsi
– interrogare i sistemi
Tutto questo in un contesto che supera, senza annullarle, la fisicità e la sincronia. Due dimensioni, queste, che sono state alla base dei modelli di interazione dell’impresa tradizionale. Non vedremo quindi nessuna esperienza solida ed efficace di #socialorg fintanto che non genereremo questa diversa esperienza d’interazione fra le persone.

MOBILE, LA TECNOLOGIA MA ANCHE I MODELLI MANAGERIALI
Non si tratta di una rivoluzione di per sé tecnologica per le organizzazioni, ma molto più profonda. I modelli gestionali non possono certo rimanere quelli del “controllo a vista” in un contesto come questo. Le persone si muoveranno con forme di libertà maggiori, proprio per trovare efficientamenti e sostenibilità impossibili prima.
Ma questo richiederà un diverso atteggiamento manageriale. Intanto, sul piano dei processi, questi non potranno più prevedere solamente azioni che si svolgono dentro le mura organizzative o addirittura in uffici specifici. Bisognerà concepire la possibilità che un meeting, per esempio, si faccia con persone non solo remote fra loro, questo già avviene, ma da luoghi che potranno essere non convenzionali: casa, parchi, treno, metro. Questa evoluzione non è banale e non è senza pericoli per ognuna delle parti implicate.
Ma mobilità vuol anche dire maggiore responsabilizzazione delle persone, che dovranno poter scegliere dove, ma anche come, effettuare un’azione che prima era ospitata in luoghi fisici aziendali. Si tratta di un’autonomia, senza la quale, del mobile non resterebbe che la mera esperienza digitale.
Per i manager, come da tempo si dice, il controllo si sposta dal task osservabile al risultato valutabile e presuppone livelli di delega e fiducia importanti. Tutto questo chiede che si lavori in modo sistemico, molto su tre piani di sviluppo: – l’enabling tecnologico.
La mobilizzazione si attua con l’acquisizione di tecnologie che supportano questa evoluzione – le competenze di uso. Sia per le persone in generale che devono saper dominare questi strumenti per produrre il massimo valore, sia per i manager che li avranno come leve di governo dei team – la cultura della mobilità. La più complessa da sviluppare ma senza la quale una vera evoluzione in questo senso non avrà luogo.

MOBILE L’ORGANIZZAZIONE, SOLIDA LA PERSONA
In un convegno, diversi anni fa, introdussi la dicotomia fra azienda liquida e persona solida, intendendo con questo che: maggiore è la capacità dell’azienda di ospitare forme di auto-organizzazione “fluide”, crescente è la possibilità che le persone liberino pensiero, innovazione e sviluppino senso di responsabilità.
Forse ora ci siamo. Sono mature le tecnologie, è matura la richiesta stessa delle persone che nella vita privata già vivono la risorsa mobilità appieno, le aziende sono quantomeno curiose di sperimentare forme nuove di organizzazione. Tre elementi che mettono nelle mani dei designer organizzativi una opportunità tutta da esplorare.

*Ha iniziato a lavorare in azienda in ambito organizzazione e HR per poi passare alla consulenza. Appassionato dell’approccio etnologico, affronta l’azienda con un occhio attento alle sue “tribù”: le community. Esperto di Social business e SocialHR è founder del noto hashtagbrand #socialorg, con cui segue progetti complessi di digital transformation. Il suo blog “Metaloghi organizzativi 2.0” è punto di riferimento di divulgazione sul tema della Social Enterprise.

#SocialOrg


La #SocialOrg nella tua mano, dalle aziende statiche del ‘900 a quelle in movimento - Ultima modifica: 2016-06-18T08:42:39+00:00 da Francesco Marino
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