Stefania Quaini: “Pensate in grande, se volete innovare in Italia”

È Ceo di Impact Hub Trieste, co-fondatrice di Manifesto2020 e di TEdxTrieste. Stefania Quaini lavora con uno staff al 90% formato da donne e pensa in grande

È Ceo di Impact Hub Trieste ma anche co-fondatrice di Manifesto2020 e organizzatrice di TEdxTrieste. Stefania Quaini lavora con uno staff al 90% formato da donne e pensa in grande; vede la tecnologia come una strada per dare un futuro internazionale ai giovani in Italia. Sono tanti i progetti che ha realizzato e quelli che sta ispirando.

di Ilaria Galateria

Ha scelto Trieste perché è una città che permette di godere la qualità della vita italiana, ma con un respiro internazionale. Stefania Quaini ha 31 anni, dopo la laurea triennale al DAMS di Bologna, un anno trascorso tra una galleria d’arte di Milano e lo sviluppo di diversi progetti per valorizzare artisti e designer, nel 2006 si trasferisce a Venezia all’EGART di Cà Foscari, dove consegue la laurea specialistica in gestione dell’arte. A Trieste, però, nascono e si sviluppano tutti i suoi progetti. “È la città ideale per il percorso formativo che ho deciso di intraprendere. Prima di trasferirmi l’ho frequentata per qualche anno e sono stata letteralmente rapita dall’entusiasmo e dalle tante potenzialità per gli interessi che stavo coltivando. È una città di cui innumerevoli scrittori si sono innamorati sia per la sua imponente storia, sia per i sui paradossi”.

Lei è CEO di Impact Hub Trieste, co-fondatrice Manifetso2020, co-organizzatrice di TEDxTrieste. Cosa accomuna questi tre incarichi?
La volontà di condivisione della conoscenza specializzata tra settori apparentemente distanti. Hub e TEDx sono ‘format’ internazionali che abbiamo portato in città, esperienze che possono funzionare solo se profondamente legate al territorio, alla sua lettura anche critica e alla presa di coscienza che l’inaspettato potrebbe trasformarsi in opportunità. Così anche M2020, esperienza unica, nata e creata a Trieste per Trieste ma che ora viene utilizzata anche da altri Comuni. Ma, sempre seguendo questo file rouge che senza accorgermene ha dato il ritmo a questi anni, dal 2015 sono parte del board del Master in Complex Action della SISSA, la Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati, il cui scopo è quello di fornire basi di business e business planning a dottorandi e dottorati in materie scientifiche.

Due aggettivi per ognuno dei suoi progetti?
Hub: inclusivo ed energizzante; M2020: indagatore e propositivo; TEDx: permeabile e ispiratore; MCA: necessario ed ambizioso.

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Impact Hub Trieste non è solo una realtà locale, ma un network internazionale. Com’è nata l’idea?
Quando nel 2011 abbiamo iniziato il processo di accreditamento e candidatura alla rete mondiale e, in contemporanea, in fundraising a livello locale, Trieste era per il quarto anno di seguito all’ultimo posto nella classifica delle città italiane per numero di imprese e per propensione al rischio imprenditoriale. Questo nonostante ci fossero centri di ricerca di fama internazionale e incubatori pronti a sviluppare business plan. L’indagine condotta con M2020 sulle esigenze della popolazione ci ha dato il coraggio di iniziare a costruire, dal basso, una rete di persone che credesse nella città e che volesse un punto di incontro per trattenere e condividere know-how. Impact Hub rispondeva proprio a questa volontà. Volevamo che Trieste, o meglio, le persone che gravitano attorno alla città potessero essere a proprio agio testando idee non ancora validate e, allo stesso tempo, poter far crescere i propri progetti su scala internazionale.

Da chi è composta la community di Impact Hub?
Ci sono free lance, imprenditori, gruppi informali e i settori vanno dal web design all’agricoltura, dall’artigianato alle neuroscienze… Il coworking e gli eventi che proponiamo sono il pretesto perché si possano approfondire gli argomenti più disparati legati a processi innovativi e di impatto sociale. E la tecnologia è spesso l’attivatore o il traduttore di questi processi. A livello mondiale, invece, parliamo di una rete di oltre 10.000 membri, hubbers, a cui si aggiungono grandi organizzazioni partner con cui sviluppiamo progetti di portata globale come i sette Impact Hub da poco nati in Africa, tanto per citarne uno.

Qual è secondo lei l’approccio delle donne con la tecnologia?

Spesso la parola tecnologia viene fatta coincidere solamente con un settore, quello informatico, quello digitale o quello scientifico. Se penso alla tecnologia nella sua accezione più ampia, di Arte e Tecnica e di organizzazione di un metodo, non trovo nessuna differenza tra uomini e donne. Per sdrammatizzare l’approccio delle donne con la tecnologia è sicuramente più… caldo: ho versato più caffè sul mio Mac che in tazza. Insomma, potremmo dire che nel rapporto con i device tecnologici di massa le donne sono molto più hacker degli uomini!

Stefania Quaini Impact hub

I suoi progetti hanno lo scopo di trattenere i giovani nel nostro Paese?
Più che trattenerli cerco di contribuire nel mostrare una strada possibile che non sia poi così lontana da quello che potrebbero trovare altrove. In Italia si pensa troppo poco in grande, un errore strategico e morale!

Il suo staff è a prevalenza femminile?
Sono passata dall’essere l’unica donna nei vari gruppi ad un team al 90% composto da donne, quello di Hub Trieste. Siamo ancora molto piccoli come struttura organizzativa e l’ottica non è quella di crescere nel team, ma incrementare la collaborazione con i professionisti che compongono la community che gestiamo.

La tecnologia ha cambiato l’universo femminile?
La tecnologia non ha cambiato l’universo femminile, ma l’universo femminile sta prendendo possesso della tecnologia; la crea, la sfrutta, la traduce da elemento a strumento. Credo molti tabù, legati alle donne, siano stati annientati grazie alla tecnologia prima e all’ICT poi. Le cito una frase di Amy Cuddy, proprio da un suo TED talk: “Don’t Fake it until you make it. Fake it until you become it”.


Stefania Quaini: “Pensate in grande, se volete innovare in Italia” - Ultima modifica: 2015-09-13T08:48:58+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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