IoT: LA NUOVA MATERIA NELLA SCUOLA DELL’INNOVAZIONE
Internet delle cose rappresenta l’intersezione del mondo fisico con quello del software.
L’IoT aggiunge un’anima connessa agli oggetti e in questo modo li trasforma in dati, è come se creasse un avatar software dell’oggetto in cui è inserito, che sia un frigorifero, un’automobile, una macchina utensile, una strada. Maggiore sarà il numero di sensori attivati tanto più l’avatar sarà fedele all’originale. Non per ogni oggetto serve avere una rappresentazione “fotorealistica”, basta conoscere alcuni aspetti e dimensioni.
Per una porta forse è sufficiente sapere se è aperta o chiusa, per un sistema medicale magari è meglio conoscere se acceso o spento, dove si trova, se è stato prenotato per un esame, se ha tutti i materiali di consumo necessari.
C’è tanto da fare, l’IoT richiede nuove figure, per esempio i “ritrattisti delle cose”, persone che conoscano bene la composizione dell’oggetto a cui dare un’anima connessa, ma anche il business in cui si inserisce per capire cosa rilevare e quali informazioni trasmettere.
Allo stesso tempo ogni oggetto IoT crea dati (continuamente) e la vera sfida è raccoglierli, conservarli, analizzarli, capirli e agire tenendo presente ciò che si è imparato da questi.
Si modifica non solo la catena decisionale, ma anche il funzionamento delle imprese, che sempre di più metteranno questi elementi al centro del processo decisionale.
Insomma è necessario tornare a scuola, c’è una nuova materia da apprendere e un mondo da creare. Per questo il numero di Digitalic s’intitola “Nuovo Manuale dell’IoT”: siamo di fronte ad un passaggio tecnologico che impone altri strumenti, ma soprattutto inedite competenze. La nostra copertina rappresenta proprio questo: l’IoT apre le porte ad un’insolita ma necessaria materia scolastica chiamata innovazione.
Va studiata e appresa prima di essere applicata, è ricca non solo di promesse ma anche di magia. Per questo abbiamo voluto rappresentare il manuale che la racconta come un libro antico, prezioso, quasi fosse il “Libro degli incantesimi” di Harry Potter, che per lo meno ha un merito indiscutibile: ha chiarito che anche per fare le magie bisogna studiare. Buono studio.
Francesco Marino
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