intelligenza artificiale

Autosufficienza AI: come l’Europa vuole ridisegnare gli equilibri geopolitici della tecnologia

L’Unione Europea ha avviato un piano strategico per l’Autosufficienza AI, per ridurre la dipendenza dalle tecnologie statunitensi e cinesi, promuovendo infrastrutture e modelli AI sviluppati localmente. La concorrenza tra nazioni e sistemi si sposta e l’AI, per l’impatto che ha sull’economia, è subito diventata un terreno di confronto: il controllo sull’intelligenza artificiale è diventato il punto focale futuro economico e geopolitico, e nessuna grande potenza vuole lasciarlo in mano altrui. Solo che ci sono due super potenze: USA e Cina e gli altri inseguono.
A guardare all’evoluzione dei movimenti governativi sull’AI sembra di osservare un processo simile al riarmo, grandi potenze hanno l’arsenale più completo, le altre preoccupate di essere in inferiorità inseguono.
Chiediamoci cosa significa per un’economia nazionale dipendere, per le tecnologie critiche del futuro, da attori esteri: significa perdere margini decisionali su quali piattaforme usare, come usarle, quando modificarle; significa subire decisioni normative prese da altri; significa avere voce sempre più flebile su questioni che interessano la sovranità digitale di un intero paese.
Anche se spesso se ne fa una questione ideologica la realtà è molto più pragmatica e gli equilibri geopolitici contemporanei lo mostrano chiaramente.

Autosufficienza AI e gli equilibri geopolitici

Per capire perché oggi “dipendere meno” è diventato prioritario, bisogna guardare agli assetti di potere internazionali e ai rischi concreti che una dipendenza tecnologica assoluta comporta. Durante gli ultimi anni il sistema geopolitico globale ha mostrato le sue fratture, la storia di un Atlantismo e di una Globalizzazione pacifica e collaborativa si è frantumata: restrizioni sull’export di minerali critici, controlli sulle tecnologie a doppio uso (civile e militare), dazi commerciali, blacklist: ciascuna grande potenza ha messo mano alle leve per esercitare pressione sulle altre.
Quando un paese dipende interamente da infrastrutture tecnologiche controllate da attori esterni, accumula un debito strategico che può essere riscosso in qualsiasi momento. Non sotto forma di minacce esplicite, ma di vincoli concreti: l’impossibilità di accedere a determinati servizi, la necessità di rispettare certificazioni straniere, l’obbligo di sottostare a normative decise da altri.

L’Europa vuole e l’Autosufficienza AI

L’Unione Europea ha avviato un piano strategico ambizioso per costruire una vera autosufficienza nell’intelligenza artificiale. Non si tratta solo di un obiettivo tecnologico, ma di una scelta politica, economica e culturale: l’Europa vuole ridurre la propria dipendenza dalle tecnologie esterne, controllare le infrastrutture digitali critiche e trattenere all’interno del continente il valore generato dall’innovazione.

Questo percorso non nasce dal nulla. È il risultato di un lungo processo iniziato con il Digital Compass 2030, consolidato con il Regolamento sull’intelligenza artificiale (AI Act) — approvato nel 2024 ed entrato in vigore nel 2025 — e oggi rafforzato da una serie di piani di investimento che mirano a potenziare il tessuto tecnologico europeo. L’AI Act, formalmente Regolamento (UE) 2024/1689, è il primo quadro normativo al mondo pensato per garantire che l’AI sia “affidabile, sicura e conforme ai diritti fondamentali”. La sua logica è chiara: costruire un’AI che non sia solo potente, ma anche umana.

Tuttavia, regolamentare non basta. Per non restare indietro rispetto a Stati Uniti e Cina, l’Unione ha deciso di investire massicciamente nella propria infrastruttura tecnologica. A ottobre 2025 la Commissione ha presentato un nuovo piano da 11 miliardi di euro destinato a rafforzare l’uso dell’AI nei settori chiave dell’industria, della sanità e dell’energia. È una parte di un progetto ancora più ampio: secondo le stime della Commissione europea, gli investimenti complessivi previsti entro il 2030 per sostenere la sovranità digitale e l’autonomia nell’intelligenza artificiale superano i 200 miliardi di euro.

L’obiettivo è costruire un’infrastruttura europea completa, che parta dai supercomputer e arrivi fino ai modelli di AI generativa. La Commissione parla di “AI Factories” e “AI Gigafactories”: centri di calcolo ad alte prestazioni distribuiti nei vari Stati membri, dotati di processori dedicati, chip progettati in Europa e una rete di data center capaci di addestrare modelli su larga scala. L’idea è che l’Europa possa addestrare i propri modelli linguistici, visuali e multimodali su dati europei, gestiti in modo conforme al GDPR e ai principi di trasparenza stabiliti dall’AI Act.

Accanto alle infrastrutture, il piano punta a rafforzare la ricerca e lo sviluppo di modelli “made in Europe”, favorendo la nascita di centri di eccellenza, partnership pubblico-private e programmi dedicati alle startup. L’obiettivo non è rincorrere gli altri, ma creare un ecosistema competitivo che valorizzi le specificità europee: un’AI per la salute pubblica, per la sostenibilità industriale, per la gestione etica dei dati e per la modernizzazione della pubblica amministrazione.

La strategia europea per l’autosufficienza nell’AI non si limita però all’innovazione. È anche una questione di governance. L’istituzione dell’European Artificial Intelligence Office, organo centrale con sede a Bruxelles, garantirà il coordinamento tra le autorità nazionali e vigilerà sull’applicazione uniforme del regolamento in tutti i Paesi membri. La sua funzione sarà quella di controllare i modelli di AI di uso generale, assicurandosi che rispettino i requisiti di sicurezza, trasparenza e tracciabilità previsti dall’AI Act.

Dietro questo progetto c’è un’idea precisa: chi controlla l’infrastruttura controlla l’innovazione. Finché l’Europa dipenderà da chip americani, da modelli linguistici sviluppati in California o da cloud sotto giurisdizione extraeuropea, sarà costretta a rincorrere. L’autosufficienza, invece, permetterebbe di accorciare i cicli di innovazione, sviluppare modelli addestrati su dati locali e garantire ai cittadini una tutela più solida dei propri diritti digitali.

È un percorso che richiede visione e coraggio. Gli investimenti previsti sono imponenti, ma non sufficienti se non accompagnati da una politica industriale coerente, da incentivi alla formazione di competenze e da una rete di imprese capaci di trasformare la ricerca in applicazioni concrete. L’AI Act da solo non basta: serve una capacità produttiva in grado di sostenere l’ambizione politica di un’Europa digitale sovrana.

In questo senso, il piano per l’autosufficienza AI non è un ritorno all’autarchia, ma un atto di realismo economico. Ogni volta che l’Europa importa modelli, chip o infrastrutture cloud, paga non solo il prezzo di mercato, ma anche la dipendenza strategica. Sviluppare internamente queste tecnologie significa mantenere all’interno del continente il valore economico, le competenze e la possibilità di decidere le proprie regole.

 


Autosufficienza AI: come l’Europa vuole ridisegnare gli equilibri geopolitici della tecnologia - Ultima modifica: 2025-10-18T10:41:19+00:00 da Francesco

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