In Germania preferiscono chiamarlo Homeoffice. Noi lo chiamiamo Smart working. Ma attenzione. Non confondiamolo con il Telelavoro, o lavoro da remoto. La questione è importante. Perché il Telelavoro non prevede la presenza in ufficio o in una sede legata ad un contratto di lavoro, ed è un’attività prettamente collaborativa.
Lo Smart working è il lavoro da casa legato ad un contratto di settore (partita iva/ o contratto collettivo nazionale che sia). Questa premessa è doverosa perché proprio in Germania è notizia di un contributo di 5 euro al giorno per i dipendenti che lavorano da casa. Una somma forfettaria da riconoscere per un massimo di 100 giorni all’anno e un limite di due anni.
A riportarlo è il quotidiano FAZ. E’ questo l’accordo che Spd e Csu, i due partiti della coalizione di governo guidata da Angela Merkel avrebbero trovato per compensare il disagio dei lavoratori costretti a sacrificare spazi privati della propria abitazione per lavorare.
Secondo le anticipazioni della Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), i dipendenti potranno richiedere 5 euro per ogni giorno di lavoro a casa, anche se non possono dimostrare di avere una stanza dedicata all’ufficio. Il portavoce della Spd al Bundestag, Lothar Binding, ha precisato al quotidiano che il nuovo regolamento dovrebbe essere applicato solo per 100 giorni all’anno, con il risultato di un tetto di 500 euro. Ma la Csu, il partito conservatore della Cancelliera, vorrebbe addirittura riconoscere ai fini fiscali 120 giorni di lavoro a distanza all’anno.
C’è però anche chi si muove nella direzione esattamente opposta riguardo lo smart working. Rimanendo in Germania, la Deutsche Bank ha lanciato l’idea di tassare i lavoratori ritenendo la collaborazione da casa un privilegio e non un onere. Una “smart tax” che permetterebbe di raccogliere “49 miliardi di dollari all’anno negli Usa, 20 miliardi di euro in Germania e 7 miliardi di sterline in Gran Bretagna” da destinare ai “sussidi per i lavoratori a reddito basso, che generalmente non possono lavorare da casa“.
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