C’è un gesto che racconta come la nostra vita sia cambiata e ci accomuna praticamente tutti: la prima azione che facciamo quando ci alziamo è guardare il nostro smartphone, alcuni lo usano ancora prima di svegliarsi davvero: spengono la sveglia del telefonino.
Questo gesto, che di per sé è insignificante, ci racconta quanto in profondità nella nostra vista si siano incastonati i dispositivi mobili, sono il nostro vero grande amore, il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera.
Escludiamo le patologie come la nomofobia (la paura di rimanere disconnessi), anche per chi li usa con equilibrio questi strumenti sono diventati indispensabili e lo sono sempre di più anche per le evoluzioni che le relazioni personali e lavorative stanno vivendo.
Non si tratta di giudicare un comportamento, ma di valutare serenamente che la nostra vita da una parte ruota intorno a questi dispositivi, dall’altra è inscritta in questi oggetti.
Sono il telecomando delle nostre attività (ne hanno per altro la forma) e uno specchio.
Certamente la nostra vita mobile è molto diversa da quella di appena 15 anni fa, tutto si mischia, lavoro, tempo libero, interessi, hobby, svaghi, famiglia. Il tempo che viviamo è circolare, misto, variegato: ore di lavoro punteggiate di svago, ore di svago maculate di lavoro.
Una vita che assomiglia più ad un cocktail, con tutti gli ingredienti mixati, piuttosto che ad un pranzo della domenica con portate diverse: finita una, si mangia l’altra.
Questa grande miscela di ingredienti a volte è faticosa da gestire, a volte elettrizzante, come un grande videogioco in cui vinciamo e di tanto in tanto cadiamo.
Abbiamo voluto rappresentare questa idea con la nostra copertina che rappresenta la “ mobile life ” come un universo digitale parallelo ispirato da Escher, ma anche da Q*bert e da Pac-Man, serio e divertente, affascinante e complesso, come d’altra parte è la nostra vita.
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