Se pensate che l’IoT sia fatta di cose, vi sbagliate. Dietro ad ogni sensore c’è la vita, quella di una persona, di un gruppo, di una comunità. “Le cose” dell’IoT non sono realtà inanimate, ma soggetti vivi.
I sensori misurano attività umane, le pulsazioni di un cuore ad esempio, ma anche i viaggi. Tracciano gli spostamenti di una vasta popolazione di squali bianchi, così come la velocità delle automobili sulle strade del mondo. Insomma, a ciascun sensore è collegata una vita. Ogni singolo oggetto connesso ad Internet racconta una storia: quella di una famiglia che si muove in auto per andare in vacanza e viene rilevata dai dispositivi sulle strade, o quella dei gruppi organizzati che si chiamano aziende e che realizzano prodotti per altre persone o per altre imprese. Se guardiamo all’IoT come un insieme di oggetti non ne capiremo il senso e non saremo in grado di coglierne le vere sfide.
L’Internet delle cose è un ambiente vivo, abitato da elementi senzienti: quello che chiamiamo IoT è in realtà un habitat popolato, attivo.Quindi, quando si pensa di collocare un sensore, bisogna tenere presente che misura la vita di qualcuno, va fatto con tutte le precauzioni di sicurezza e bisogna capire che viene inserito in un ecosistema generale che deve essere rispettato e tenuto in equilibrio.
Per queste ragioni la nostra copertina rappresenta l’IoT come un oceano abitato da meravigliose creature marine. Con colori cangianti e che si illuminano al buio.
L’Internet delle cose può essere bellissima, piena di idee e di progetti, proprio per questo bisogna avvicinarsi con cura e capire che non ci sono oggetti, ma strumenti che alla fine si connettono sempre alle persone e a quello che fanno.
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