Jamboard di Google, la lavagna per la collaboration connessa al cloud

La funzione che permetteva agli utenti di modificare un documento contemporaneamente venne resa disponibile da Google una decina di anni fa, al giorno d’oggi è qualcosa cui tutti noi siamo abituati e che, in fondo, diamo anche per scontato. La collaborazione in tempo reale su Docs e Fogli non avviene in modo organico (come potrebbe invece succedere su un bel foglio di carta bianco), ma a questo proposito Google ha pensato bene di svelare la propria Jamboard: una lavagna bianca connessa al cloud che consente la collaborazione tra i team, ovunque essi si trovino.

La Jamboard ha uno schermo da 55″, 4K, touchscreen che gira su Android e che potrete utilizzare come una tipica lavagna digitale. Potrete disegnarci sopra le vostre idee con una penna stilo, ma è la connettività al cloud il fiore all’occhiello di questo dispositivo. Tutto quello che verrà scritto sulla lavagna verrà inviato al cloud e quindi verrà salvato automaticamente in una cartella del proprio Drive.

Sono diversi i modi attraverso i quali i vostri colleghi potranno collaborare in tempo reale a quello che state realizzando. I vari team potranno utilizzare da remoto le loro Jamboard, sincronizzandole alla vostra, e contribuire così alle vostre sessioni ovunque si trovino nel mondo, come se si trovassero nella vostra stessa stanza. Sarà anche possibile collegare le Jam ad Hangouts e trasmettere le chiamate in tempo reale.

Nel caso in cui aveste un iPad o un tablet Android avrete la possibilità di usufruire di tutti gli strumenti di editing disponibili per Jamboard. Chi collaborerà con voi soltanto per telefono avrà la possibilità di visualizzare quello che avviene sulla Jam via display.
L’aspetto della Jamboard ricorda quello di un maxi Nexus 10. C’è un piccolo cassettino nella parte inferiore nel quale è possibile conservare le varie penne e cancellini, ed è collocato proprio accanto agli altoparlanti. È possibile montare le Jamboard a muro, ma anche su dei piedistalli disposti su ruote, così che possano essere spostate all’interno di uno o più ambienti di lavoro. Ogni Jam è dotata di porte USB e HDMI e di una serie di pulsanti collocati nell’angolo in basso a destra.
Sebbene le penne in dotazione ricordino dei grossi pastelli, sarà possibile tracciare linee dello spessore di un solo millimetro. C’è anche un cancellino tondo che rimuoverà velocemente le macchie dal vostro schermo. I dispositivi sono di tipo passivo, quindi non vi dovrete preoccupare della durata della batteria.

Ogni Jamboard è l’estensione fisica della suite per ufficio di Google, ma è anche un modo per promuovere i branstorming senza dover legare gli utenti ad ulteriori applicazioni.
“Il fatto di imporre agli utenti di doversi muovere tra i vari Docs, i fogli condivisi o le slide, limitava la creatività” ha dichiarato il direttore di G Suite Jonathan Rochelle.
Tra i fattori più apprezzabili uno è rappresentato dalla capacità di risposta dello stylus, che scorre veloce come se si trattasse di una qualsiasi lavagna bianca reale. La Jamboard riesce a cogliere fino a 16 punti toccati contemporaneamente, affinché più utenti possano scrivere o disegnare insieme.

Google, ovviamente, si mette in concorrenza con il Surface Hub di Microsoft, ma occorre sottolineare che i prodotti a marchio Google, solitamente, ricevono i riscontri positivi da chi è solito usufruire delle app di Google, e ciò potrebbe rappresentare un punto di forza non indifferente per il piazzamento sul mercato.

Nel corso della prima metà del 2017 le prime Jamboard verranno vendute a circa 6.000 dollari per i client G Suite. Tra i tester che hanno già lavorato su Jamboard vi ricordiamo: Netflix, Spotify e Instrument. Attualmente sono gradite le sottoscrizioni da parte di chi vorrà usufruire del dispositivo in fase beta prima del rilascio ufficiale.


Jamboard di Google, la lavagna per la collaboration connessa al cloud - Ultima modifica: 2016-10-27T14:01:42+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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