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Twitter, un anno con 280 caratteri: ecco come è andata

È passato un anno da quando Twitter ha aumentato il limite per ogni tweet ​da 140 a 280 caratteri.
Questo cambiamento era stato apportato dalla piattaforma per consentire ad ogni utente di Twitter di potersi esprimere liberamente in un solo tweet, mantenendo allo stesso tempo la velocità e la brevità.

Dopo un anno, ecco quali sono stati i cambiamenti dei tweet a 280 caratteri

● Più grazie e per favore
Da quando i caratteri di ogni tweet sono raddoppiati, c’è stato un incremento dell’utilizzo del “per favore” (+54%) e del “grazie” (+22%)!

● Si usano meno le abbreviazioni
Abbreviazioni come gr8 (-36%), ​​b4 (-13%) e sry (-5%) sono diminuite e al loro posto si utilizzano sempre più le parole per intero: great (+32%), before (+70%) e sorry (+31%).

● Twittare è più facile e Twitter continua ad essere breve
La lunghezza media dei tweet si mantiene corta – quando il limite era di 140 caratteri, si aggirava intorno ai 34 caratteri e con l’aumento a 280, è di circa 33. Storicamente, solo il 9% dei Tweet raggiungeva il limite di 140 e questo si rifletteva nella sfida di far entrare un pensiero, una riflessione in un solo tweet, con il risultato di modificarlo per adeguarsi ai limiti.

Con l’estensione a 280 caratteri, solo l’1% dei tweet in inglese raggiunge il limite di 280, il 12% dei tweet sono più lunghi di 140 e il 5% sono più lunghi di 190 caratteri.
A livello globale si è visto che il 6% dei tweet supera i 140 caratteri e il 3% va oltre i 190 caratteri. E’ meno difficile rientrare nei limiti di spazio e i tweet brevi rimangono i più comuni.

● Più domande e più conversazioni
Il numero di tweet con un punto interrogativo “?” ha visto un incremento del 30% e i tweet ricevono sempre più risposte.


Twitter, un anno con 280 caratteri: ecco come è andata - Ultima modifica: 2018-11-08T10:59:36+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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