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Il cloud è la nuova unità d’Italia, parola di Carnevale Maffè

Carlo Alberto Carnevale Maffè racconta la sua visione della nuvola. Lui è professore di Strategia e Politica Aziendale alla Bocconi, ma soprattutto è un visionario. Molti lo conoscono come @carloalberto su Twitter dove, in 140 caratteri, riesce a dare idee (e anche a sgridare i potenti).

È come una lingua comune: il cloud può fare una nuova unità d’Italia. Carlo Alberto Carnevale Maffè ha una visione illuminante della nuvola. “Il cloud è come un territorio condiviso virtuale. È la terra degli standard e può essere una nuova istituzione. Se le aziende italiane, la pubblica amministrazione e le associazioni andassero sul cloud, potrebbero comunicare tra di loro attraverso una nuova lingua digitale. Ci sarebbero dei vantaggi enormi dal punto di vista dell’interoperabilità, in quanto potrebbero condividere dati, processi e procedure. Così come un idioma o una moneta possono unificare una nazione, allo stesso modo il cloud, essendo uno standard, unifica un territorio, costringendo a parlare lo stesso linguaggio digitale. Pensate a TripAdvisor: è una straordinaria guida turistica di un paese perché è condivisa e accessibile a tutti e, in questo modo, diventa qualcosa di valore. Se le istituzioni, le strutture ricettive e le imprese salissero sulla nuvola, pensate quali sarebbero i benefici per il turismo. Gli enti, ad esempio, potrebbero organizzarsi in occasione dei picchi di presenza in una determinata zona, informandosi e trovando soluzioni alternative senza dover rincorrere gli eventi; ciò porterebbe a risparmi straordinari e a servizi migliori. A livello continentale, poi, una condivisione in cloud delle posizioni lavorative aperte in tutto il continente sarebbe uno strumento straordinario per il mondo del lavoro e darebbe un grande contribuito alla saldatura dell’unità d’Europa”.

Lei ha detto che le aziende salgono nel cloud per sottrazione di peso. Qual è la zavorra che devono abbandonare?
Senza dubbio i sistemi legacy. Il cloud è il territorio degli standard universali, dunque non si può pensare di adottarlo mantenendo sistemi iper-personalizzati, a meno di non voler perdere gran parte dei vantaggi più interessanti. Se un’azienda vuole continuare ad utilizzare la propria applicazione, sviluppata appositamente, perde la grande opportunità di ritrovarsi in un hub per la comunicazione e l’interoperabilità con il resto del mondo.

Quali sono i vantaggi insiti nella tecnologia cloud?
Il vantaggio principale è quello di essere in un getway di connessione globale. Non si tratta solo di virtualizzazione: il cloud non consiste nello spostare i server dalla propria cantina a quella di qualcun altro. Il vero significato è ritrovarsi al centro del crocevia mondiale dei processi. Essere nel cloud significa essere più vicini al mondo.

Quali sono invece i rischi collegati ad esso?
In realtà, non ci sono rischi se si sceglie bene il fornitore. L’unico è, appunto, dover dipendere da un provider, le cui soluzioni potrebbero non essere adeguate in termini di risposta. Bisogna valutare attentamente le varie offerte, in quanto si tratta di servizi che si pagano e bisogna pretenderne la qualità. Di certo, comparando il cloud con un server nella propria cantina, il primo è senza dubbio vincente.

Il cloud può migliorare la competitività?
Migliora certamente la competitività delle imprese, perché riduce i costi operativi, elimina gli investimenti in tecnologie a rapida obsolescenza e consente un risparmio enorme dal lato degli aggiornamenti e del training. Per definizione, nel cloud è sempre tutto aggiornato, perciò non bisogna preoccuparsi di aver installato una patch o una nuova release. Ma la cosa più significativa è il miglioramento di efficacia nelle relazioni con fornitori e clienti: il maggior interscambio delle informazioni rappresenta un vero passo in avanti, non come la posta certificata, che è retro-innovazione, o come la fatturazione elettronica, che riproduce gli stessi processi cartacei con sistemi digitali. La vera innovazione nella fatturazione si ha se un’azienda è in grado di recepire nei suoi sistemi la fattura nel momento in cui viene prodotta, ovvero se l’integrazione dei flussi economici è nativa. Bisogna capire che, per essere più competitivi, tutte le imprese devono integrare nel cloud la propria attività e così deve fare anche la Pa: solo allora c’è un salto di competitività nazionale.

Molti usano il cloud per “svuotare le cantine”, cioè per eliminare la confusa infrastruttura IT delle imprese…
Questo significa non sfruttare le potenzialità della tecnologia. Sono contrario alla migrazione come mera virtualizzazione dell’infrastruttura IT. Se si vuole fare davvero ordine, bisogna fermarsi e capire di cosa abbiamo davvero bisogno, buttare quello che non serve e poi mettere a posto. Quella nel cloud è un’ascensione che dev’essere sfruttata per ridisegnare i processi aziendali, capendo che si può rinunciare ad alcune cose e che certe applicazioni è meglio lasciarle ad altri. Esiste già Google Calendar: perché mai bisogna reinventarsi un altro sistema, solo per avere gli appuntamenti colorati con la sfumatura di viola che si preferisce?

Cosa deve fare un’azienda per trarre il massimo vantaggio dal cloud?
Mappare i processi informativi interni ed esterni, realizzare un business case per capire cosa vuole ottenere e valutare gli impatti economici ed organizzativi, considerando i miglioramenti in termini di efficacia rispetto all’utilizzo di sistemi standard.


Il cloud è la nuova unità d’Italia, parola di Carnevale Maffè - Ultima modifica: 2014-06-16T22:34:20+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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