Gli abbonati premium Spotify hanno toccato quota 83 milioni: lo rivelano i risultati finanziari pubblicati dal colosso svedese dello streaming musicale sul portale dedicato agli investitori. Si tratta di un incremento del 10% nel secondo trimestre rispetto ai primo trimestre 2018, con un salto del 40% anno su anno.
Numeri importanti anche quelli relativi a coloro che optano per il servizio gratuito (con l’inserimento di inserzioni pubblicitarie): 101 milioni di utenti, sempre su base mensile. Ciò nonostante, i risultati conseguiti per il segmento premium supera le previsioni degli analisti (82 milioni di utenti premium).
E ancora, gli utenti mensili base di Spotify – che lo scorso aprile ha debuttato alla Borsa di New York – hanno raggiunto quota 18 milioni: una crescita del 30% anno su anno garantita, in particolar modo, dai mercati emergenti (America Latina su tutti).
Il mercato dello streaming musicale ha in Spotify – piattaforma lanciata nell’ottobre 2008 dalla startup svedese Spotify AB – un vero e proprio punto di rifermento. A maggior ragione considerando, numeri alla mano, quanto sia convincente (anche) la sua formula premium. Una realtà in constante crescita che si rafforza nella competizione mondiale e nel confronto, in America, con quella che è, al momento, la sua rivale più temibile: Apple Music.
Un dato in particolare? Gli iscritti mensili al servizio a pagamento di Spotify sono oltre il doppio degli utenti paganti registrati dal servizio concorrente di Apple nel primo trimestre 2018 (40 milioni di abbonati ufficializzati nel mese di aprile).
Firmare accordi diretti con gli artisti non fa di Spotify un’etichetta musicale. A rimarcarlo è il CEO e cofondatore Daniel Ek, che nella call con gli investitori ha evidenziato: “Ottenere contenuti in licenza non fa di noi un’etichetta. Non stiamo operando come una realtà discografica né abbiamo interesse a diventare tale”.
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