L’intelligenza artificiale è sessista, gli algoritmi fanno discriminazione?

Il tema della disparità di genere non è certo una novità in campo tecnologico dove, anno dopo anno, le statistiche confermano il gender gap, a partire dall’educazione e dai tassi di accesso delle donne alle materie Stem fino alle posizioni di alto livello nelle aziende IT.

Se all’intelligenza artificiale diventa sessista

Intelligenza artificiale e Gender Gap

Alla parità di genere, che figurava come una delle sue due priorità globali già dal 2008, l’Unesco aveva dedicato nel 2019 una ricerca intitolata “I’d Blush if I Could: closing gender divides in digital skills through education” dove venivano delineate azioni urgenti da intraprendere per superare il disparità di genere nelle competenze digitali, anche in materia di AI. Il discorso sarebbe dovuto continuare con una conferenza lo scorso marzo, annullata poi a causa della pandemia.

Le riflessioni sul tema sono state quindi convogliate in un nuovo report che parte dalla constatazione, già emersa nella precedente ricerca, che i pregiudizi di genere riscontrati nei dataset, negli algoritmi e nei dispositivi di addestramento dell’AI hanno il potenziale di diffondere e rafforzare stereotipi di genere, che rischiano di emarginare ulteriormente le donne su scala globale con ripercussioni disastrose a livello economico, politico e sociale.

Intelligenza artificiale, rischi più alti per le donne

Secondo dati del Fondo Monetario Internazionale e dell’Institute for Women’s Policy Research le donne sono inoltre più esposte al rischio di rimanere senza lavoro a causa della sempre maggiore automazione portata dall’AI, con un impatto fortemente negativo sulla loro emancipazione economica. Ciononostante, non si può non riconoscere il potenziale che l’AI ha di essere parte essa stessa della soluzione, promuovendo l’uguaglianza di genere nelle nostre società.

Il tema è quanto mai urgente, si afferma nel report dell’Unesco: una volta che il fenomeno AI sarà esploso, sarà troppo tardi per affrontare le questioni relative all’uguaglianza di genere; la finestra di intervento è ora. Come primo passo bisogna inquadrare adeguatamente il panorama generale dell’AI e gli imperativi dell’uguaglianza di genere: è necessario cambiare la narrativa dell’Intelligenza Artificiale facendo emergere il lato “umano” di una tecnologia che è creata, diretta e controllata dagli esseri umani e che riflette la nostra società (insieme a tutti i suoi pregiudizi).

Insegnare all’AI la parità di genere

Al contempo è necessario stabilire una comprensione di base della parità di genere e di come essa possa essere promossa o ostacolata dalla nuova tecnologia. In un orizzonte in cui il grande pubblico è in gran parte inconsapevole dei modi in cui l’AI può influire sulla vita di ciascuno di noi, la triade awareness-education-skill è la chiave per promuovere uno sviluppo sostenibile anche dal punto di vista della parità di genere.

Bisogna aumentare la consapevolezza e l’alfabetizzazione tecnica sui temi dell’AI e al tempo stesso diffondere la conoscenza sulle questioni etiche in generale e della parità di genere in particolare, a tutti i livelli (dal personale del settore IT che progetta le soluzioni di AI, agli utenti di tali soluzioni fino a coloro che sono deputati allo sviluppo di politiche e regolamenti sull’AI) e anticipare i possibili effetti negativi della perdita di posti di lavoro con campagne di reskilling e formazione dedicate.

Se da più parti si invoca un approccio etico all’AI, non può non essere parte del discorso anche (e soprattutto) la parità di genere: serve un piano, si auspica nel report, che sia condiviso il più ampiamente possibile e coinvolga una molteplicità di stake-holder, pubblici e privati, che promuovano la diffusione e l’attuazione concreta di principi inclusivi nel campo dell’AI.

 


L’intelligenza artificiale è sessista, gli algoritmi fanno discriminazione? - Ultima modifica: 2021-01-06T13:24:18+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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