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Donald Trump contro i social media: Twitter e Snapchat lo abbandonano

Donald Trump contro i social e ora Twitter e Snapchat lo abbandonano.. L’8 novembre 2016 Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti d’America sorprendendo tutto il mondo. In pochi, forse nemmeno il partito repubblicano, si aspettavano l’exploit dell’impresario di New York.

Lo stupore è stato tale che ci sono stati processi e inchieste sul successo di Trump, accusato di aver sfruttato troll russi e altri metodi illegali per salire alla Casa Bianca. Il vero punto di forza della campagna dell’ex conduttore di The Apprentice sembra però essere stata la sua presenza sui social media, in particolare Facebook. Grazie a numerosi messaggi pubblicitari diretti e senza censura, Trump riuscì a creare un notevole seguito che lo portò alla vittoria. Durante la presidenza è stato invece Twitter il suo cavallo di battaglia, con status e affermazioni audaci che l’hanno reso ancora più famoso. Ora però l’idillio, o piuttosto lo sfruttamento a suo favore, fra social media e presidente americano pare arrivato alla conclusione. Facebook, Twitter e Snapchat sembrano voler chiudere i rapporti con Trump, ma la discussione sulla libertà di parola nel web e sulle concessioni di questo tipo di siti agli utenti è destinata a durare.

Trump e Twitter, la legge Section 230

Lo scontro di Trump con i social ha inizio su Twitter, in seguito alla decisione della società di Jack Dorsey di inserire un avvertimento su due tweet del presidente che utilizzavano false informazioni sul voto per posta, un argomento importante negli Usa in vista delle elezioni del novembre 2020 quando a causa del coronavirus molti americani voteranno via lettera. Per vendicarsi, l’inquilino della Casa Bianca ha firmato un ordine esecutivo che incoraggia a riesaminare uno scudo legale, noto come Section 230 del 1996, che permette alle società sul web di non essere legalmente responsabili di ciò che gli utenti pubblicano sulle piattaforme. Trattandole come semplici distributori e non come editori, la legge ha permesso a portali come Facebook, Twitter e Google di crescere a dismisura senza rischiare procedimenti legali; lasciando comunque loro la libertà di censurare o bloccare gli utenti, come capitato con Trump. Molti esperti hanno sottolineato l’impudenza del politico, furioso con i social solo ora che hanno provato a mettere fine alla diffusione di fake news da lui stesso divulgate.

Snapchat censura Trump

Dopo Twitter (che di recente ha bandito un video lanciato da Trump sull’omicidio di George Floyd postato senza copyright) è stato il turno di Snapchat: la piattaforma ha comunicato che non metterà più i filmati del presidente nella sezione Discover perchè “incitano alla violenza e al razzismo”. Una presa di posizione forte che pone le basi per una diatriba fra Silicon Valley e governo americano in grado di infiammare ancora di più la già fragile situazione statunitense.

I dubbi di Mark Zuckerberg riguardo Trump

Facebook non è intervenuta sui messaggi di Donald Trump sulla propria piattaforma, ma il Ceo Mark Zuckerberg ha voluto spiegare i motivi della scelta. “Ho pensato a come rispondere ai post del Presidente per tutto il giorno. Personalmente, ho una reazione viscerale negativa a questo tipo di retorica divisiva e infiammatoria. Questo momento richiede unità e calma, e abbiamo bisogno di empatia per le persone e le comunità che stanno soffrendo. La nostra posizione è quella di consentire la massima espressione possibile, a meno che non provochi un rischio imminente” ha scritto Zuckerberg in un post. Per ora è Twitter a portare avanti lo scontro, ma quando i giganti Facebook e Google scenderanno in campo il conflitto potrebbe diventare ancora più spinoso.

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Donald Trump contro i social media: Twitter e Snapchat lo abbandonano - Ultima modifica: 2020-06-06T13:20:07+00:00 da Andrea Indiano

Giornalista con la passione per il cinema e le innovazioni, attento alle tematiche ambientali, ha vissuto per anni a Los Angeles da dove ha collaborato con diverse testate italiane. Ha studiato a Venezia e in Giappone, autore dei libri "Hollywood Noir" e "Settology".

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