Il futuro del lavoro secondo il World Economic Forum

Il futuro del lavoro sarà caratterizzato da 30 milioni di robot, le previsioni, presentate al World Economic Forum di Davos nel Rapporto “The future of Jobs”, anticipano lo spostamento della robotica da un ambito scientifico alla vita di tutti i giorni. Entro il 2019 nelle nostre case saranno presenti non meno di 30 milioni di robot intelligenti, oltre ai circa 2,6 milioni impiegati nell’industria.

Di Antonella Tagliabue*

World Economic Forum the Future of Jobs

Sarà un processo graduale e non è detto che i robot saranno quelli che abbiamo visto nei film di fantascienza, ma sempre più avremo macchine che possono essere personalizzate in base alle esigenze di chi le utilizza.
E sempre più i robot svolgeranno lavori che attualmente sono in carico agli esseri umani.
Secondo il Rapporto “The future of Job” il 65% dei bambini che frequentano la scuola in questo momento sarà occupato con una professione che attualmente non esiste.

Robot lavoro futuro

Entro il 2020 si assisterà a una perdita di 7,1 milioni di posti di lavoro, soprattutto nei ruoli amministrativi, solo in parte compensata da 2 milioni di nuove occupazioni legate a tecnologia, matematica e ingegneria. Nei prossimi 15 anni le macchine sostituiranno l’uomo soprattutto nei settori dell’agricoltura, della pesca, della manifattura e del commercio.
Istruzione e salute, seppur sempre più automatizzate, non potranno fare a meno della presenza umana.

Come sarà il lavoro nel futuro

Ma cosa dovranno aspettarsi le nuove generazioni? Sempre a Davos un team composto da esperti di design digitale e formazione giovanile (Studio Akqa, i creativi Salt & Pepper e la Misk Golbal Foundation) con la collaborazione dell’artista Florian de Gesincourt hanno dato vita a sei opere che tentano di immaginare come saranno i lavori del futuro, come risultato di alcune riflessioni dedicate a interpretare i prossimi trend applicati alle nuove professioni.
L’idea alla base del progetto è che il futuro non sarà come quello profetizzato in Black Mirror, ossia non dovrà essere necessariamente distopico. Il tentativo è quello di riflettere su ciò che verrà in maniera positiva, senza pensare alle macchine come al nostro nemico.

I 6 lavori del futuro

In dettaglio i sei mestieri futuribili per le nuove generazioni.
1. “Landfill Recycler”, il riciclatore di discarica, un professionista in grado di selezionare tra i materiali buttati via quelli che in realtà possono essere ancora valorizzati, grazie al supporto di strumenti di analisi e tecnologie estrattive di avanguardia che trasformano i giacimenti di rifiuti in risorse di materiali inediti.
2. “Blockchain Banking Engineer”, l’ingegnere bancario delle blockchain, sarà un esperto della piattaforma sulla quale convergeranno la maggior parte delle transazioni monetarie. Si occuperà soprattutto di sicurezza proteggendo le transazioni da hacker e dai rischi dell’anonimato digitale.

3. “National Identity Conservationist”, il conservatore dell’identità nazionale, è un professionista a cui sarà affidato il compito di preservare il patrimonio di conoscenza e cultura di una nazione, attraverso l’uso di strumenti di conservazione digitale.

4. Il “Public Technolgy Ethicist”, l’esperto di etica della tecnologica pubblica, dovrà svolgere attività di ricerca per individuare quelle tecnologie che possono supportare la realizzazione di politiche pubbliche.
5. Il “Remote Robotic Surgeon”, il chirurgo robotico da remoto, è un medico in grado di operare a distanza grazie a dispositivi elettronici e allo standard mobile 5G, che arriverà nel 2020, che permetterà di intervenire in tempo reale e garantire assistenza sanitaria anche a chi vive in zone remote e periferiche.


6. “Superstructure Printer”, lo stampatore di superstrutture, è colui che consentirà l’utilizzo della stampa 3D per la realizzazione di oggetti di sempre maggiori dimensioni, inclusi interi edifici.

Robot lavoro e divario di genere

Ma le nuove tecnologie serviranno anche a ridurre il gap di genere tra uomo e donna per colmare il quale, sempre secondo il World Economic Forum, dovremmo aspettare fino al 2234?
I dati presentati a Davos evidenziano che la perdita di posti di lavoro legati all’automazione è collegata all’impiego femminile nel 57% dei casi, rendendo le quote rosa anche in questo campo più vulnerabili.
Senza formazione specifica le donne si troveranno dunque in una posizione svantaggiata rispetto agli uomini nell’affrontare l’industria 4.0.
Le discipline Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono attualmente dominate dagli uomini e la soluzione deve essere ricercata in una migliore informazione e formazione al momento di scegliere la propria carriera scolastica, oltre che in una maggiore integrazione tra materie scientifiche e scienze sociali, in modo da proporre un approccio multidisciplinare in entrambi i campi e per entrambi i sessi.

 

*Antonella Tagliabue: Amministratore delegato della società di consulenza strategica di Un-Guru, esperta di sviluppo sostenibile. Laureata in Scienze Politiche, con specializzazione in Storia e Istituzioni dell’America Latina. Si è occupata di comunicazione e marketing per multinazionali e gruppi italiani.  Da anni si occupa di Green Economy e di responsabilità sociale e ambientale d’impresa, insegna in corsi e master. “Penso che la sostenibilità debba essere una scelta, prima che un dovere, ma che debba essere strategica e, quindi, responsabile. Quando parlo del Pianeta lo faccio con la P maiuscola e credo che il rispetto per la vita in senso biologico debba essere un istinto”. Leggo, viaggio e scrivo per passione. Camus diceva:  “Sono contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione. Per questo pratico il dubbio, coltivo i miei difetti, cerco di sbagliare sulla base di ragionevoli certezze e mantengo un ottimismo ostinato”.


Il futuro del lavoro secondo il World Economic Forum - Ultima modifica: 2018-03-21T07:26:07+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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