Il LinkedIn Global Gender Gap Report 2025 ci consegna una fotografia tanto nitida quanto allarmante del panorama lavorativo contemporaneo: per il terzo anno consecutivo, il tasso di assunzione di donne in posizioni di leadership è in calo, riportandoci indietro di cinque anni a livello globale. In Italia, questo regresso si materializza in un -1,2%, una battuta d’arresto che spezza la traiettoria positiva registrata tra il 2015 e il 2021.
Ma il dato più inquietante? Non si tratta di un fenomeno isolato alla leadership. La presenza femminile nell’intera forza lavoro è stagnante, un segnale preoccupante per economie che puntano sulla crescita e sull’innovazione.
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Nonostante le donne rappresentino quasi la metà della forza lavoro globale – con un incremento graduale del 2% negli ultimi nove anni (2015-2024) – occupano oggi meno di un terzo dei ruoli di leadership e top management. La percentuale si è cristallizzata al 30,9% nel 2024, senza alcun miglioramento rispetto al 2023.
Il paradosso emerge chiaramente dai dati sulle assunzioni: mentre nel 2024 le donne hanno costituito il 51% delle assunzioni totali, solo il 33% delle assunzioni in ruoli di leadership ha coinvolto talento femminile. Un divario del 16% che evidenzia come il “tubo che perde” – per usare una metafora cara agli esperti di diversity – si allarghi proprio nei passaggi cruciali verso i vertici aziendali.
Il timing di questa inversione di tendenza non potrebbe essere più ironico. Viviamo in un momento di svolta economica cruciale determinata dall’intelligenza artificiale, e le competenze richieste dalla nuova economia sembrano giocare a favore delle donne:
Tra il 2019 e il 2024, è più che raddoppiato il numero di leader con esperienze trasversali tra settori, funzioni e aziende. Questa diversità di percorsi professionali non è più vista come instabilità, ma come un asset strategico in tempi di rapido cambiamento. E qui arriva il dato rivelatore: le donne hanno il 35% di probabilità in più rispetto agli uomini di possedere questo tipo di esperienza multidimensionale.
L’integrazione dell’AI nei contesti lavorativi richiede competenze umane che le donne tendono a padroneggiare naturalmente: comunicazione, lavoro di squadra, creatività ed empatia. Paradossalmente, mentre l’economia riconosce sempre più il valore di queste soft skills, continuiamo a escludere chi le possiede in maggior misura dai ruoli decisionali.
L’analisi per settori rivela scenari ancora più preoccupanti:
I settori della vergogna:
Questi dati sono particolarmente significativi perché dimostrano che anche nei settori più moderni e orientati all’innovazione persistono barriere invisibili nei processi di promozione e leadership.
L’analisi generazionale rivela una dinamica complessa e per certi versi controintuitiva:
Il LinkedIn Global Gender Gap Report 2025 mostra che la rappresentanza complessiva delle donne aumenta con le generazioni più giovani, il divario tra presenza generale e leadership si comporta in modo non uniforme. In Italia, contrariamente al resto del mondo, sono proprio Boomer e Gen X a mostrare un divario più ridotto, suggerendo che le nuove generazioni potrebbero incontrare ostacoli più sottili ma più pervasivi.
I dati sull’istruzione smantellano il mito secondo cui basta avere le qualifiche giuste per accedere ai ruoli apicali:
Paradossalmente, le donne più qualificate (magistrale e diploma superiore) affrontano il calo più significativo nell’accesso alla leadership, pari al -33%.
“Il gender gap non è solo una questione di rappresentanza: è un segnale d’allarme per la tenuta del nostro sistema economico“, sottolinea Francesca Lanzara, Large Enterprise Account Director di LinkedIn Italia. La sua analisi va dritta al cuore del problema: “Se le donne continuano a incontrare barriere invisibili nell’accesso ai ruoli apicali, perdiamo non solo talento, ma anche visione, innovazione e competitività“.
La soluzione, secondo Lanzara, passa attraverso tre pilastri fondamentali:
Il LinkedIn Global Gender Gap Report 2025 prevede una progressiva adozione del modello “Skill-First”, una cultura aziendale che premia le competenze piuttosto che il tradizionale percorso accademico o il job title. Questo approccio, focalizzato su reskilling e upskilling, potrebbe finalmente livellare il campo di gioco.
Le implicazioni sono rivoluzionarie: in un mondo dove le competenze contano più dei titoli, le donne – con i loro percorsi di carriera più vari e le loro human skills più sviluppate – potrebbero finalmente vedere riconosciuto il loro valore.
I dati del LinkedIn Global Gender Gap Report 2025 ci pongono di fronte a una scelta strategica cruciale. Siamo all’alba di una transizione generazionale verso l’AI che richiede esattamente le competenze in cui le donne eccellono, eppure continuiamo a escluderle sistematicamente dai ruoli decisionali.
Escludere le donne dalle posizioni di leadership non è solo ingiusto – è economicamente suicida. Significa rinunciare volontariamente al talento, alla diversità di pensiero e alle competenze umane che saranno decisive per navigare la complessità del futuro.
Il LinkedIn Global Gender Gap Report 2025 non è solo un’analisi sociologica – è un alert economico. Ci troviamo di fronte a un’opportunità generazionale: l’AI sta ridisegnando le regole del gioco economico, e le competenze richieste giocano oggettivamente a favore delle donne.
Non possiamo permetterci di sprecare questo momento. Ogni giorno di ritardo nella correzione del gender gap è un giorno in cui rinunciamo a competitività, innovazione e crescita.
La domanda non è se possiamo permetterci di investire nella parità di genere, ma se possiamo permetterci di non farlo.
Il futuro dell’economia è skill-first. È ora che anche le nostre organizzazioni lo diventino.
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