Negli scavi di Pompei è in corso l’adozione stabile di sistemi basati su AI e robotica per la ricomposizione degli affreschi conservati nei depositi. Il noto parco archeologico della provincia di Napoli ha di recente completato il progetto RePAIR (https://www.repairproject.eu), primo sistema al mondo di ricomposizione automatica di affreschi romani frammentati mediante robotica e intelligenza artificiale. Sviluppato tra il 2021 e novembre 2025 nell’ambito del programma Horizon 2020 dell’Unione Europea, RePAIR ha prodotto un robot antropomorfo a doppio braccio equipaggiato con pinze soft di due dimensioni intercambiabili, sensori di forza e un sistema di visione 3D ad alta risoluzione che combina fotogrammetria e luce strutturata. L’infrastruttura è affiancata da un sistema di visione artificiale che acquisisce immagini ad alta risoluzione dei frammenti e ne ricava dati geometrici, cromatici e materici. L’AI elabora queste informazioni per calcolare combinazioni probabili tra i bordi, valutare gli allineamenti e produrre ipotesi di ricostruzione.
L’intelligenza artificiale in uso a Pompei, basata su reti neurali convoluzionali e algoritmi di graph matching, analizza simultaneamente colore e illuminazione, micro-texture dell’intonaco, geometria delle superfici di frattura e pattern decorativi, proponendo abbinamenti con un’accuratezza superiore al 92% anche in presenza di frammenti eterogenei, pezzi mancanti o senza immagine di riferimento. Il cuore operativo è stato allestito in un casale rustico ristrutturato lungo via dell’Abbondanza, all’interno degli scavi rimasti dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Qui il sistema è stato validato su frammenti reali e repliche stampate in 3D di affreschi provenienti dal soffitto della Casa dei Pittori al Lavoro, dalla Schola Armaturarum crollata nel 2010 e da depositi danneggiati dai bombardamenti del 1943. La produzione delle repliche tramite fresatura e stampa 3D ha consentito la manipolazione robotica senza rischio per gli originali. I risultati quantitativi registrati a novembre 2025 indicano che un gruppo di 30-40 frammenti viene ricomposto fisicamente in 4-6 ore con precisione di posizionamento di ±0,15 mm, contro le 3-4 settimane richieste dal lavoro manuale tradizionale. Sono stati scansionati e indicizzati oltre 25.000 frammenti, creando un database georeferenziato consultabile per future campagne di restauro.
Il progetto, coordinato dall’Università Ca’ Foscari Venezia, ha visto la collaborazione dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, della Ben-Gurion University of the Negev, delle università di Lisbona e RWTH Aachen e della Fondazione IIT. Il prototipo robotico rimarrà installato permanentemente nel laboratorio di Pompei e sarà impiegato nei prossimi interventi sugli affreschi. “Il futuro dell’archeologia presuppone un uso eticamente corretto dell’intelligenza artificiale. È una grande sfida – spiega il direttore del Parco Archeologico, Gabriel Zuchtriegel – L’AI ci aiuta ad affrontare la complessità dei materiali archeologici, e in futuro avrà un ruolo centrale nell’archeologia, se pensiamo anche alle quantità di dati che emergono negli scavi di archeologia preventiva su cantieri in tutta Italia”. Pompei diventa così il primo sito archeologico al mondo a disporre di una stazione robotica stabile per la ricomposizione fisica di pitture parietali, riducendo tempi, costi e rischi.
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