La questione della tracciabilità dei dispositivi e all’uso delle app e delle piattaforme digitali al fine di contenere i contagi da Coronavirus è uno degli argomenti caldi delle ultime due settimane. Sentiremo parlare sempre più spesso quindi di data tracing. Un sistema di tracciamento. Uno strumento per tenere traccia degli utilizzatori di un servizio finalizzato alla profilazione di un utente. Nello specifico un utente affetto da COVID-19.
In merito alla questione era già intervenuto il Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, per il suo posizionamento a favore dell’uso proporzionato, temporaneo, specifico e responsabile della tecnologia. Anche di quella più sensibile, per tracciare e contenere i contagi da coronavirus, nel pieno rispetto della Costituzione, del Gdpr e del Codice Privacy.
E’ attesa però ora entro il 15 aprile la strategia europea sul data tracing. È quanto ha reso noto la Commissione Ue che dunque annuncia un approccio “pan-europeo” alla questione della tracciabilità dei dispositivi. Le nuove misure prevedono l’interoperabilità delle soluzioni nei 27 Stati membri tenendo dunque conto delle movimentazioni e in particolare della “fase 2”, quella del post-emergenza. E non si esclude la messa a punto di un’unica app europea da utilizzate in tutti i Paesi. Il nodo resta però quello della privacy anche in considerazione delle diverse normative in vigore a livello nazionale.
L’Europa sta però affrontando la delicata questione dell’eventuale violazione della privacy attraverso le app. Numerosi i dati e le informazioni che verrebbero generate partendo dalla movimentazione dei cittadini. In alcuni paesi, il monitoraggio delle persone basato sulla geolocalizzazione e la centralizzazione dei dati sensibili, “solleva domande dal punto di vista di numerosi diritti e libertà fondamentali”.
Da poco intervenuta su Digitalic, con un’intervista esclusiva rilasciata in merito all’argomento tecnologia in aiuto del contenimento dei contagi da coronavirus, il ministro dell’Innovazione Paola Pisano ha parlato in un audizione alla Camera del delicato argomento data tracing. “Un’app da scaricare sullo smartphone solo se lo si vuole. E in totale garanzia di anonimato. Nessun obbligo dunque e nessuna identificazione dei cittadini“.
Il ministro ha parlato di sette condizioni fondamentali: su tutte, “la volontarietà della partecipazione”. Indispensabile inoltre “che il singolo possa confidare nella trasparenza e nella correttezza delle caratteristiche del servizio nonché nell‘assenza del perseguimento di scopi ulteriori e incompatibili con la finalità di prevenzione sanitaria”. Il sistema di contact tracing va “gestito da uno o più soggetti pubblici” e il codice deve essere aperto “e suscettibile di revisione da qualunque soggetto indipendente voglia studiarlo”. I dati trattati “ai fini dell’esercizio del sistema vanno resi sufficientemente anonimi da impedire l’identificazione dell’interessato”.
Inoltre “tutti i dati ovunque e in qualunque forma conservati, con l’eccezione di dati aggregati e pienamente anonimi a fini di ricerca o statistici vanno cancellati con conseguente garanzia assoluta per tutti i cittadini di ritrovarsi, dinanzi a soggetti pubblici e privati, nella medesima condizione nella quale si trovavano in epoca anteriore all’utilizzo della app di contact tracing”.
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