Apprendiamo con scalpore e anche lecita interrogazione, che sabato 25 gennaio in molte città del mondo si di dirà no al 5G. Una Giornata Mondiale contro le future tecnologie e gli standard di quinta generazione. E si dice, sarà la prima di molte che seguiranno. Numerose, le città italiane coinvolte in questa protesta. Torino, Bologna, Genova, Ravenna, Prato. E poi nel mondo, Tokyo, New York e Sydney. Sabato, dunque, in tantissime parti del pianeta molte persone si riuniranno per protestare contro il 5G, la sua diffusione e le sperimentazioni tecniche.
Il concept principale della protesta? Una minaccia alla vita sulla Terra. Ritenuta più immediata del cambiamento climatico. “Se vogliamo che i nostri figli abbiano futuro a sufficienza per combattere il cambiamento climatico, la nostra società deve smettere di far finta che le onde radio siano innocue e che la tecnologia wireless sia sicura. Non lo è“.
La posizione dei comitati “Stop 5G” (numerosissimi e in cerca di firme) è molto più profonda e parte dalla premessa che tutti gli altri (giornalisti, scienziati, medici, divulgatori, tecnici, politici, etc) stiano mentendo e nascondendo volontariamente la verità.
“Le società di telecomunicazioni di tutto il mondo, con il sostegno dei governi, sono in procinto di lanciare la rete wireless di quinta generazione (5G) nei prossimi due anni. Destinato ad essere un cambiamento sociale senza precedenti su scala globale. Avremo case “intelligenti”, imprese “intelligenti”, autostrade “intelligenti”, città “intelligenti” e auto a guida autonoma. Praticamente tutto ciò che possediamo e acquistiamo, dai frigoriferi e lavatrici ai cartoni del latte, spazzole per capelli e pannolini per bambini, conterrà antenne e microchip e sarà collegato in modalità wireless a Internet. Ogni persona sulla Terra avrà accesso immediato alle comunicazioni wireless ad altissima velocità e bassa latenza da qualsiasi punto del pianeta, anche nelle foreste pluviali, nell’oceano centrale e nell’Antartico. Ciò che non è ampiamente riconosciuto è che questo comporterà anche un cambiamento ambientale senza precedenti su scala globale. La densità pianificata dei trasmettitori di radiofrequenze è impossibile da prevedere. Oltre a milioni di nuove stazioni base 5G sulla Terra e 20.000 nuovi satelliti nello spazio, 200 miliardi di oggetti trasmittenti, secondo le stime, faranno parte dell’Internet of Things entro il 2020″.
“Il 5G comporterà un massiccio aumento dell’esposizione inevitabile e involontaria alle radiazioni wireless. La tecnologia 5G, quando completamente implementata, utilizzerà onde millimetriche, che sono scarsamente trasmesse attraverso materiale solido. Ciò richiederà ad ogni vettore di installare stazioni base ogni 100 metri in ogni area urbana del mondo. A differenza delle generazioni precedenti di tecnologia wireless, in cui una singola antenna trasmette su una vasta area, le stazioni base 5G e i dispositivi 5G avranno più antenne disposte in “array graduali” che lavorano insieme per emettere focalizzati, orientabili, raggi laser che si tracciano l’un l’altro.
In sostanza i comitati “Stop5G” sparsi per il mondo fanno affidamento alla classificazione delle radiazioni da radiofrequenze dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel gruppo 2B, ossia i “possibili cancerogeni per l’uomo”. Tra le altre cose che, secondo tale classificazione, potrebbero essere possibili cancerogeni, a titolo di esempio, fare il parrucchiere, bere il caffè e mangiare sottaceti.
Nel gruppo di cancerogeni per l’uomo (2B) nel caso di esposizione dai telefoni cellulari si parla di evidenze “limitate”. Le prove sono invece “inadeguate” nel caso di esposizione professionale o ambientale alle radiazioni da radiofrequenze. Nel caso degli animali, ci sono “limitate” evidenze per tutti e tre i campi.
Soprattutto in Italia, le proteste anti-5G ritengono che la sperimentazione degli operatori debba essere fermata: “sperimentare” una nuova tecnologia senza prima conoscerne gli effetti sulla salute, dicono i sostenitori del no al 5G, è follia e trasforma i cittadini in cavie. Ma la sperimentazione in Italia riguarda l’aspetto tecnico e le future applicazioni della quinta generazione di reti mobili: ambulanze connesse e droni pilotati da remoto, per esempio.
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