«Molti credono che l’AI sia la strategia: basta usarla e tutto si risolve. Non è così: l’intelligenza artificiale deve diventare parte della strategia, non la sua sostituta», afferma Stefano Zingoni, Innovation & Marketing Director, direttore BU Innovability del Gruppo E.
Da questa consapevolezza prende forma l’approccio del Gruppo E, che ha scelto di costruire una piattaforma proprietaria, servizi consulenziali e programmi di formazione per accompagnare le imprese lungo un percorso di adozione dell’AI concreto mettendo anche a frutto la propria profonda esperienza nelle infrastrutture e nella cybersecurity.
«Ci siamo resi conto che ancora molte aziende hanno una conoscenza superficiale dell’AI», racconta Stefano Zingoni. «Molti si fermano al prompt: si fa una domanda si riceve una riposta, invece l’AI è molto altro e ci sono diversi livelli di utilizzo, di sicurezza, di efficacia”.
Stefano Zingoni, Innovation and Marketing Director del Gruppo E
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Due anni fa l’ingresso del Gruppo E nell’intelligenza artificiale è stato quasi un atto di coraggio – ricorda Luca Palma, AI Executive Advisor del Gruppo E . «Abbiamo investito in Memori quando i modelli erano ancora limitati e il mercato scettico. Quella fase ci ha insegnato molto: abbiamo capito che l’AI non sarebbe rimasta nei laboratori, avrebbe trasformato il business delle aziende».
Da quell’intuizione è nata una proposition unica, basata su una piattaforma proprietaria che non si limita a rivendere tecnologie di terzi, ma funge da orchestratore e creatore di agenti AI. «Il cuore della nostra offerta è la possibilità di modellare gli agenti sull’azienda, non viceversa» spiega Palma. «Non vogliamo il lock-in, ma una grande flessibilità: per questo puntiamo su open source e personalizzazione, così che l’AI possa evolvere insieme ai processi dei clienti».
Il filo conduttore di tutti i progetti è la formazione. «Per noi la formazione è il vero punto di ingresso» spiega Stefano Zingoni. «Non è un passaggio accessorio, ma la condizione necessaria perché un progetto AI abbia successo. La formazione crea un linguaggio comune con i clienti, permette di allineare obiettivi e competenze, di capire cosa l’AI può fare davvero e cosa invece resta fuori dalla sua portata. È qui che si settano le aspettative: senza questo lavoro preliminare, il rischio è che l’AI venga percepita come una bacchetta magica e, inevitabilmente, come una delusione. Con la formazione, invece, diventa uno strumento concreto, che si inserisce nei processi e li potenzia. È la differenza tra chi sperimenta un prototipo e si ferma, e chi riesce a scalare fino alla produzione.» Palma conferma: «Un progetto senza formazione dura poco perché non basta l’entusiasmo iniziale, serve una cultura aziendale dell’AI. Non a caso, uno studio MIT dice che il 95% dei progetti AI non supera la fase di POC. Noi lavoriamo per far parte di quel 5% che arriva in produzione».
Per questo è nata l’AI Academy del Gruppo E, che accompagna manager, team tecnici e utenti finali. Dai workshop strategici al training sugli agenti, fino all’onboarding per gli impiegati, l’obiettivo è sempre lo stesso: trasformare l’AI da esperimento a capacità diffusa in azienda.
Luca Palma, AI Executive Advisor del Gruppo E
Il Gruppo E ha mappato un percorso chiaro per le aziende che definisce cinque livelli di adozione dell’AI. «Il 90% delle aziende è ancora ai primi due livelli», osserva Palma. «Usano strumenti consumer gratuiti, senza controllo sui dati: l’operatore, il dipendente per correggere la mail, per analizzare un documento, per creare un documento, per fare dei PowerPoint si rivolge a strumenti web, senza nessun controllo da parte dell’azienda, nessuna verifica da parte dell’IT, nessuna sicurezza sui dati di partenza. Sono modalità consumer che vengono prestate al business».
I cinque livelli definiti dal Gruppo E sono:
«Noi cerchiamo di portare le imprese dalla fase tre alla cinque attraverso piattaforme enterprise, agenti proprietari, governance, fino a modelli addestrati sui dati aziendali», continua Palma. «Solo così l’AI diventa davvero parte del core business con l’affidabilità necessaria a quel tipo di applicazioni».
Pensare di costruire l’AI enterprise usando strumenti generalisti è come leggere un libro su uno schermo retroilluminato» spiega Luca Palma. «Si può fare, ma chi ha provato un dispositivo e-paper appositamente studiato per quello sa che è un’altra esperienza: più fluida, meno stancante, pensata esattamente per quel compito. Allo stesso modo, per l’AI nelle aziende servono piattaforme dedicate, progettate per addestrare agenti e governare i dati. Solo così la tecnologia smette di essere un gadget e diventa un vero strumento di lavoro.»
C’è poi un altro terreno dove il Gruppo E può fare la differenza è quello della sicurezza. «L’AI apre a nuove minacce: dal data poisoning ai prompt malevoli» avverte Zingoni. «Serve proteggere non solo i dati, ma anche gli agenti stessi. Noi siamo nati nel mondo delle infrastrutture e nella cybersecurity: questo background è la garanzia che l’AI venga progettata con security by design».
La compliance è l’altro pilastro. «L’AI Act non è un ostacolo, è un vantaggio competitivo» afferma Palma. «Le aziende che oggi adottano soluzioni conformi saranno quelle che domani scaleranno più facilmente. Per questo integriamo i requisiti normativi fin dall’inizio dei progetti».
Il messaggio del Gruppo E è chiaro: l’AI non è un gadget, né un’utopia. «Ogni mattina l’AI ci rimette in gioco» conclude Zingoni. «Ogni volta che pensi di aver capito tutto, nasce un nuovo scenario. È faticoso, ma anche entusiasmante. Perché in questo continuo reinventarsi c’è l’opportunità di creare valore vero. Noi siamo qui per fare questo percorso insieme ai clienti, con trasparenza e concretezza: Se il passato è la leva per il futuro, il presente è il Gruppo E, che sa mettere insieme la storia delle aziende e l’innovazione dell’intelligenza artificiale”
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