L’AI Initiative+ della Cina (全面贯彻新发展理念 做强做优做大数字经济), il cui nome completo si traduce in “Attuare pienamente il nuovo concetto di sviluppo, rafforzare, migliorare e ampliare l’economia digitale” è il più grande progetto mai ideato per ridisegnare la società intorno all’AI. Mentre l’Occidente dibatte sull’etica dell’IA, sulla possibile perdita di posti di lavoro e mentre l’Europa crea leggi per controllare preventivamente la moralità delle AI la Cina lancia la sua iniziativa più ambiziosa, un piano che va ben oltre la tecnologia. È una dichiarazione di intenti geopolitica, un modello di governance e uno specchio dei valori culturali più profondi del Dragone. Il segno “+” suggerisce che l’AI deve essere ibridata con altri settori strategici (manifattura, finanza, agricoltura, sanità, trasporti) anziché essere un ambito separato. L’obiettivo è che l’AI diventi parte integrante dei processi produttivi e decisionali, non un “modulo a sé stante. L’obiettivo non è semplicemente che ci siano “alcune grandi eccellenze”, ma puntare a una penetrazione massiva: che l’AI diventi un’infrastruttura quasi onnipresente. ad esempio si ipotizza che l’uso dell’AI arrivi a coprire fino al 90 % dell’economia entro il 2030.
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Al di là delle dichiarazioni è importante capire la portata concreta di questo straordinario investimento sull’AI della Cina. A differenza di molte normative occidentali l’AI Initiative+ si distingue proprio perché introduce metriche concrete e misurabili sull’evoluzione che deve avere l’AI in Cina, non è una dichiarazione di principio, è un piano dettagliato.
A differenza di molti documenti strategici occidentali, ricchi di principi ma poveri di metriche, l’AI Initiative+ cinese è estremamente concreto. Secondo l’approccio Cinese il successo non è un’idea astratta, ma un traguardo misurabile. Ecco i KPI (Key Performance Indicator) più significativi:
1. Investimenti in R&S sul PIL: L’obiettivo è aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo sull’intelligenza artificiale fino a rappresentare una percentuale significativa del PIL nazionale. Non si tratta solo di soldi pubblici, ma di dirigere gli investimenti privati verso settori “vincitori” designati dal governo.
2. Dimensione del mercato interno dell’AI: La Cina punta a far crescere il suo mercato centrale dell’AI a oltre 1.000 miliardi di RMB (circa 150 miliardi di dollari) entro il 2030. Questo numero è una misura diretta della vitalità dell’ecosistema industriale.
3. Numero di brevetti e paper accademici: La Cina vuole diventare il leader mondiale per numero di brevetti e pubblicazioni scientifiche nel campo dell’AI. Questo non è solo un indicatore di innovazione, ma uno strumento per costruire “muraglie di brevetti” che proteggano la sua sovranità tecnologica.
4. Penetrazione in settori chiave: Il piano stabilisce target precisi per l’adozione dell’AI in settori strategici e queste percentuali non sono scelte a caso. Rispecchiano una pianificazione meticolosa:
1. Smart Manufacturing (70% entro il 2025): Questo è il cuore della strategia “Fabbrica Cina 2025”. L’obiettivo è rendere il settore manifatturiero cinese non solo più efficiente, ma anche più flessibile e a valore aggiunto. Una penetrazione del 70% nelle medie e grandi imprese significa di fatto la trasformazione totale del tessuto industriale core del paese.
2. Smart Cities (90% entro il 2030): Un obiettivo altissimo che conferma come l’IA sia vista principalmente come uno strumento di governance e controllo sociale. Una città “intelligente” in Cina significa un sistema integrato di sorveglianza (con riconoscimento facciale e comportamentale), gestione intelligente del traffico per ridurre la congestione, e ottimizzazione dei consumi energetici. Il 90% di copertura equivale a un controllo capillare su quasi tutta la popolazione urbana.
3. Sanità Digitale (50% entro il 2025): Obiettivo pragmatico per un settore complesso. La Cina deve gestire un sistema sanitario sotto stress per una popolazione enorme e che invecchia. L’IA per la diagnostica (ad esempio, nella lettura di TAC e risonanze magnetiche) è un moltiplicatore di forza per i radiologi, permettendo di servire più pazienti con maggiore precisione. Il 50% è un traguardo ambizioso ma realistico, che punta a standardizzare la qualità delle cure negli ospedali più importanti.
4. Agricoltura Digitale (25% entro il 2025): Potrebbe sembrare basso, ma è estremamente significativo. L’agricoltura cinese è ancora in gran parte frammentata. Questo obiettivo non è per il piccolo contadino, ma per le grandi aziende agricole statali e le cooperative modello. L’idea è creare dei “campioni” high-tech che dimostrino l’efficacia e, nel tempo, trainino l’intero settore.
La vera forza di questo piano non sta solo nei suoi numeri, ma nel suo profondo allineamento con i principi cardine della cultura e della governance cinese.
Armonia e Stabilità Sociale (和谐社会, Héxié Shèhuì): Questo è il principio supremo. L’AI è vista come uno strumento per garantire l’ordine e prevenire il caos. I sistemi di sorveglianza di massa con riconoscimento facciale, spesso criticati in Occidente, sono presentati in Cina come garanzia di sicurezza e “armonia” per la collettività. L’AI Governance cinese serve a questo: non a proteggere l’individuo, ma a proteggere la società dall’individuo destabilizzante.
Pensiero a lungo termine e piano collettivo: La cultura cinese, influenzata dal Confucianesimo, valorizza la pianificazione e il bene collettivo sul successo individuale immediato. L’AI Initiative+ è un classico esempio di questa visione: un piano di 15 anni che mobilita l’intera nazione verso un obiettivo comune, la leadership tecnologica, sacrificando se necessario le libertà individuali a breve termine.
Meritocrazia e gerarchia (儒家, Rújiā): Il sistema politico cinese, fortemente gerarchico e centralizzato, è perfetto per implementare un piano top-down come l’AI Initiative+. Il governo centrale detta la direzione, e le aziende private (come Alibaba, Tencent, Baidu) sono incoraggiate a seguirla, in uno schema di comando e controlloche ricorda la struttura familiare e sociale confuciana.
La Cina ha fissato un obiettivo ambizioso con l’AI Initiative+: far crescere il mercato nazionale dell’intelligenza artificiale fino a superare i 1.500 miliardi di RMB, circa 220 miliardi di dollari, entro il 2030. Per raggiungere questa soglia, sarà necessario mettere in campo un volume di investimenti pubblici e privati di gran lunga superiore rispetto a quanto visto finora. È un impegno di scala nazionale che coinvolge il governo centrale, le amministrazioni locali, i fondi sovrani e l’intero ecosistema del venture capital.
Al centro di questa strategia c’è il Fondo Nazionale per lo Sviluppo dell’Industria dell’AI, il principale strumento di investimento varato da Pechino. La prima tranche è partita con circa 100 miliardi di RMB, poco più di 14 miliardi di dollari, destinati a sostenere sia le cosiddette “aziende campione” come le startup innovative nei settori più sensibili, dai chip alla robotica. Parte di queste risorse è stata convogliata anche verso i grandi progetti di ricerca, come la rete dei laboratori nazionali sull’intelligenza artificiale. Il caso più noto è quello del Beijing Academy of Artificial Intelligence, che ha beneficiato di un finanziamento iniziale di 2,1 miliardi di RMB, circa 300 milioni di dollari. Strutture simili sono state inaugurate anche a Shanghai, Shenzhen e Hangzhou, a testimonianza di una volontà di creare poli di eccellenza distribuiti sul territorio.
Ma se il governo centrale fissa la rotta, sono i governi locali a spingere sull’acceleratore. Province e grandi città competono tra loro a colpi di fondi dedicati e incentivi mirati. Il totale di queste iniziative supera i 500 miliardi di RMB, circa 70 miliardi di dollari, a cui si sommano gli investimenti privati catalizzati dai piani regionali. Tianjin, ad esempio, ha varato un fondo da 16 miliardi di RMB per attrarre aziende del settore, mentre Shanghai punta a investire 60 miliardi per costruire un ecosistema di IA di respiro mondiale.
Accanto agli investimenti diretti, il governo utilizza un mix di stimoli e vincoli per orientare le risorse private. Attraverso gli appalti pubblici, Pechino si conferma il più grande acquirente di tecnologia: miliardi di RMB vengono spesi ogni anno per dotare il Paese di sistemi di sorveglianza intelligente, infrastrutture per le smart city, soluzioni di sanità digitale e fabbriche connesse. Questo meccanismo garantisce alle imprese un mercato stabile, riducendo l’incertezza sugli sbocchi commerciali. Parallelamente, le aziende riconosciute come strategiche beneficiano di sussidi diretti, prestiti agevolati e agevolazioni fiscali, che abbattono drasticamente i costi del capitale e favoriscono la crescita rapida.
Un ruolo chiave è svolto anche dai fondi sovrani, che fungono da bussola per il venture capital. Basti pensare al China Integrated Circuit Industry Investment Fund, noto come “Big Fund”, strettamente connesso allo sviluppo dell’IA: tra la prima e la seconda fase ha raccolto oltre 200 miliardi di RMB, inviando un chiaro segnale a investitori privati cinesi e internazionali. In questo modo, lo Stato non solo finanzia direttamente le sue priorità, ma orienta indirettamente il flusso di capitali verso i settori che considera vitali per il futuro tecnologico ed economico del Paese.
Settore Target | Obiettivo di Penetrazione (%) | Scadenza (Anno) | Note |
---|---|---|---|
Manifatturiero Intelligente (Smart Manufacturing) | > 70% | 2025 | Obiettivo riferito all’adozione di tecnologie IA (es: visione computerizzata, digital twin) nelle linee di produzione delle grandi e medie imprese. |
Città Intelligenti (Smart Cities) | > 90% | 2030 | Percentuale di città di livello prefetturale e superiore che integrano piattaforme IA centrali per la gestione del traffico, sicurezza pubblica e servizi. |
Sanità Digitale (Digital Health) | ~ 50% | 2025 | Adozione di strumenti di diagnostica assistita dall’IA (AI-assisted diagnosis) negli ospedali di livello 2 e superiore. |
Veicoli Connessi e Autonomi (New Energy Vehicles) | > 70% | 2025 | Penetrazione di componenti “intelligenti” e sistemi di guida assistita (L2/L3) nei nuovi veicoli prodotti. |
Agricoltura Digitale (Digital Agriculture) | > 25% | 2025 | Utilizzo di droni, sensori IoT e analisi predittiva basata su IA nelle grandi aziende agricole e cooperative modello. |
Reti 5G e IoT | N/A (Obiettivo infrastrutturale) | 2025 | Oltre 10 milioni di stazioni base 5G. Centinaia di milioni di connessioni IoT industriali. Non una % ma la base abilitante. |
La Cina ha scelto una strada diversa rispetto agli Stati Uniti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale con ala sua AI Initatiative+. Mentre in Occidente i modelli più avanzati vengono custoditi come prodotti proprietari, accessibili attraverso API e servizi a pagamento, diverse aziende cinesi hanno iniziato a rilasciare versioni open source.
Secondo l’Economist, questa scelta ha una logica precisa. Aprire i modelli significa creare un ecosistema più ampio, che non si limita alle grandi aziende ma include università, startup e sviluppatori indipendenti. La disponibilità del codice e dei pesi dei modelli facilita l’adozione, accelera l’adattamento a contesti specifici e riduce la dipendenza da piattaforme occidentali molto vincolanti.
L’impatto non è solo tecnico. Sul piano geopolitico, i modelli aperti diventano uno strumento di influenza. Per i Paesi emergenti, che non hanno risorse per sviluppare sistemi proprietari, l’accesso gratuito o quasi gratuito a modelli performanti rappresenta un’opportunità concreta. In questo modo la Cina si posiziona come fornitore di infrastruttura digitale a basso costo, ampliando la propria sfera di influenza tecnologica.
L’Economist sottolinea anche la differenza culturale rispetto agli Stati Uniti. A Washington prevale l’idea che l’open source comporti rischi di sicurezza, mentre a Pechino si sostiene che l’apertura aumenti la trasparenza e favorisca la diffusione. È una visione pragmatica: l’obiettivo è accelerare la penetrazione dell’AI nell’economia e nella società, anche a costo di rinunciare a parte dei guadagni immediati.
I limiti di questo approccio non mancano. Aprire i modelli riduce le possibilità di monetizzazione diretta, aumenta il rischio di usi impropri e può frammentare l’ecosistema in troppe varianti. Tuttavia, nel confronto con gli Stati Uniti, la Cina sembra puntare meno sulla leadership assoluta nella ricerca di frontiera e più sulla diffusione capillare dell’AI, rendendola accessibile e adottabile su scala globale.
Di fronte alla precisione ingegneristica del piano Cinese le iniziative Occidentali, anche quella americana, impallidiscono, per non parlare della regolamentazione europea o della Legge sull’AI di cui si sta dotando l’Italia. La Cina sta costruendo il suo futuro digitale con la precisione di un orologiaio e i tempi lunghi di un imperatore.
Cosa ne pensi? L’approccio cinese, pur con i suoi limiti etici, potrebbe rivelarsi più efficiente nel lungo periodo?
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