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L’AI può salvare il pianeta, ma lo sta già distruggendo. La verità dalla COP30

Dal 10 al 21 novembre 2025, la città di Belém, nella regione amazzonica del Brasile, ha ospitato la 30ª Conferenza delle Parti sul clima delle Nazioni Unite, la COP30.
Questo evento rappresenta un momento di cruciale importanza non solo per le politiche ambientali, ma anche per il rapporto sempre più stretto  e complesso  tra cambiamento climatico, tecnologia e intelligenza artificiale e c’è qualcosa di profondamente simbolico nel fatto che la COP30 Belém si sia svolta alle porte dell’Amazzonia. È come se il mondo avesse scelto di riunirsi proprio nel luogo dove il respiro del pianeta è più evidente e più fragile .

In questo scenario si inserisce un elemento che fino a pochi anni fa non avrebbe trovato spazio nei negoziati sul clima: la tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale: alla COP30, l’AI si presenta come un attore centrale, capace di accelerare soluzioni globali o, al contrario, amplificare rischi e disparità.

Per un osservatorio come Digitalic diventa inevitabile chiedersi non solo che cosa l’AI sostenibilità possa offrire al pianeta, ma che cosa il clima stia facendo all’intelligenza artificiale, e con quali implicazioni per aziende, città, governi e cittadini.

La COP30 non è solo un negoziato: è una prova generale del mondo che verrà

Il Brasile non ha voluto proporre un semplice summit climatico, ma costruito una narrativa complessa, quasi un laboratorio del futuro in cui si intrecciano energia, foreste, agricoltura, acqua, economia circolare, mobilità e infrastrutture. In questa trama articolata, la tecnologia attraversa tutti i capitoli come un filo conduttore invisibile ma essenziale.

Non esiste più una “sezione digitale” separata: la dimensione tecnologica è diventata il tessuto connettivo dell’azione climatica. Dai padiglioni della COP30 Belém si percepisce una consapevolezza nuova e matura: non c’è transizione ecologica senza transizione digitale, e non c’è transizione digitale che possa dirsi compiuta senza un serio esame del suo impatto ambientale.

È una doppia pressione, certo. Ma anche una doppia opportunità per ripensare il rapporto tra innovazione e responsabilità.

La scelta di Belém non è casuale dato che questa città brasiliana è la porta d’ingresso dell’Amazzonia,  e rappresenta il punto di collisione tra conservazione e sviluppo, tra tradizione e innovazione tecnologica. Qui, più che altrove, è evidente che le decisioni prese nei data center di Silicon Valley hanno conseguenze dirette sulle foreste pluviali.

La COP30 Belém è diventata così non solo un evento diplomatico, ma un esperimento: può la tecnologia dialogare con la natura senza dominarla? Può l’intelligenza artificiale per il clima diventare alleata della biodiversità invece che sua nemica?

COP30: l’AI come lente per vedere ciò che l’occhio umano non vede

La prima grande promessa dell’intelligenza artificiale clima riguarda la capacità di leggere il pianeta con una precisione mai vista prima. Modelli predittivi che anticipano alluvioni e siccità con settimane di anticipo; reti neurali che osservano ogni giorno miliardi di pixel satellitari per individuare un taglio illegale nella foresta, una variazione della copertura forestale, un inizio di siccità agricola prima che diventi irreversibile.

Negli interventi dei ricercatori presenti alla COP30 Belém,  come nelle dichiarazioni delle grandi aziende tecnologiche, ritorna lo stesso concetto chiave: l’AI permette ai governi e alle città di giocare d’anticipo, di trasformare il dato grezzo in decisione informata, la previsione in resilienza concreta.

Soprattutto nei Paesi più vulnerabili agli shock climatici, questa capacità predittiva non è un vezzo tecnologico o un gadget innovativo: è letteralmente la differenza tra un’emergenza gestita e una catastrofe umanitaria. Sistemi di early warning basati su machine learning stanno già salvando vite in Bangladesh, nelle Filippine, in molte regioni africane.

L’AI per la sostenibilità si manifesta qui nella sua forma più nobile: algoritmi che proteggono comunità, che prevengono disastri, che permettono evacuazioni tempestive: è intelligenza artificiale al servizio della vita, non del profitto o non solo del profitto

Un altro campo in cui l’intelligenza artificiale climatica sta dimostrando il suo valore alla COP30 è il monitoraggio ambientale continuo con piattaforme che integrano dati satellitari, sensori IoT sul territorio e modelli di machine learning possono ora:

  • Rilevare deforestazione illegale in tempo quasi reale
  • Monitorare la qualità dell’aria in migliaia di punti urbani simultaneamente
  • Tracciare i movimenti di specie animali per proteggere corridoi ecologici
  • Identificare perdite di metano da infrastrutture energetiche
  • Prevedere la propagazione di incendi boschivi con ore di anticipo

 

L’AI non è una tecnologia “pulita”: il costo ambientale

Sul ruolo dell’AI nell’impatto sull’ambiente la narrazione emersa dalla COP30 Belém si fa più complessa perché questa conferenza, più di ogni altra prima, ha messo a a nudo il grande paradosso dell’intelligenza artificiale climatica: ciò che potrebbe salvare il pianeta rischia contemporaneamente di danneggiarlo. I grandi modelli linguistici come ChatGPT, le infrastrutture cloud che alimentano le previsioni meteorologiche, l’addestramento dei sistemi predittivi consumano più energia e più acqua di quanto si immagini nel racconto rassicurante dell’innovazione tecnologica.

Le cifre diffuse a margine della COP30 — e discusse spesso in toni preoccupati da ricercatori e attivisti — mostrano data center che crescono come una nuova industria pesante del XXI secolo:

  • Un singolo training di un modello AI avanzato può generare emissioni equivalenti a 5 automobili nel loro intero ciclo di vita
  • I data center globali consumano circa il 2% dell’elettricità mondiale, percentuale in rapida crescita
  • Il raffreddamento delle infrastrutture AI richiede quantità enormi di acqua, spesso in regioni già stressate dalla scarsità idrica
  • Le previsioni indicano che entro il 2030 il settore tech potrebbe rappresentare il 3-4% delle emissioni globali

Questi dati, presentati nei panel tecnici della COP30 Belém, costringono a una riflessione scomoda: stiamo usando l’intelligenza artificiale clima per combattere una crisi che la stessa AI contribuisce ad alimentare?

Il rischio dell’ottimizzazione fossile

Ma non è solo un tema di consumo energetico diretto: alcuni osservatori critici hanno evidenziato alla COP30 un rischio più sottile e strategico: l’AI per la sostenibilità potrebbe diventare lo strumento perfetto per ottimizzare i. processi fossili, rendendo più efficienti trivellazioni, estrazioni, logistiche basate sugli idrocarburi. È un’eventualità che il summit non può ignorare e che costringe aziende e governi a una domanda strategica fondamentale: quale AI vogliamo sviluppare? E per alimentare quale modello di economia? Un’AI che rende più efficiente il vecchio mondo fossile o un’AI che accelera la transizione verso le rinnovabili?

Le soluzioni proposte alla COP30

Non tutto è pessimismo. Dalla COP30 Belém emergono anche proposte concrete per ridurre l’impronta ambientale dell’intelligenza artificiale clima:

  • Green AI: tecniche di addestramento più efficienti che riducono i consumi energetici fino al 90%
  • Data center alimentati al 100% da rinnovabili, con impegni vincolanti delle big tech
  • AI frugale: modelli più piccoli ma ugualmente efficaci, ottimizzati per compiti specifici
  • Riuso del calore: recuperare il calore dei server per riscaldare edifici e serre
  • Trasparenza obbligatoria: obbligo per le aziende di dichiarare l’impatto ambientale dei propri sistemi AI

 

L’AI nelle città e nelle infrastrutture: il clima come architetto del digitale

Uno dei passaggi più interessanti emersi dalla COP30 è stata la discussione approfondita sul ruolo delle città nella convergenza tra clima e digitale. Le metropoli sono il laboratorio più promettente, ma anche più vulnerabile, di questa alleanza necessaria tra intelligenza artificiale clima e resilienza urbana.

Infrastrutture intelligenti per la gestione dell’acqua che prevedono picchi di consumo e razionalizzano le risorse; sistemi urbani che anticipano gli allagamenti analizzando in tempo reale piogge, maree e saturazione del suolo; gestione dei rifiuti che integra sensori IoT, blockchain per la tracciabilità e analisi predittiva per ottimizzare i percorsi di raccolta.

Ma c’è di più. Modelli di AI sostenibile aiutano a stabilizzare reti elettriche sempre più complesse e ibride, composte da fonti rinnovabili intermittenti come solare ed eolico. L’intelligenza artificiale bilancia domanda e offerta in tempo reale, prevede i picchi, gestisce lo stoccaggio in batterie, evita blackout. È una nuova forma di urbanistica che sta emergendo dai dibattiti della COP30 Belém: la pianificazione algoritmica. Non al servizio dello spettacolo della smart-city, ma della sopravvivenza climatica quotidiana. La tecnologia, in questo contesto, non è estetica né marketing: è ingegneria della resilienza.

Diverse metropoli hanno presentato alla COP30 i loro casi di successo nell’integrazione tra intelligenza artificiale clima e gestione urbana:

  • Singapore: sistema AI che ottimizza il consumo energetico degli edifici pubblici, riducendo le emissioni del 30%
  • Copenhagen: piattaforma predittiva per la gestione delle acque meteoriche che ha evitato allagamenti costosi
  • Barcellona: sensori e AI per la gestione del traffico che hanno ridotto la congestione e l’inquinamento del 20%
  • Medellín: corridoi verdi monitorati con AI per ridurre l’effetto isola di calore urbano

 

Il ruolo delle comunità indigene

Un aspetto particolarmente rilevante emerso dalla COP30 Belém, data la location amazzonica, è il ruolo delle comunità indigene nella governance dell’AI sostenibilità. Queste popolazioni possiedono conoscenze ecologiche millenarie che potrebbero arricchire enormemente i modelli predittivi, ma solo se coinvolte come partner, non come semplici fornitori di dati.

Il concetto di “sovranità dei dati indigeni” sta guadagnando terreno: le comunità devono avere il diritto di decidere come le loro conoscenze vengono digitalizzate, utilizzate e condivise attraverso sistemi di intelligenza artificiale clima.

 

Perché tutto questo riguarda da vicino le aziende italiane del digitale

La COP30 Belém non è un esercizio diplomatico astratto o un evento per soli ambientalisti. Per le imprese, soprattutto per le PMI tecnologiche che costituiscono il cuore pulsante dell’innovazione italiana, rappresenta un vero punto di svolta strategico.

L’intelligenza artificiale per il clima applicata alla sostenibilità non è più territorio sperimentale o nicchia di mercato: è nuovo mercato mainstream, nuova competenza richiesta, nuovo obbligo competitivo per restare rilevanti.

L’innovazione green non è più un tema di marketing o di responsabilità sociale opzionale. È diventata un requisito concreto e misurabile per:

  • Entrare nelle filiere europee sempre più regolamentate
  • Accedere ai finanziamenti pubblici (PNRR, Horizon Europe, fondi regionali)
  • Dialogare con multinazionali che inseriscono la sostenibilità digitale nei capitolati
  • Rispondere alle richieste delle pubbliche amministrazioni che integrano criteri ESG negli appalti
  • Attrarre investimenti da fondi sempre più orientati verso l’AI sostenibilità

Opportunità concrete per il tessuto industriale italiano

Le discussioni alla COP30 aprono spazi concreti per le aziende italiane del digitale:

1. AgriTech e AI predittiva L’Italia, con la sua forte tradizione agricola, può sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale clima per:

  • Prevedere stress idrico e ottimizzare l’irrigazione
  • Anticipare malattie delle colture
  • Ridurre l’uso di pesticidi attraverso il monitoraggio intelligente
  • Tracciare la filiera alimentare con blockchain e AI

2. Monitoraggio ambientale e territorio Startup e PMI possono specializzarsi in:

  • Sistemi di early warning per eventi estremi
  • Monitoraggio della qualità dell’aria e dell’acqua
  • Prevenzione del dissesto idrogeologico
  • Tutela del patrimonio forestale

3. Efficienza energetica Soluzioni di AI sostenibilità per:

  • Ottimizzare i consumi di edifici e distretti industriali
  • Gestire microgrid e comunità energetiche
  • Prevedere la produzione da fonti rinnovabili
  • Bilanciare reti elettriche locali

4. Economia circolare Piattaforme intelligenti per:

  • Tracciare materiali e componenti lungo tutto il ciclo di vita
  • Ottimizzare il riciclo e il riuso
  • Creare marketplace di materiali secondari
  • Certificare l’impatto ambientale dei prodotti

 

Cop30: un nuovo patto tra AI e pianeta

La COP30 ci restituisce una visione meno romantica ma infinitamente più vera e utile: la tecnologia non viene più evocata come salvezza automatica, ma come responsabilità condivisa. L’intelligenza artificiale clima non è un deus ex machina capace di rimettere magicamente a posto ciò che abbiamo rotto in decenni di industrializzazione sregolata. È uno strumento potente, potenzialmente trasformativo, ma che se non governato con saggezza, equità e lungimiranza, rischia di rompere altro, di amplificare disparità, di creare nuove dipendenze.

Ma proprio per questo, oggi più che mai, l’AI sostenibilità può diventare il linguaggio comune con cui il pianeta e l’umanità imparano finalmente a dialogare in modo costruttivo. Non un monologo tecnologico imposto dall’alto, ma una conversazione tra diverse forme di intelligenza: quella artificiale e quella naturale, quella algoritmica e quella ecologica.

L’Amazzonia come luogo della COP30 Belém non è una scelta geografica casuale o una concessione al Sud globale: è un promemoria potente. È il punto simbolico in cui la natura chiede alle tecnologie di essere all’altezza della storia, di dimostrarsi capaci di umiltà oltre che di potenza.

 

Mappa delle startup italiane che lavorano su AI + clima

 

1. Enerbrain – Torino

AI per ottimizzare consumi energetici di grandi edifici. Riduce emissioni intervenendo su climatizzazione e ventilazione. https://www.enerbrain.com/

2. PlanetWatch – Pisa

Raccoglie dati ambientali tramite sensori distribuiti; usa AI per modellare qualità dell’aria in tempo reale. https://planetwatch.io/

3. Agricolus – Perugia

Piattaforme AI per agricoltura di precisione, monitoraggio colture, prevenzione malattie, riduzione sprechi idrici. https://www.agricolus.com/

4. Indigo AI (collaborazioni climate-tech)

Lavora su modelli conversazionali applicati a ecosistemi energetici e servizi ambientali. https://indigo.ai/

5. Witech – Bologna

AI per l’ottimizzazione delle reti idriche e la prevenzione delle perdite.

6. Ecomate – Milano

Algoritmi che calcolano l’impronta carbonica dei prodotti, integrabili nei sistemi delle aziende manifatturiere.

7. Aindo – Trieste

Produce dati sintetici anche per modellazione ambientale: utile per previsioni climatiche e simulazioni di rischio.

8. Datrix – Milano

Modelli predittivi per energy management e indicatori ESG basati sull’analisi intelligente dei dati. https://www.datrixgroup.com/

9. Iride Group – Milano

Soluzioni AI per smart grid, ottimizzazione flussi energetici, integrazione rinnovabili.

10. GreenVulcano Technologies – Napoli

AI su larga scala per mobilità sostenibile, smart-mobility, riduzione emissioni e ottimizzazione dei trasporti. https://www.greenvulcano.com/


L’AI può salvare il pianeta, ma lo sta già distruggendo. La verità dalla COP30 - Ultima modifica: 2025-11-22T11:57:02+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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