Regole di internet: Pechino vuole scrivere un nuovo protocollo per il web

Le regole di internet vanno cambiate. Secondo la Cina l’attuale modello Tcp/Ip non riuscirebbe a reggere il passo della rete del futuro. Come gli ologrammi, l’internet delle cose (iot), la rete tattile (che simula il contatto), le connessioni satellitari. Spieghiamo subito. Definiamo Tcp/Ip la modalità usata dal PC per comunicare con altri PC. E in tal senso a Ginevra  si inizia a parlare di New Ip più di un anno e mezzo.

Ma perché un nuovo Ip, che sostituisca i protocolli su cui dagli anni Settanta si sviluppa la rete così come la conosciamo, dal world wide web all’email? La Cina chiede un’alternativa a quella che oggi è una ragnatela di connessioni e snodi senza un centro o una gerarchia. Si parla quindi di una nuova rete con l’aspetto di un arcipelago composto da tante isole, ordinate per grado e ciascuna caratterizzata da compiti, standard tecnici, regole e una propria lingua. Tanto da meritarsi il nomignolo di splinternet: una rete frammentata.

Un modello di internet alternativo

La questione non è solo tecnica, ma politica. C’è la Cina dietro il progetto, nel frattempo ribattezzato Future vertical communication networks. E Pechino è nota per esercitare uno stretto controllo su ciò che viaggia online. La sua mossa ha spaccato in due la galassia dell’Itu (Unione internazionale delle telecomunicazioni), non solo per ciò che propone, ma anche per ciò che rappresenta.

È il segno che la Cina, diventata il paese con il maggior numero di utenti internet al mondo (904 milioni, gli Stati Uniti sono a quota 313) e aver dato i natali a campioni internazionali del digitale e delle telecomunicazioni (da Alibaba a Huawei), ora vuole dire la sua anche su standard e regole della rete, proponendo un modello di internet alternativo a quello finora conosciuto in Occidente.

In generale, chiunque può presentare una proposta all’agenzia dell’Onu, che poi la sottopone al giudizio dei 193 Stati e delle 900 tra aziende e organizzazioni che ne fanno parte. Finora il protocollo Future vertical communication networks rappresenta una “delle tante proposte con cui regolarmente viene fuori qualcuno per risolvere i problemi della rete”, commenta David Conrad, responsabile tecnologico dell’Internet corporation of assigned names and numbers (Icann), l’ente che assegna gli indirizzi Ip. Quindici mesi dopo, tuttavia, all’Itu devono decidere il da farsi con la pratica. Prima di Natale i due gruppi di lavoro che stanno esaminando il dossier voteranno per avviare o meno una discussione ufficiale sulla proposta.

Ma sarà davvero realizzabile e conveniente?

La prima proposta del nuovo Ip, firmata da Huawei e dalla sua sussidiaria Futurewei, ha come orizzonte il 2030. L’assunto di base è che tra dieci anni internet sarà un’infrastruttura molto più complessa di oggi. Riceveremo il segnale dallo spazio, come contano di fare Elon Musk con la sua Starlink e la stessa Cina, che di recente ha lanciato il primo satellite con tecnologia 6G.

Di fatto di fronte a questo scenario, la tesi cinese è che il modello Tcp/Ip, che per cinquant’anni ha tenuto in piedi internet, non sia più adeguato. Gli esperti sono concordi che un aggiornamento delle tecnologie sia necessario per stare al passo con i tempi. Ma stiamo parlando attualmente di questioni quasi utopiche. Non è cosa che si possa fare con uno schiocco di dita e a costo zero. L’ultima versione dell’Ip, l’Ipv6, è stata standardizzata nel 1996.

Casi d’uso che giustifichino questi costi e sforzi non sono stati ancora presentati”, sostiene Conrad. Per collegare satelliti nell’orbita terrestre bassa o sensori iot, “sono state sviluppate estensioni di protocollo, per esempio per comprimere gli ip header o per adattarsi a limiti e vincoli di reti e dispositivi”, aggiunge.

Rimpiazzare l’attuale internet comporterebbe enormi costi di sviluppo per i governi, le aziende e i consumatori e uno spreco dei precedenti investimenti – scrive in una lettera all’Itu una cordata di paesi e organizzazioni europee, guidata dalla Commissione e di cui fanno parte, tra gli altri, Francia, Germania e Italia -. Molti paesi in via di sviluppo stanno affrontando le sfide di costruire le proprie infrastrutture e la capacità delle reti Ip. Cambiare l’architettura di internet rappresenterebbe un onere economico irrealistico per loro”.

Regole di Internet, la Cina intanto va avanti per la sua strada

Dal punto di vista cinese, tuttavia, questa è già la norma. La Cina ha fondato la sua accelerata nell’economia digitale su una rete rigidamente bloccata ai confini. “Il Great firewall”, ricorda Conrad, che consente di censurare la navigazione online.

E inoltre notizia di pochi giorni fa la rimozione da parte della Cina di 105 app dagli store attivi nel Paese tra cui anche la piattaforma di viaggio statunitense TripAdvisor, per violazione delle regole su internet. La mossa adottata dalla Cyberspace Administration of China, l’agenzia che supervisiona e censura internet, rientra in una campagna finalizzata a eliminare dal web i contenuti pornografici, violenti o che aiutano prostituzione e gioco d’azzardo.

Secondo la Cyberspace Administration of China, tutte le 105 applicazioni rimosse dagli app store del Paese hanno violato una delle norme sull’internet. Tuttavia l’agenzia non ha fornito ulteriori dettagli in merito. Le App rimosse sono tra le prime a essere colpite in una serie di mosse per favorire un “internet pulito”.


Regole di internet: Pechino vuole scrivere un nuovo protocollo per il web - Ultima modifica: 2020-12-14T15:52:53+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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