Il cloud abbatte le barriere geografiche: quello che è nella nuvola è accessibile da ogni luogo e in ogni momento. Ma la geografia conta, eccome. Il freno maggiore all’adozione della nuova tecnologia è la paura di perdere il controllo sui dati (minore sicurezza, meno privacy). La scelta di un servizio cloud è guidata non solo dal prezzo e dalle prestazioni, ma anche dalla vicinanza fisica; sembra un controsenso, ma non lo è. Nel momento in cui un’ impresa rinuncia (in qualche modo) alla sovranità assoluta sui suoi dati, delegando qualcun altro alla loro conservazione e protezione, si sente più a suo agio se il data center è vicino, nella sua regione, nella sua nazione o nel suo continente.
Non bisogna pensare che sia un atteggiamento da italiani provincialotti: è così in tutto il mondo, tanto che esiste un servizio internazionale di georeferenziazione dei data center. Si tratta in pratica di una mappa (http://www.datacentermap.com) che indica dove sono e quali servizi offrono, e addirittura si può chiedere direttamente un preventivo dalla cartina. Per l’Italia sono stati censiti 40 data center, 12 dei quali nella zona di Milano, 4 a Torino, 3 a Bologna. Sono 50 in Spagna, 129 in Francia, 169 in Germania, 207 nel Regno Unito. E negli Stati Uniti? 1.280.
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