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Tutti puntano sugli Nft, ma i brand hanno un problema legale

La febbre degli Nft ha colpito tutto il mondo negli ultimi mesi, tanto che anche chi non è appassionato di tecnologia avrà probabilmente sentito parlare di questa novità. I non-fungible tokens sono una valuta digitale che utilizza lo strumento blockchain – lo stesso dei bitcoin – per registrare la proprietà delle singole immagini virtuali. Il boom degli Nft iniziato nel 2021ha coinvolto numerosi vip e ha creato nuovi milionari che sono riusciti a vendere i propri prodotti per milioni di dollari. Di recente, persino le aziende hanno deciso di investire in questo mercato, ma ciò potrebbe portare dei problemi ai brand come sottolineato da alcuni esperti di marketing che hanno analizzato la novità tecnologica.

Nft e brand, le collaborazioni più famose

Nel dicembre 2021, il gigante dell’abbigliamento sportivo Adidas ha lanciato il suo primo gruppo di Nft con prodotti digitali unici della collezione Originals. Gli asset hanno dato agli acquirenti l’accesso a dispositivi virtuali indossabili. Successivamente, Adidas e la casa di moda italiana Prada hanno unito le forze per lanciare un progetto di tokens costruito sulla rete Polygon che consente ai fan di creare i propri look online. Lamborghini, invece, ha annunciato il lancio della sua collezione Nft a tema spaziale nel gennaio 2022: si tratta di una collezione di 360 prodotti online ispirati all’auto di lusso Lamborghini Aventador. Non è stata a guardare Alfa Romeo: il nuovo Suv Tonale includerà la tecnologia Nft e quella blockchain. La società ha affermato che i nuovi strumenti digitali registreranno i dati del veicolo, generando un certificato che può essere utilizzato per garantire che l’auto sia stata adeguatamente mantenuta, con un impatto positivo sul suo valore residuo. Fra le altre ditte che sono entrate in questo settore ci sono multinazionali del calibro di Pepsi, Coca-Cola, Ray-Ban, Nike, BurgerKing e Samsung.

Nft, problemi con i diritti dei marchi

Oltre a lanciare i nuovi tokens, i brand stanno intensificando i controlli per difendere i propri diritti nel cyberspazio. In un caso recente, Nike ha citato in giudizio StockX, un ecommerce di scarpe online, per violazione del marchio. StockX aveva lanciato token non fungibili basati su modelli famosi di scarpe Nike e li aveva messi in vendita sul proprio sito. Un contenzioso ancora da risolvere è nato sul fatto se l’ecommerce avesse i diritti per produrre tali asset digitali o se si è trattato di una violazione del marchio. Allo stesso modo, la casa di moda Hermès ha avviato un procedimento presso la corte federale di New York nel gennaio del 2022 perchè un imputato aveva creato e venduto Nft che replicano le iconiche borse Hermès in forma digitale. Hermès sostiene che gli asset violano i suoi marchi e il brand.

Nft e prodotti contraffatti

“Le aziende ora devono stare attente al fine di assicurarsi che nessuno stia creando tokens che violano i loro diritti e la loro proprietà intellettuale – ha affermato Michael Rueda, avvocato ed esperto di marketing – reclami come quello che Nike ha presentato contro StockX potrebbero proteggere l’azienda dall’essere incolpata se versioni fraudolente di Nft dovessero apparire su altri mercati”. Sebbene sia difficile prevedere in che modo le aziende potranno sfruttare i tokens in futuro, le leggi riguardanti la proprietà intellettuale verranno applicate anche in questo nuovo territorio. Con ciò, imprenditori e creatori dovranno essere consapevoli dei vincoli legali pertinenti: solo perché i tokens utilizzano una tecnologia relativamente nuova non significa che esistano in un vuoto giuridico. Quindi, come altre iniziative imprenditoriali e di marketing, gli Nft richiedono una solida strategia legale che potrebbe a breve rallentare il boom delle immagini digitali uniche.


Tutti puntano sugli Nft, ma i brand hanno un problema legale - Ultima modifica: 2022-02-26T14:40:19+00:00 da Andrea Indiano

Giornalista con la passione per il cinema e le innovazioni, attento alle tematiche ambientali, ha vissuto per anni a Los Angeles da dove ha collaborato con diverse testate italiane. Ha studiato a Venezia e in Giappone, autore dei libri "Hollywood Noir" e "Settology".

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