Intelligenza artificiale nel canale IT: il valore è nell’azione, non nell’intenzione

L’intelligenza artificiale sembra ovunque. Ne parlano i telegiornali, la trovi nei titoli degli eventi, nei messaggi dei vendor e persino nelle chat con i colleghi. Ma cosa succede davvero, dentro i corridoi delle aziende italiane che ogni giorno vendono tecnologia? Cosa pensano i rivenditori? Come stanno vivendo questa trasformazione epocale che sta ridefinendo il modo stesso di fare business? Quanto l’AI è già realtà concreta e quanto invece resta un’aspirazione, una promessa ancora da mantenere?

Per rispondere a queste domande fondamentali, abbiamo condotto un’indagine approfondita tra oltre 250 rivenditori IT italiani, distribuiti su tutto il territorio nazionale e rappresentativi di diverse tipologie di business: dai system integrator alle software house, dai rivenditori specializzati ai generalisti. E ciò che è emerso è molto più interessante e articolato di qualsiasi promessa da keynote o report di analisti. È il racconto autentico di un mercato in fermento, curioso ma ancora incerto, consapevole della trasformazione in atto ma alla ricerca di strumenti concreti per affrontarla e capitalizzarla.

La curiosità c’è, ma manca ancora la spinta decisiva

L’interesse verso l’AI esiste, questo è innegabile, ma non è ancora quell’onda travolgente che molti si aspettavano. Solo poco più di un quinto dei rivenditori intervistati (26,2%) afferma che i propri clienti mostrano un interesse davvero alto e proattivo verso soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. Un dato che potrebbe sembrare deludente, ma che va letto nel contesto più ampio.

Ciò che davvero colpisce è che quasi la metà del campione – esattamente il 45,6%% – indica un interesse “medio” da parte della propria clientela. Questo è il vero dato strategico, quello che racconta una storia diversa. Significa che il terreno è fertile, che c’è ascolto attento, che l’AI non viene più percepita come qualcosa di distante o riservato alle grandi corporation. Le PMI italiane stanno iniziando a guardare con serietà a queste tecnologie, Eppure, qualcosa ancora manca perché questo interesse diffuso si trasformi in investimenti concreti e progetti realizzati.

Quel “qualcosa” ha un nome preciso: fiducia operativa. Quando spingiamo l’analisi più in profondità e chiediamo quanti rivenditori abbiano effettivamente venduto prodotti o servizi basati su intelligenza artificiale negli ultimi 12 mesi, il quadro si fa più nitido: solo il 38,8% ha concluso almeno una vendita significativa in questo ambito. Il restante 61,2% è ancora fermo, in una fase di osservazione e studio.

Questo dato non racconta diffidenza o scetticismo verso la tecnologia, piuttosto una prudenza strutturale, tipicamente italiana, che caratterizza chi vende tecnologia alle imprese. Chi opera nel canale sa bene che non basta l’entusiasmo o la spinta del marketing: servono competenze solide, processi collaudati, casi d’uso dimostrabili, persone formate e capaci di trasferire valore al cliente finale.

Le vere barriere sono umane, non tecnologiche

Proprio sulle barriere alla diffusione dell’AI la nostra ricerca fa emergere una verità profonda. Le barriere che impediscono al canale IT di abbracciare pienamente l’AI non sono di natura tecnologica; non riguardano l’immaturità dei prodotti, la complessità delle architetture o i costi delle licenze: sono invece intimamente legate al capitale umano, alla conoscenza, alla capacità di trasformare la potenzialità tecnologica in valore di business comprensibile e misurabile.

La prima barriera citata dai rivenditori è la mancanza di formazione tecnica interna. Seguono, nell’ordine, la difficoltà nel dimostrare chiaramente il ritorno sull’investimento ai clienti e la scarsa conoscenza dell’ampio ventaglio di soluzioni AI disponibili sul mercato. In altre parole: il rivenditore medio vuole proporre l’intelligenza artificiale, ne comprende le potenzialità, ma spesso non sa come costruire un’offerta strutturata, né come renderla convincente e tangibile agli occhi di un imprenditore che ragiona in termini di costi, ricavi e produttività.

Questa lacuna formativa non è solo un problema del singolo rivenditore, ma dell’intero ecosistema. Rappresenta un’opportunità straordinaria per distributori, vendor e organizzazioni di categoria che sapranno investire nella crescita delle competenze del canale. Perché l’AI, più di qualsiasi altra tecnologia emersa negli ultimi anni, richiede non solo conoscenza tecnica, ma capacità narrativa: saper spiegare come un algoritmo di machine learning possa tradursi in clienti più soddisfatti, processi più efficienti, decisioni più rapide.

Chi vende AI, prima la usa

Non è un caso che, analizzando il profilo di chi ha già iniziato a vendere soluzioni AI con successo, emergano alcuni tratti comuni e distintivi. Sono rivenditori che, nella loro quotidianità lavorativa, utilizzano già strumenti basati su intelligenza artificiale: dalle piattaforme conversazionali come ChatGPT e Gemini, agli assistenti integrati come Microsoft Copilot, fino alle soluzioni specializzate per il marketing, la progettazione o l’analisi dati.

Sono professionisti più esposti alla tecnologia, che la sperimentano personalmente, la interiorizzano, ne comprendono limiti e potenzialità attraverso l’esperienza diretta. E questa familiarità pratica si trasforma naturalmente in capacità di proposta e argomentazione commerciale. Perché è quasi impossibile vendere con efficacia ciò che non si comprende davvero, ciò di cui non si è sperimentato il valore in prima persona.

L’adozione interna di strumenti AI, in questo senso, non è solo un indicatore di cultura tecnologica aziendale, ma una vera e propria leva commerciale. I rivenditori che usano quotidianamente l’intelligenza artificiale nei loro processi interni riescono a raccontare storie credibili, a portare esempi concreti, a superare le obiezioni con la forza dell’esperienza vissuta.

Questo suggerisce una strategia chiara per chi vuole entrare nel mercato dell’AI: iniziare dall’interno. Adottare strumenti di intelligenza artificiale nei propri processi aziendali, formare il team, misurare i risultati. Solo così si può costruire quella credibilità necessaria per guidare i clienti in un percorso di trasformazione digitale che tocca aspetti strategici del loro business.

Budget accessibili, aspettative concrete

Anche le aspettative economiche dei clienti finali raccontano una storia interessante e per certi versi sorprendente. Quasi la metà dei rivenditori intervistati prevede che i propri clienti investiranno meno di 5.000 euro in soluzioni AI nel corso del prossimo anno fiscale. Un altro 40% circa stima budget compresi nella fascia tra 5.000 e 20.000 euro.

Questi dati sfatano definitivamente il mito dell’intelligenza artificiale come tecnologia d’élite, riservata alle grandi multinazionali con budget IT multimilionari. L’AI è ormai percepita come accessibile, concreta, scalabile anche per le PMI italiane. È una tecnologia che può entrare in azienda gradualmente, per progetti pilota, per specifici use case, senza richiedere rivoluzioni architetturali o investimenti proibitivi.

Ma per trasformare questa accessibilità percepita in vendite reali e progetti di successo, il canale deve saper confezionare l’offerta in modo appropriato. Servono pacchetti pronti all’uso, soluzioni modulari che possano crescere insieme al cliente, un linguaggio di comunicazione vicino al business e lontano dalla complessità tecnica. Il cliente finale non vuole comprare “machine learning” o “neural network”, vuole comprare risultati: più vendite, costi ridotti, processi automatizzati, decisioni più rapide.

Modelli commerciali in evoluzione

Il canale IT italiano sta già mostrando segni di adattamento interessanti. Il modello commerciale più apprezzato e promettente per le soluzioni AI è quello ibrido, che combina intelligentemente la vendita tradizionale di licenze software e componenti hardware con l’erogazione di servizi continuativi nel tempo: supporto, manutenzione, ottimizzazione, evoluzione delle soluzioni.

A seguire nella preferenza troviamo il modello completamente SaaS, in cui l’intelligenza artificiale viene proposta come piattaforma cloud, servizio in abbonamento, soluzione pay-per-use. Questi dati ci dicono che il canale è pronto a una trasformazione culturale significativa: non cerca più esclusivamente il margine immediato sulla vendita di hardware, ma è disposto a costruire valore nel tempo, a investire nella relazione continuativa con il cliente, purché sia adeguatamente supportato in questo percorso di cambiamento.

È una evoluzione che richiede competenze nuove: non solo tecniche, ma anche commerciali, relazionali, consulenziali. Il rivenditore tradizionale deve trasformarsi in partner strategico, in consulente di fiducia, in accompagnatore della trasformazione digitale del cliente. Un ruolo più complesso ma anche più remunerativo e sostenibile nel lungo periodo.

La richiesta di accompagnamento

Un altro elemento che emerge con forza dalla ricerca è la richiesta esplicita di supporto consulenziale specializzato. Una fetta consistente e crescente dei rivenditori considera molto utile, se non indispensabile, avere accesso a una consulenza tecnica dedicata sull’intelligenza artificiale, possibilmente fornita direttamente dal distributore o dal vendor.

È il segnale inequivocabile che il mercato ha bisogno di accompagnamento professionale, di affiancamento competente, di una “guida umana esperta” per orientarsi nel nuovo e complesso ecosistema tecnologico dell’AI. L’intelligenza artificiale, per quanto potente e promettente, non si vende da sola: ha bisogno di chi la spiega con chiarezza, la traduce in linguaggio business, la contestualizza rispetto alle specifiche esigenze del cliente, la integra nei processi aziendali esistenti.

Questa richiesta di supporto consulenziale apre opportunità interessanti per distributori e vendor che sapranno strutturare offerte di accompagnamento dedicate. Non basta più inserire nuove soluzioni AI nel catalogo prodotti e aspettare che il canale se ne appropri autonomamente. Serve costruire ecosistemi di supporto, attivare percorsi di formazione strutturati, offrire materiali di comunicazione pronti all’uso, affiancare i rivenditori nelle prime installazioni e progetti pilota.

 

La formazione online come leva di crescita preferita

Un dato particolarmente interessante emerso dalla ricerca riguarda le modalità formative predilette dai rivenditori per approfondire le proprie competenze sull’intelligenza artificiale. La grande maggioranza del campione esprime una netta preferenza per gli eventi formativi online, considerati più pratici, flessibili e facilmente integrabili nei ritmi lavorativi quotidiani.

Questa preferenza non è casuale, ma riflette una trasformazione più ampia nelle abitudini professionali del settore IT. I rivenditori apprezzano la possibilità di partecipare a webinar, corsi digitali e sessioni di aggiornamento senza dover affrontare trasferte, con la flessibilità di gestire autonomamente tempi e modalità di fruizione. L’esperienza maturata durante la pandemia ha dimostrato l’efficacia di questi format, che oggi vengono percepiti non più come una soluzione di ripiego, ma come la modalità formativa più efficiente.

Per distributori e vendor, questo rappresenta un’indicazione strategica importante. Investire in piattaforme di e-learning dedicate, strutturare calendari di webinar tecnici regolari, creare contenuti formativi on-demand significa intercettare direttamente le preferenze del canale. La formazione online permette inoltre di raggiungere un numero maggiore di rivenditori, di standardizzare i contenuti, di tracciare i progressi formativi e di costruire community digitali di pratica attorno alle soluzioni AI.

 

Le strategie vincenti per il canale

Per i rivenditori che vogliono cogliere l’opportunità AI, la sfida è prevalentemente culturale e organizzativa. Serve investire nella formazione, non solo sulla tecnologia in sé, ma soprattutto su come raccontarla, posizionarla, integrarla nelle proposte commerciali esistenti.

Una strategia particolarmente efficace è la specializzazione verticale: sviluppare competenze specifiche sull’AI applicata a settori particolari. L’intelligenza artificiale per la logistica e il supply chain, per il retail e l’e-commerce, per l’assistenza clienti e il customer service, per la finanza e il controllo di gestione. Il cliente finale non cerca algoritmi generici, cerca soluzioni ai suoi problemi specifici, risultati tangibili nei suoi processi quotidiani.

Chi sarà in grado di dimostrare concretamente il valore dell’AI – in termini di tempo risparmiato, efficienza aumentata, vendite incrementate, costi ridotti, qualità migliorata – sarà premiato dal mercato. Questo richiede la capacità di costruire case study credibili, di misurare e comunicare i risultati, di trasformare la potenzialità tecnologica in ROI dimostrabile.

Il nuovo ruolo dei distributori

Anche il ruolo tradizionale dei distributori è destinato a una trasformazione profonda. Non basta più semplicemente inserire le nuove soluzioni AI nel catalogo e affidare al canale il compito di appropriarsene. Il distributore del futuro deve diventare facilitatore attivo della trasformazione, partner strategico nella crescita delle competenze, coach per accompagnare il cambiamento.

Questo significa costruire ecosistemi integrati di supporto: percorsi di formazione tecnica e commerciale, materiali di marketing pronti all’uso, tool di configurazione semplificati, programmi di incentivazione dedicati, supporto tecnico specializzato nelle fasi di pre-sales e post-sales.

Il distributore deve trasformarsi da semplice intermediario commerciale a orchestratore della trasformazione digitale del canale. Un ruolo più complesso ma anche più strategico e difficilmente replicabile.

Verso un ecosistema maturo

Il mercato italiano dell’AI nel canale IT sta vivendo una fase di transizione fondamentale. C’è interesse, ci sono le tecnologie, ci sono i budget. Quello che serve ora è la capacità di sistema di costruire competenze, processi, narrative commerciali efficaci.

I prossimi 18-24 mesi saranno decisivi. Chi saprà investire nella formazione, nell’accompagnamento, nella costruzione di ecosistemi di supporto, guiderà la trasformazione. Chi invece continuerà ad aspettare che l’AI si venda da sola, rischia di restare indietro in modo difficilmente recuperabile.

Il futuro dell’intelligenza artificiale nel canale IT italiano non dipenderà dalla potenza degli algoritmi o dalla sofisticatezza delle architetture tecnologiche. Dipenderà dalla capacità del sistema di costruire una nuova narrativa commerciale, basata sulla concretezza dei risultati, sulla chiarezza della comunicazione, sulla solidità delle competenze.

L’intelligenza artificiale non è più il futuro che verrà. È il presente che aspetta di essere attivato, guidato, trasformato in valore concreto per le imprese italiane. E il canale IT ha tutti gli strumenti per essere protagonista di questa trasformazione, purché sappia cogliere la sfida con la giusta preparazione e determinazione.

 


Intelligenza artificiale nel canale IT: il valore è nell’azione, non nell’intenzione - Ultima modifica: 2025-09-07T12:16:31+00:00 da Francesco

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