Green Economy: 3F + 3F

Fashion, Food e Forniture le 3 F del made in Italy sono anche le 3 F della Green Economy, come abbiamo tante volte raccontato. Ma ci sono altre F importanti

Fashion, Food e Forniture. Le 3 F del made in Italy sono anche le 3 F della Green Economy, come abbiamo tante volte raccontato

* di Antonella Tagliabue

La moda ecosostenibile sta uscendo dal recinto di una nicchia di mercato militante tant’è che, in occasione dell’ultima Milano fashion week, il Green Carpet è stato uno dei momenti più glamour e di grande visibilità.
Il cibo etico in tutte le sue dimensioni, dal biologico al chilometro zero, registra importanti tassi di crescita in Italia e l’industria italiana del mobile è un’eccellenza in Europa in termini di sostenibilità ed economia circolare, come confermano i dati di FederlegnoArredo. Le 3 F tradizionali non possono ancora considerarsi sfide vinte per l’ambiente, ma molto è stato fatto. Proviamo allora a identificare le nuove “effe” della Green Economy.

Famiglia

Siamo italiani e, si sa, la famiglia – e la mamma soprattutto – vengono prima di tutto. Ma procediamo con calma. Ricordate gli uragani Harvey e Irma della scorsa estate? Per molti scettici sono stati la dimostrazione che i cambiamenti climatici esistono. Non a caso per la prima volta nel 2017 nell’analisi del World Economic, tre dei primi cinque rischi globali in termini di impatto hanno a che fare con la natura: gli eventi estremi, i disastri naturali, il fallimento delle politiche per fronteggiare i cambiamenti climatici. Ci sarebbero anche le crisi dell’acqua nella Top 5, ma nel report sono classificate come rischi sociali e non ambientali.
Affrontare le emergenze costa, prevedere gli uragani è complesso e i danni non sempre si possono tradurre in un valore economico, soprattutto quando si tratta della perdita di vite umane, specie animali ed ecosistemi.
È qui che entrano in gioco le mamme, quelle di Moms Mobilize, un movimento il cui motto è “Green for all” che vuole costruire un’economia verde per combattere la povertà. Il punto di partenza è la consapevolezza che le donne controllano l’85% della spesa per consumi negli Stati Uniti. L’idea è di dirottare questa spesa verso aziende e brand che hanno politiche ambientali consapevoli. Un cambio di rotta per l’economia, con la creazione di nuove professionalità e lavori.
Secondo gli analisti anche il crescente coinvolgimento delle donne in politica è un segnale positivo. L’impegno al femminile si dovrebbe tradurre in una maggiore attenzione ai temi collegati alla qualità della vita – e dell’ambiente – che vanno oltre le dinamiche partitiche e gli schieramenti. Marilyn Monroe diceva che le donne che vogliono essere uguali agli uomini mancano di ambizione. Bisognerebbe provare a fare meglio.

Filantropia

Il tema è quello del finanziamento privato di progetti ambientali, anche ambiziosi. A conoscerli, i filantropi verdi, si rivelano persone interessanti.
Se volete verificare potete cercare online le interviste ad alcuni aderenti all’Environmental Funders Netwok (Efn), un’organizzazione inglese che riunisce fondazioni, family office e donatori singoli che supportano iniziative ambientali. Sono più di 170 i partecipanti che impegnano 150 milioni di sterline ogni anno. Si tratta di persone che hanno compreso, come molti altri, che spesso il tema ambientale è enorme ed estratto, per cui la maggior parte delle persone pensano debba essere una competenza esclusiva dei governi. Ma le sfide ambientali non sono un viaggio che si può affrontare da soli. Secondo l’Efn non manca la visione strategica, ma i fondi necessari per cogliere tutte le opportunità che già esistono per salvare il Pianeta.
Il punto di partenza è però localizzare le questioni ambientali. Pensare a qualcosa che sia vicino a casa. Non solo made in Italy ma, in fatto di emergenze ambientali, “make it local”.

Frasi famose

“Sai cosa succede quando una pala eolica cade nel mare? Fa splash!”. La battuta è di Bill Mahler, comico, scrittore e conduttore televisivo americano. Lo humor non andrebbe spiegato, ma qualche dettaglio può aiutare ad apprezzarla meglio.
La battuta era contenuta in un monologo in tv, poco dopo il disastro ambientale causato dallo sversamento massiccio di petrolio dalla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP nelle acque del Golfo del Messico. E dare una risposta a chi voleva sostenere i posti di lavoro a tutti i costi, anche in settori inquinanti e pericolosi.
Piuttosto che costruire piattaforme offshore realizzate pale eoliche, sostiene Bill Mahler. Dovessero cadere in mare non faranno un gran danno. Sì, perché la capacità della green economy di creare lavoro e ricchezza rimane la vera sfida del futuro.
“Sapete, un uomo può trovare un’altra occupazione… Il lavoro viene e va. Ma quando una specie è estinta, è per sempre. Chiamare qualcosa il vostro lavoro non lo rende sacro. Alcune cose bisogna farle per amore” conclude Mahler. Make love, not oil.

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** Antonella Tagliabue: Amministratore delegato della società di consulenza strategica di Un-Guru, esperta di sviluppo sostenibile. Laureata in Scienze Politiche, con specializzazione in Storia e Istituzioni dell’America Latina. Si è occupata di comunicazione e marketing per multinazionali e gruppi italiani.  Da anni si occupa di Green Economy e di responsabilità sociale e ambientale d’impresa, insegna in corsi e master. “Penso che la sostenibilità debba essere una scelta, prima che un dovere, ma che debba essere strategica e, quindi, responsabile.
Quando parlo del Pianeta lo faccio con la P maiuscola e credo che il rispetto per la vita in senso biologico debba essere un istinto”. Leggo, viaggio e scrivo per passione. Camus diceva:  “Sono contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione. Per questo pratico il dubbio, coltivo i miei difetti, cerco di sbagliare sulla base di ragionevoli certezze e mantengo un ottimismo ostinato”.


Green Economy: 3F + 3F - Ultima modifica: 2017-12-19T12:00:26+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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