ZeniMax vince contro Oculus, risarcimento da $500 milioni

La giuria è giunta al verdetto: Facebook Oculus VR dovrà pagare $ 500 milioni a ZeniMax Media. Palmer Luckey avrebbe violato un accordo di riservatezza.

Facebook Oculus VR dovrà pagare $ 500 milioni a ZeniMax Media, perché il tribunale ha rilevato che il cofondatore di Oculus, Palmer Luckey (nella foto), abbia violato un accordo di riservatezza che aveva stipulato con ZeniMax, e che tale violazione debba alla base della sanzione. Non sono stati rubati segreti tecnologici, come aveva affermato ZeniMax, ma npn è stato rispettato un “non disclosure agreement”.

Nella vicenda ZeniMax, Oculus ha dichiarato

:
Al centro di questo caso c’era il fatto che Oculus fosse stata accusata di aver rubato dei segreti potenzialmente commerciali di ZeniMax, ma la giuria si è espressa a nostro favore. Siamo ovviamente delusi da alcuni altri aspetti a seguito della sentenza di oggi, ma rimaniamo imperterriti. I prodotti di Oculus sono costruiti con la tecnologia Oculus. Il nostro impegno per il successo a lungo termine della VR rimane invariato e il nostro team di lavoro proseguirà con il lavoro di sempre: sviluppare quella tecnologia VR che trasformerà il modo di interagire e di comunicare. Non vediamo l’ora di depositare il nostro appello e, infine, lasciare questo contenzioso alle nostre spalle”.

ZeniMax ha ribattuto

con queste dichiarazioni:
Siamo lieti del fatto che la giuria della Corte Distrettuale degli Stati Uniti di Dallas abbia riconosciuto alla ZeniMax $ 500 milioni per violazione illegale dei nostri diritti d’autore e marchi di fabbrica, e per la violazione dell’accordo di non divulgazione di informazioni con Oculus. Attraverso tali informazioni abbiamo partecipato attivamente alla svolta della tecnologia VR che, non solo avevamo sviluppato, ma di cui avevamo l’esclusiva. Inoltre, la giuria ha accolto la nostra denuncia per quanto riguarda il furto da parte di John Carmack del codice sorgente di RAGE e, conseguentemente, di migliaia di file elettronici su un dispositivo di archiviazione USB che conteneva la tecnologia ZeniMax VR. Ci dispiace di esserci dovuti rivolgere ad una corte per rivendicare i nostri diritti, ma è stato necessario prendere una posizione contro le società che svolgono attività illegali nel loro desiderio di ottenere il controllo su di una nuova, preziosissima tecnologia”.

Anche Robert Altman – CEO di ZeniMax – ha voluto commentare la vicenda giudiziaria:
La tecnologia alla base è il fondamento della nostra attività e consideriamo in modo serio ogni forma di furto della nostra proprietà intellettuale. Apprezziamo la scelta compiuta dalla giuria contro gli imputati, e anche la sanzione da mezzo miliardo di dollari di danni per queste violazioni tanto gravi

L’inizio della causa

Questo è l’epilogo di un caso che risale all’acquisizione da parte di Facebook di Oculus nel 2014, per circa $ 2 miliardi. Non molto tempo dopo, la ZeniMax ha intentato una causa nella quale sosteneva che Facebook fosse in possesso di molte delle tecnologie che consentono a Rift di funzionare in modo ottimale, perché aveva arruolato nel proprio organico l’attuale CEO di Oculus – ed ex capo dell’id Software – John Carmack, che aveva collaborato con Luckey nei primi giorni dello sviluppo di Rift.

Nessun furto di idee per Oculus

Come Oculus ha già voluto ribadire all’interno della dichiarazione che vi abbiamo riportato, la giuria non ha tenuto conto di tale accusa, sanzionando invece Luckey per la violazione di un contratto.
Nel corso degli ultimi tre anni, la Oculus ha continuato a ribadire che Rift sia completamente indipendente rispetto a qualsiasi lavoro al quale Carmack si sia dedicato mentre era alla ZeniMax. Lo stesso Carmack aveva ribadito che il software relativo all’headset non utilizzi nemmeno una riga di codice che lui ha costruito nel momento in cui era impiegato alla id Software.Così la società ha pensato bene di modificare la propria denuncia, focalizzandola sulla figura di Luckey e sull’accordo di non divulgazione da egli firmato.

Ecco i punti cruciali dell’esposto di ZeniMax:

“A seguito della sottoscrizione di un accordo vincolante di non divulgazione, la ZeniMax ha fornito a Palmer Luckey e ad Oculus VR, LLC con accesso alla proprietà intellettuale sviluppata da ZeniMax dopo anni di ricerca e investimenti. Questa proprietà intellettuale ha un valore che comprendeva codici protetti da copyright, segreti commerciali e know-how tecnico.
L’accordo di non divulgazione prevede espressamente che la proprietà intellettuale di ZeniMax rimanga espressamente confidenziale e di proprietà esclusiva e che non possa essere divulgata o utilizzata da terzi senza previa autorizzazione scritta da parte di ZeniMax. Gli imputati hanno ingiustamente preso possesso della proprietà intellettuale di ZeniMax e l’hanno sfruttata commercialmente per il proprio guadagno. Gli imputati stanno per realizzare miliardi di dollari grazie alla proprietà intellettuale di ZeniMax. Gli imputati non hanno mai ottenuto una licenza per la proprietà intellettuale di ZeniMax e non godono di alcun diritto per vendere o trasferirne parti a terzi. Attraverso questa azione la ZeniMax chiede i danni che possano compensare sia la contraffazione che l’appropriazione indebita della proprietà intellettuale. Senza questa sentenza, coloro che sono stati chiamati in causa, continueranno a trarre profitto ingiustamente”.

accordo violato, ma Oculus non ne ha beneficiato

Alla fine, la giuria ha deciso che Luckey abbia realmente violato tale accordo, anche se non è stata imputata ad Oculus l’appropriazione indebita della proprietà intellettuale di ZeniMax. Ciò implica che la giuria ha ritenuto che Luckey e Oculus abbiano acquisito e preso atto sia delle idee che della tecnologia di ZeniMax, ma si siano fermati poco prima dell’applicazione di tale proprietà intellettuale.
VR ZeniMax vince contro Oculus e accusa Palmer Luckey


ZeniMax vince contro Oculus, risarcimento da $500 milioni - Ultima modifica: 2017-02-04T08:00:16+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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