La Rai porta la realtà aumentata nello show televisivo

Milano, corso Sempione: nell’edificio disegnato dall’architetto Gio Ponti, da oltre 60 anni sede della rai e che ha visto compiersi la storia della radio e della televisione, nascono oggi progetti di innovazione che guardano al futuro e che sfruttano la potenza della realtà aumentata. Nella storica sede Rai di Milano si guarda al futuro. È […]


Milano, corso Sempione: nell’edificio disegnato dall’architetto Gio Ponti, da oltre 60 anni sede della rai e che ha visto compiersi la storia della radio e della televisione, nascono oggi progetti di innovazione che guardano al futuro e che sfruttano la potenza della realtà aumentata.

Davide Meda e Diego Ranieri RaiNella storica sede Rai di Milano si guarda al futuro. È qui che abbiamo incontrato Davide Meda e Diego Ranieri, che stanno lavorando per portare la realtà aumentata nei programmi televisivi. I primi “esperimenti” sono già andati in onda, abbiamo chiesto a loro di raccontarci i dettagli.

Perché avete deciso di implementare la realtà aumentata negli show?
Non ci siamo improvvisati, non è stata una decisione repentina presa da un giorno all’altro ma il risultato di un percorso decennale nel mondo della televisione e del virtual set. Ci siamo ispirati al cinema e del gaming e abbiamo lavorato per cercare di ottenere lo stesso impatto visivo. Siamo partiti dal nostro forte know how legato ai set virtuali e abbiamo introdotto nuovi mezzi tecnici.

Dal punto di vista della tecnologia, cosa avete implementato?
Nei set virtuali da anni giriamo scene in 3D in tempo reale. Abbiamo un tracking sulla telecamera che riconosce i movimenti e trasmette le informazioni al render 3D, che aggiorna il punto di vista. Questa cosa esiste da anni. Siamo partiti da qui e abbiamo trasferito questa tecnologia in uno studio reale al fine di ottenere, grazie alla realtà aumentata, nuovi effetti tramite due camere sensorizzate, un braccio e un cavalletto fisso. Le regole della ripresa, dell’illuminazione, della coerenza fotografica e prospettica sono le stesse che valgono da sempre per la televisione e per il teatro. Abbiamo lavorato per esperimenti e tentativi fino ad arrivare a inserire in uno studio reale elementi di grafica virtuale, cercando di inserirli nel contesto e confonderli con le scenografie esistenti.

Il primo “esperimento” è stato The Voice. Come è andata?
All’estero avevano già provato a inserire la realtà aumentata nei programmi televisivi, con risultati ancora insoddisfacenti. The Voice è stata la nostra scelta per partire. Abbiamo iniziato “timidamente”, con grafiche virtuali che comparivano solo in alcuni momenti definiti, per arrivare a usarne ben 14 diverse nell’ultima puntata, la finale. Chi ha guardato la trasmissione da casa, avrà visto che i cantanti erano circondati da qualcosa di molto speciale, non ottenibile con luci, proiettori, schermi e con la strumentazione classica di uno studio. La realtà aumentata ci ha permesso di creare soffitti, giochi di luce, addirittura di far sembrare lo studio una piazza esterna sotto la luna piena. Certo, non abbiamo voluto esagerare: bisogna mantenere una coerenza con il reale, adattare l’ambientazione al contesto.

Come viene percepita l’artificialità dal pubblico?
Il computer e la grafica in tempo reale sono una deriva del mondo dei videogiochi. Fino a qualche anno fa il pubblico non era pronto e le tecnologie nemmeno, il risultato era brutto. Ora invece ci siamo accorti che l’artificialità comincia ad appagare la gente. Oltre ad essere tecnicamente bella, è anche apprezzata. C’è stato uno sdoganamento culturale, qualcosa di aggiunto artificialmente piace, è accettato. In questi anni la realtà aumentata è entrata nel videogioco, nei film, mancava sono in televisione. Il suo ingresso ha coinciso con un cambio generazionale di chi lavorava dietro le quinte dei programmi. La tv “tradizionale” ha lasciato il posto alla nuova generazione col suo quotidiano legato ai dispositivi elettronici.

Possiamo definire la realtà aumentata un nuovo linguaggio?
La tecnologia della realtà aumentata, in passato, è stata lasciata in gestione ai tecnici. Ma richiede anche capacità di comunicazione, psicologia della percezione e competenze di scenografia visiva. È uno strumento potente e senza limiti, se non quelli culturali. Per essere utilizzata al meglio, va usata come un vero e proprio linguaggio: solo così è possibile moltiplicare il suo effetto comunicativo. In Rai è al servizio dello spettacolo, ma gli utilizzi possibili sono tantissimi.

In quali trasmissioni vedremo ancora la realtà aumentata? 
Nei prossimi mesi vogliamo continuare a inserire elementi di computer grafica in diretta ma anche lavorare su riprese già registrate, inserendo in post produzione effettistica di tutti i tipi. Sicuramente il pubblico potrà vedere soluzioni nuove e spettacolari durante le trasmissioni dedicate alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Avremo due virtual set per le trasmissioni in diretta e due postazioni dotate di camere sensorizzate, una per le riprese dalla pista di atletica e una per quelle in piscina, che ci consentiranno di inserire la realtà aumentata.


La Rai porta la realtà aumentata nello show televisivo - Ultima modifica: 2016-06-28T09:27:22+00:00 da Francesco Marino
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