Tempo di rendere conto della sostenibilità del business

Tempo di bilanci per le aziende. Tempo di evolvere, per alcune di queste. Tempo di prestare attenzione ai cambiamenti in corso e alla sostenibilità

È Tempo di rendere conto della sostenibilità del business. Lo scorso 15 novembre con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legislativo 254/2016 si è data attuazione alla normativa europea in materia di non-financial reporting. Prevede che “le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e che, alla data di chiusura del bilancio, presentano un numero di dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari a 500” devono elaborare una dichiarazione di carattere non finanziario contenente “almeno” le “informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività”. La norma si applica proprio a partire dal 2017.

*Antonella Tagliabue

Secondo le stime saranno circa 6mila le imprese coinvolte in Europa e poche centinaia quelle interessate in Italia. Ma, dato che quello che più conta con l’introduzione di questo adempimento è proprio la volontà di andare oltre i numeri e i valori contabili, sarà interessante capire quante organizzazioni approfitteranno di questa novità per trasformare la rendicontazione e la reportistica in uno strumento di tipo strategico, in grado di esprimere capacità, qualità, valore aggiunto e di divenire un ulteriore strumento competitivo. Occorre sottolineare che la norma si basa sul principio “comply or explain” (essere conformi o spiegare perché non lo si è). Questo significa che le aziende non sono obbligate ad agire in tema di rispetto dei diritti e dell’ambiente ma, se non lo fanno, devono rendere conto del motivo per cui non si sono impegnate.

Rendere conto dell’impatto ambientale del business, la sostenibilità

A imprese e imprenditori è richiesto di rendere conto dell’impatto e delle esternalità del business. In questo, la normativa recepisce quella che è una sorta di mutazione genetica del Dna delle imprese, dalle quali non ci si aspetta solo che creino lavoro e ricchezza.

Molti brand infatti occupano sempre più spazi social e sociali e alle aziende è richiesto sempre più che i prodotti e servizi che propongono siano in grado di esprimere anche dei valori intangibili: di autenticità, di rispetto, di tutela, di promozione. Non è solo la progressiva riduzione delle risorse pubbliche per il welfare e il crescente peso di un terzo settore protagonista nella gestione di bisogni di tipo sociale e collettivo a giustificare questo cambiamento.

Applicare la norma sarà un’opportunità

C’è anche il crescente protagonismo di cittadini, clienti, consumatori e la volontà di esprimere con le proprie scelte valori o preferenze collegate a significati, simboli, stili di vita. Per questo essere trasparenti e responsabili viene considerato per le imprese anche un vantaggio competitivo. L’integrazione dei bilanci con informazioni di tipo non finanziario consente di riflettere in una logica strategica di lungo periodo su quali sono le vere motivazione che determinano la capacità di continuare a stare sul mercato.

Per molti, uno dei vantaggi dell’applicazione della norma sarà una spinta all’efficientamento dell’utilizzo delle risorse e questo potrebbe portare in futuro a un sistema di incentivi per chi è più virtuoso. Molte imprese in tutto il mondo hanno da tempo compreso l’importanza di rendere conto a tutti gli stakeholder: clienti, investitori, soci, dipendenti e più in generale alla comunità in cui operano.

Il beneficio per gli investitori

A beneficiarne nell’immediato saranno sicuramente e innanzitutto gli investitori. Secondo l’Onu gli investimenti sostenibili hanno già raggiunto il valore di sessantamila miliardi di dollari. Aziende che decidono, attraverso la rendicontazione allargata, di raccontare il proprio impegno a favore di ambiente e comunità sono più affidabili per un investitore. Su questo i dati non lasciano dubbi.Il punto di svolta nel corso dei prossimi mesi non sarà più costituito, dunque, dal perché scegliere di rendere conto della dimensione economica e finanziaria del business, ma dal come farlo.

Tradurre in numeri una visione

Come si contabilizza una visione? Come si possono valutare elementi intangibili, qualitativi, difficilmente traducibili in un numero o in valuta? Non mancano i modelli, i principi di riferimento e le linee guida. Il primo passo però sarà acquisire la consapevolezza che la tradizionale bottom line, quella che chiude ogni bilancio annuale indicando un utile o una perdita, deve evolvere verso un risultato in grado di esprimere in una logica multidimensionale le vere determinanti del valore.

punto g tempo di rendere conto

 

*Antonella Tagliabue: amministratore delegato della società di consulenza strategica di unGuru, esperta di sviluppo sostenibile. laureata in scienze politiche, con specializzazione in storia e Istituzioni dell’america latina. si è occupata di comunicazione e marketing per multinazionali e gruppi italiani. Da anni si occupa di Green economy e di responsabilità sociale e ambientale d’impresa, insegna in corsi e master. “penso che la sostenibilità debba essere una scelta, prima che un dovere, ma che debba essere strategica e, quindi, responsabile. Quando parlo del pianeta lo faccio con la p maiuscola e credo che il rispetto per la vita in senso biologico debba essere un istinto”. leggo, viaggio e scrivo per passione. camus diceva: “sono contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione. per questo pratico il dubbio, coltivo i miei difetti, cerco di sbagliare sulla base di ragionevoli certezze e mantengo un ottimismo ostinato”.


Tempo di rendere conto della sostenibilità del business - Ultima modifica: 2017-07-19T11:00:59+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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