L’intelligenza artificiale già dialoga con noi

ZAC! di Emanuela Zaccone La più celebre tesi del Cluetrain Manifesto sentenziava che “i mercati sono conversazioni”. Eravamo alle soglie degli anni Duemila, di lì a poco i social media avrebbero dimostrato (ulteriormente) il potere profetico della tesi, mentre ci saremmo abituati in modo crescente a dialogare con i brand su Facebook, a richiedere assistenza […]

ZAC!

di Emanuela Zaccone

La più celebre tesi del Cluetrain Manifesto sentenziava che “i mercati sono conversazioni”.
Eravamo alle soglie degli anni Duemila, di lì a poco i social media avrebbero dimostrato (ulteriormente) il potere profetico della tesi, mentre ci saremmo abituati in modo crescente a dialogare con i brand su Facebook, a richiedere assistenza via Twitter, a spiarne i dietro le quinte su Snapchat o Vine. E a divenire a nostra volta (personal) brand.
Qualche anno dopo, in questo panorama ben definito, le app di messaggistica istantanea avrebbero cominciato a fare la parte dei leoni: durante il Mobile World Congress, Telegram ha dichiarato di aver raggiunto la quota di 100 milioni di utenti attivi al mese, contro gli 800 milioni di Facebook Messenger e il miliardo di Whatsapp.
Comunichiamo molto privatamente, spesso per precise esigenze. Così, quando qualche mese fa Facebook ha annunciato l’arrivo di M, un virtual assistant che avrebbe supportato dapprima i partner, poi anche gli altri brand e gli utenti per attività come prenotare un ristorante, acquistare un capo di abbigliamento e molto altro, l’attenzione generale si è spostata verso una possibile integrazione dell’intelligenza artificiale dentro i nostri consueti spazi comunicativi.
In realtà ci sono diversi modelli possibili: si va infatti da una totale integrazione dell’AI fino all’uso di un sistema misto – come Facebook M – che mescola intervento umano e intelligenza artificiale, il tutto naturalmente con una componente di machine learning che consente al sistema di apprendere in base alle risposte e dunque migliorare, diventando sempre più preciso e in linea con le nostre esigenze.
I bot hanno cominciato a fare la loro comparsa su Telegram e diverse app sono state costruite vestendo questo tipo di interazioni da servizio.
A San Francisco è possibile cercare e prenotare un ristorante con Luka.ai, sarà invece x.ai a organizzare i meeting in base agli impegni del vostro calendario, mentre Quartz sbarca su mobile con un’app interamente dialogica che consente di esplorare ed eventualmente approfondire le ultime notizie pubblicate sulla piattaforma.
È quello che si chiama conversational design, semplificando: l’idea di creare esperienze – principalmente mobile – che hanno nella struttura dialogica e nell’uso di bot la loro cifra principale.
Come accennato, però, ciò non si traduce in una scomparsa dell’azione umana che anzi, in molti casi, resta il fine e la modalità principale di interazione tra utenti: è il caso, ad esempio, di Peach che al di là delle sue “magic words” – keywords che permettono di attivare diversi bot – è, di base, una semplice applicazione di messaggistica.Lo stesso vale per Telegram.
Le conseguenze dell’evoluzione
In concreto, però, questo cosa potrebbe significare per l’evoluzione del sistema social media in senso ampio?

1) Servizi sempre più gestiti in modo automatizzato: meno lavoro per i community manager e maggiore possibilità per gli utenti di ricevere risposte univoche (perché prestabilite e indipendenti dalla persona fisica che risponde a una richiesta), oltre che di poter eventualmente risolvere specifiche esigenze e compiere dei task in modo rapido.

2) Migliore profilazione delle abitudini e degli interessi degli utenti per creare offerte ad hoc e offrire esperienze sempre più personalizzate e – perché no? – predittive.

3) Possibilità di interazione esclusive uomo-macchina, cioè interi dialoghi che non implicheranno necessariamente la presenza di una persona fisica. La vera difficoltà semmai è nell’implementazione di interfacce di questo tipo: quante sono le possibili varianti di interazione di un utente? Come gestirne richieste e feedback? Come guidarlo all’interno di una situazione dialogica?

Quindi, in sostanza, come disegnare esperienze autenticamente conversazionali?

È su questo tipo di sviluppi che si gioca gran parte del futuro dell’AI all’interno delle app di messaging.
Non solo, ma lo sviluppo dei bot resta indubbiamente uno dei trend da seguire per questo 2016: come possono arricchire l’esperienza utente? Fino a che punto costituiranno dialogo e interazione sufficiente da sostituire l’esigenza di interagire con altri utenti? Soprattutto, che impatto economico avranno questi sistemi? Basti pensare che Slack ha creato un fondo da 80 milioni di dollari per startup che sviluppino bot e app integrabili all’interno della sua piattaforma.
Perché, quando le conversazioni diventano mercati, la merce più preziosa è il tempo dedicato dagli utenti all’interazione.

*Emanuela Zaccone, Digital Entrepreneur, Co-founder e Social Media Strategist di TOK.tv. Ha oltre 7 anni di esperienza come consulente e docente in ambito Social Media Analysis e Strategy per grandi aziende, startup e università. Nel 2011 ha completato un Dottorato di Ricerca tra le università di Bologna e Nottingham con una tesi su Social Media Marketing e Social TV.
Ai Intelligenza Artificiale


L’intelligenza artificiale già dialoga con noi - Ultima modifica: 2016-03-29T09:00:07+00:00 da Francesco Marino
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