L’impatto dell’emergenza sanitaria sulle vite degli italiani: nuovi comportamenti e nuove abitudini di consumo emergono dal rapporto Coop 2020
“Un nuovo mondo (e una nuova Europa) si intravedono all’indomani della pandemia”: così il rapporto Coop 2020 introduce i risultati emersi dalla ricerca condotta sulle abitudini di vita degli italiani stravolte dalla pandemia, un vero e proprio “tsunami” che “ha invaso e alterato le nostre vite generando un contraccolpo economico violentissimo e delineando al tempo stesso una traiettoria incerta e sospesa di futuro”.
Come sono cambiate le abitudini degli Italiani con la pandemia
I dati dicono che siamo di fronte alla più grande recessione dal Dopoguerra che ha “volatilizzato 12.500 miliardi di dollari di Pil mondiale in un anno”, causando una contrazione del Pil procapite in 170 Paesi (per l’Italia le ultime previsioni si attestano a un -9,5%). I tempi di ripresa saranno lunghi: secondo il 60% degli executive italiani si dovrà attendere il 2021-2022 perché l’economia mondiale ed europea torni ai livelli pre-Covid; per il nostro Paese i tempi potrebbero persino dilatarsi fino al 2025 secondo quasi il 20% degli intervistati.
Il Covid19 ci ha portati nel futuro e nel passato
L’impatto dell’emergenza sanitaria sui nostri stili di vita può essere paragonato, secondo il rapporto, a una macchina del tempo capace di riportarci nel passato o di catapultarci nel futuro più rapidamente di quanto avremmo pensato: “Da un lato compare l’Italia delle rinunce con l’arretramento del Pil procapite ritornato ai livelli di metà anni ’90 e la spesa in viaggi trascinata indietro di 45 anni ai livelli del 1975 o i consumi fuori casa arretrati di tre decenni, dall’altra c’è invece l’Italia che balza in avanti velocizzando dinamiche già in essere, ma mai così veloci”. A cominciare dallo smart working, che contava 570.000 persone nel 2019 ed ora ne coinvolge 4,9 milioni (+770%), passando per l’ecommerce in aumento del 26% anno su anno – in particolare nel settore dell’e-grocery, dove le vendite sono cresciute dai 595 milioni del 2019 all’1,3 miliardi di quest’anno (+132%) -, fino alla digitalizzazione a tappe forzate in sfere come la didattica, i servizi, la sanità. Proprio nella scuola dovranno essere concentrate le risorse del Recovery Fund secondo il 43% degli intervistati al fine di modernizzare la didattica e portare più tecnologia per rimediare a un ritardo avvertito da oltre la metà degli italiani con figli che frequentano la scuola: il 60% di loro ritiene infatti che i docenti dopo i mesi di didattica a distanza non siano tuttora pronti così come non lo sono i loro stessi figli, nonostante siano nativi digitali.
Covid19 e Pubblica amministrazione
In tema di rapporto con la Pubblica amministrazione lo “smart jump” compiuto in questi mesi è testimoniato dalla “popolarità” dell’identità digitale, che ora 1 cittadino su 3 vorrebbe richiedere. In molti poi sognano città smart che siano più sostenibili dal punto di vista ambientale (68%), con una migliore qualità dei servizi urbani (67%) e capaci di attrarre talenti e investimenti (64%).
Il digitale entra pian piano anche nella sfera sanitaria: un intervistato su 5 pensa di usare canali digitali per comunicare con il proprio medico in futuro e uno su 3 vorrebbe sperimentare una tele-visita.