Food, fashion & furniture tech in Giappone

Il futuro non può essere che high tech in Giappone e se ci si aggira per le strade affollate della capitale nipponica, poco ci vuole per rendersene conto.

Il futuro non può essere che high tech in Giappone e se ci si aggira per le strade affollate della capitale nipponica, poco ci vuole per rendersene conto.

Di Manuel Maiorelli*

Un po’ perché Tokyo ce l’ha nel Dna e un po’ perché non c’è altra alternativa, lo sviluppo esponenziale di soluzioni high tech prepara il Giappone a un futuro che a breve vedremo trasformarsi radicalmente. Dal food al design, dall’arredamento al mondo del fashion, ogni angolo del consumo della società nipponica è sotto tiro dalla digital transformation.

Food & Tech in Giappone

Basta prendere come esempio la catena di fast-food Kaiten Sushi per avere un’idea. A differenza di un normale ristorante, al centro vi è un nastro trasportatore in continua rotazione sul quale vengono servite vivande di diverso genere, in gran parte sushi, dallo chef che presiede la zona centrale all’interno del cerchio formato dal nastro. I consumatori seduti al lato prendono il piatto preferito (le porzioni sono minime così che si accumulano di media una decina di piatti a pasto) e il gioco è fatto. Costi operativi ridotti all’essenziale. Una tecnologia non avveniristica oggi, ma se si pensa che il primo ristorante di questo tipo nacque nel Giappone degli anni ‘50 diventa divertente immaginare come sarà il fast food giapponese fra 10, 15 o 20 anni quando nuove tecnologie rimpiazzeranno quelle più obsolete. C’è chi ha portato il concetto a un livello superiore, come per esempio la catena Muten Kura Sushi. Accanto al nastro trasportatore principale vi è addirittura un secondo nastro, spesso mascherato da treno superveloce con tanto di suoni e allarmi, che risponde direttamente agli ordini da tablet e in un batter d’occhio porta i piatti ordinati direttamente al tavolo. Ma l’incremento evolutivo di maggior rilievo è che i consumatori non interagiscono più con i ristoratori, che appunto, neanche si vedono. La sala è vuota e l’unica azione del cliente, oltre a quella di mangiare, è prendere i piatti dal nastro quando passano e riappoggiarli alla fine. Se un certo numero di piatti vengono consumati il cliente è inserito automaticamente in un contest a premi, anche questi consegnati tramite nastro trasportatore. Ordini e pagamenti, ormai non ci si stupisce più, sono tutti automatizzati e la tradizionale figura dello chef a centro tavola anch’essa rivoluzionata. Tramite sensori che smistano i piatti da lavare da quelli pronti da servire e analisi in real time attraverso un sistema computerizzato rendono la situazione costantemente monitorata, agevolando la logistica delle vivande in stock e accumulando una serie infinita di dati e statistiche.
Nel paese dei robot il rimpiazzo della figura umana (cameriere, shop assistant, receptionist etc.) nei luoghi di consumo non provoca disagi o preoccupazioni particolari nei clienti. È una cosa del tutto normale che fa parte dell’evoluzione del rapporto uomo-tecnologia. Rapporto che, nell’industria della ristorazione, sembra solo all’inizio.
A muoversi in quella direzione vi è il gigante Amazon. A breve aprirà il primo Amazon Bar di Tokyo (anche se solo per un breve periodo per il momento) il cosiddetto “bar senza menù”, così come lo hanno pubblicizzato. Aprirà nel quartiere di Ginza dove offrirà ai clienti uno spazio con sommelier virtuali. Al posto di un tradizionale menù cartaceo, il cliente risponderà tramite tablet ad alcune domande riguardo le sue preferenze e l’algoritmo procederà a raccomandare la bevanda giusta. Oltre ad essere un’idea davvero innovativa è anche una geniale operazione di marketing con fini di ricerca di mercato e accumulo di dati. Con questo sistema Amazon verrebbe direttamente in possesso delle principali abitudini dei giapponesi riguardo la scelta delle bevande alcoliche.

Fashion & Tech in Giappone

Tendenze tech e mondi virtuali non si limitano alla ristorazione, anche il mondo del fashion non resta a guardare. Metodi e standard tradizionali nel retailing della moda sono anch’essi in fase di ricambio. Un esempio importante che promuove nuovamente il Giappone come paese amico delle tecnologie digitali è stato il primo “mixed reality fashion shopping event” mondiale tenutosi a Tokyo il 22 settembre scorso. Un evento della durata di una settimana al By Parco shop & gallery nel quartiere di Aoyama dove i clienti hanno potuto interagire con oggetti reali e virtuali. L’esperienza visuale in un ambiente che riporta elementi, oggetti e azioni impossibili da eseguire in un normale negozio sono stato un successo. Con l’aiuto di visori A e qualche semplice gesto con le dita, i clienti hanno potuto selezionare abiti e accessori che, come per magia, si sono materializzati davanti ai propri occhi. Qualche altro piccolo gesto e gli abiti virtuali cambiano per taglia, sesso e modello e non vi è dubbio che questo sia solo l’inizio per lo shopping del futuro.
L’utilizzo della tecnologia non si limita all’esperienza di acquisto, ma anche al prodotto stesso. Questo è il caso della startup Xenoma (spin off dell’università di Tokyo), che ha appena annunciato una raccolta fondi dal valore di 1,8 milioni di dollari per lo sviluppo di abiti smart chiamati E-skin. Questi vestiti futuristici utilizzano diversi sensori per monitorare la salute e registrare i movimenti in real time. Oltre all’utilizzo in campo industriale o sportivo l’abito, per esempio, può essere utilizzato anche in combinazione con visori VR diventando così un controller per videogame. Per il momento l’azienda produce campioni solo su ordine e il prezzo si aggira intorno a 7.500 dollari a capo. Non proprio una comodità per tutti. Tuttavia la raccolta fondi servirà per creare la struttura e l’organizzazione necessaria alla produzione sistematica di modelli
più economici.

Furniture & Tech in Giappone

L’inarrestabile forza dell’high tech si guadagna spazio anche nell’arredamento e negli oggetti di design. Tra i più bizzarri delle ultime settimane vale la pena menzionare il carinissimo Qoobo (che significherebbe qualcosa come “coda-robot” e si pronuncia “Cubo”) sviluppato da Yukai Engineering Inc. L’adorabile oggetto a forma di gatto è ricoperto da un pelo morbidissimo e, a seconda di come viene accarezzato, la coda si muove in maniera differente. Un robot terapeutico progettato con l’obiettivo di aiutare le persone a trovare calma e relax. Il prototipo presentato al Ceatec Japan 2017 di ottobre sarà presto in vendita nel 2018 in diversi colori e design e si pensa riscuoterà grande successo, soprattutto in una società che adora i gatti e che invecchia rapidamente. I robot terapeutici sono infatti principalmente usati nella cura e nel supporto di persone anziane, spesso lasciate sole negli ultimi anni di vita. Inoltre, siccome molti nuovi edifici a Tokyo non ammettono cani e gatti negli appartamenti e i giardini sono un lusso per pochi, questi robot sono destinati a rallegrare le giornate di coloro che vorrebbero avere un animale da compagnia ma non possono permetterselo. In fin dei conti Qoobo non sporca, non perde i peli e non graffia.

tokyo-ga 3F tech in Giappone

*Nato in un piccolo paese dell’Emilia scopre l’Oriente attraverso la lettura dei grandi viaggiatori del passato. Cercando di seguirne i passi si laurea in Lingue e Culture dell’Asia. Dopo tante avventure nel continente asiatico e attirato dall’intreccio armonioso tra tecnologia, modernità e tradizione si ferma nella punta più estrema d’Oriente: il Giappone.


Food, fashion & furniture tech in Giappone - Ultima modifica: 2018-01-07T10:47:11+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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