Università di Pisa trasforma la propria infrastruttura ICT con VMware

Con VMware, Università di Pisa ha costruito un cluster multi-site e un’infrastruttura di virtualizzazione basata su VMware vSAN.

Ateneo di antica tradizione, Università di Pisa evolve la propria infrastruttura ICT nel segno del software-defined data center. La nuova infrastruttura, basata anche su tecnologie di virtualizzazione VMware, prevede tre siti di produzione principali, a cui si aggiunge un quarto dedicato ai sistemi di ricerca e sviluppo, in configurazione di alta affidabilità e sicurezza. Con questa nuova architettura l’Università incrementa l’affidabilità e la disponibilità dei sistemi, oltre alla potenza di calcolo e alla disponibilità di storage. Il risultato è una migliore offerta di servizi agli utenti e sistemi più flessibili e facili da gestire per il personale IT.

Sotto la guida del professor Antonio Cisternino – Delegato del rettore per l’informatica – i sistemi informativi sono al centro della trasformazione dell’ateneo, con un ripensamento delle infrastrutture a servizio della ricerca e dei sistemi amministrativi per circa tremila utenti, tra docenti e personale interno, e per oltre cinquantamila studenti.

Sin dalla fine degli anni novanta le strutture dell’Università sono collegate da una rete proprietaria in fibra ottica. Nel corso degli anni, su questa infrastruttura di rete sono stati costruiti una serie di data center minori, il che ha prodotto una certa frammentazione del patrimonio informativo dell’Università. Inoltre, il 90% dei sistemi IT dell’Università di Pisa erano basati su software open source.

La gestione del patrimonio informativo dell’ Università di Pisa rischiava di diventare troppo complessa e onerosa, soprattutto tenendo conto della difficoltà di governare la manutenzione dei sistemi open source. In Università sin dal 1998, Maurizio Davini è Chief Technology Officer presso l’Università di Pisa e il suo team è il braccio operativo per quanto riguarda la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione delle reti e dei servizi IT. “Dovevamo consolidare e mettere in sicurezza diversi centri elaborazione dati, distribuiti nelle sedi dei dipartimenti: molti erano basati su tecnologie open source”, ricorda Davini. La scelta è stata quindi di creare tre silos informativi e tecnologici paralleli, in modo da garantire la massima flessibilità. Alle tecnologie open source sono affidati i sistemi dedicati alla ricerca e sviluppo. Per gli applicativi più critici la scelta è stata di muoversi verso architetture di classe enterprise, che prevedessero contratti di manutenzione, puntando su infrastrutture di virtualizzazione basate anche su tecnologia VMware. I sistemi di messaggistica e collaborazione, infine, prevedono l’utilizzo di applicazioni Microsoft.
“Il nuovo disegno dell’IT d’ateneo parte da una scelta fondamentale, quella per la modernizzazione dei data center. È una scelta che ha visto nella virtualizzazione dei sistemi un tassello fondamentale e che si è basata, per tutti i sistemi server e database più critici, anche su tecnologia VMware”, commenta Davini.

VMware per Università di Pisa, la soluzione

La PA ha l’obbligo di approvvigionarsi, per quello che riguarda le infrastrutture informatiche, attraverso le convenzioni CONSIP. La conferenza dei rettori, che funge da collettore delle diverse esigenze dipartimentali, ha reso disponibile una convenzione a cui l’Università aderisce e che dà accesso a un gran numero di tecnologie avanzate. In questo quadro l’Università ha acquistato un certo numero di server Dell in convenzione, utilizzandoli per costruire le nuove infrastrutture. La componente di integrazione è stata demandata al Partner VMware Assyrus, che ha lavorato in collaborazione con il personale interno, completando il progetto in meno di un mese.
Il nuovo data center ha permesso di avviare un rilevante consolidamento dei diversi centri di elaborazione dati che l’Università aveva distribuito nelle diverse sedi, passando a un un’infrastruttura che a regime avrà 4 data center ben identificati, tre di produzione enterpise e uno dedicato alle attività di ricerca e sviluppo. Uno dei nodi è un nuovo data center, collocato fuori città, a dieci chilometri di distanza, in una struttura di proprietà dell’Università. Questa infrastruttura è alla base della ristrutturazione dei sistemi informativi voluta dal Professor Cisternino e realizzata dal team di Maurizio Davini. Da questo modello infrastrutturale il team che gestisce i sistemi promuove la riprogettazione di una serie di servizi, sia dal punto di vista infrastrutturale, con nuove architetture di virtualizzazione e nuovi sistemi di supporto al calcolo per la ricerca, sia dal punto di vista applicativo, per quanto riguarda i software che sono a servizio dei processi amministrativi e tecnici dell’ateneo.
La virtualizzazione è una rivoluzione anche per il personale tecnico, che ha l’opportunità di conoscere strumenti molto innovativi. “I nostri sistemisti si stanno formando sulle nuove tecnologie: è un passaggio anche per loro e lo stanno vivendo con entusiasmo, anche perché hanno in mano degli strumenti molto più performanti e semplici da gestire”, spiega Davini.

I benefici

“Con VMware abbiamo costruito un cluster di dodici server, diviso su più siti, e un’infrastruttura di virtualizzazione dello storage basata su vSAN”, spiega Davini. “Abbiamo puntato su sistemi iperconvergenti, e questa architettura ci permette di aumentare in misura rilevante l’affidabilità e la disponibilità dei sistemi, sia dal punto di vista della potenza di calcolo, sia per quanto riguarda la disponibilità di storage. E soprattutto possiamo sfruttare al meglio le risorse disponibili, con la massima flessibilità. Tutto questo significa servizi migliori per gli utenti e una riduzione dei costi di gestione per noi”. In particolare, tre sono le principali categorie di utenti interessate: studenti, docenti e ricercatori, personale amministrativo. Le applicazioni e i servizi a cui accedono questi utenti sono eseguite oggi all’interno di un ambiente infrastrutturale più affidabile, sicuro e performante, con il risultato di una maggiore fruibilità nell’erogazione dei servizi, in particolare per i sistemi amministrativi più critici.
“Tre sono le caratteristiche principali della soluzione che abbiamo implementato con tecnologia VMware”, continua Davini: “qualità, affidabilità e flessibilità. L’infrastruttura basata su VMware vSAN ha permesso di ottimizzare la capacità elaborativa e di storage dei server, nonché di aumentare in maniera significativa la disponibilità dei sistemi, con caratteristiche always on. Parte integrante del progetto è una soluzione di disaster recovery, con cui si sta realizzando un’infrastruttura che a regime sarà assolutamente affidabile per quanto riguarda le applicazioni. È possibile, per esempio, eseguire interventi di manutenzione sul data center senza alcun impatto sull’operatività dei sistemi e degli applicativi. “Possiamo spegnere un data center e mantenere le applicazioni in esecuzione”, esemplifica Davini.
La nuova architettura è ormai quasi del tutto operativa, anche se alcune configurazioni devono ancora essere ottimizzate e nuovi servizi attendono di essere completati. Grazie al nuovo data center virtualizzato l’Università di Pisa dispone di un asset in più: un’infrastruttura agile e flessibile al servizio della didattica, un elemento importante per assicurare a docenti e studenti un’esperienza evoluta di creazione di consocenza e condivisione del sapere.
“Quando si accende un nuovo servizio la tecnologia ti regala delle grandi emozioni”, conclude Maurizio Davini. “Viviamo un momento di grande evoluzione tecnologica: nella virtualizzazione, nello storage, nei sistemi iperconvergenti. Entriamo in un mondo nuovo, e VMware, con il suo software, le sue persone, i suoi Partner, è parte integrante di questa realtà”.

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Università di Pisa trasforma la propria infrastruttura ICT con VMware - Ultima modifica: 2018-09-26T16:56:30+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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