Barbara Mazzolai, la robotica ispirata alle piante

Studiare la natura, capirne i segreti che sottendono a determinate funzioni e poi tradurli in macchine: questa è l’attività di Barbara Mazzolai

Barbara Mazzolai è una scienziata che studia i robot. L’avevamo citata nella classifica #digiwomen 2016 tra le 15 donne più influenti nel mondo della tecnologia secondo Digitalic. A DigitalicX ci ha raccontato come nascono i robot che si ispirano alle piante.

Il Plantoide di Barbara Mazzolai

Studiare la natura, capirne i segreti che sottendono a determinate funzioni e poi tradurli in macchine: questa è l’attività di Barbara Mazzolai. Ha studiato le radici delle piante per creare un robot che, in maniera autonoma, si muove nel sottosuolo alla ricerca di sostanze di interesse, acque, nutrienti e così via: il Plantoide. “Si tratta del primo robot che cresce” spiega la scienziata. “Siamo riusciti a tradurre in modo tecnologico il concetto dello sviluppo delle radici, che crescono in punta per aggiunta di cellule e poi si allungano nel suolo. In questo modo riescono a superare le pressioni, molto elevate già nei primi centimetri disuolo. La difficoltà è stata: capire che questo era il segreto e riuscire a tradurlo in un robot che, di fatto crea il suo corpo.

Da dove è partita la ricerca, cosa ti ha ispirato?

Barbara Mazzolai: Sono una biologa che lavora da tanti anni nel mondo dell’ingegneria, quindi la robotica bioispirata mi ha da sempre affascinata. Volevo creare un robot che servisse per il monitoraggio dell’ambiente e soprattutto del suolo. Le piante sono gli esseri viventi più adattati in questo, lo fanno attraverso la crescita.
Le piante sono tante, noi abbiamo studiato il mais ma solo perché è molto semplice da crescere. Ne abbiamo analizzato lo sviluppo, non è stato facile perché le radici crescono nel suolo e non sono visibili. Questo è il motivo per cui siamo portati a credere che i vegetali non si muovano. In realtà eseguono movimenti lenti. Si muovono per tutta la vita, a differenza degli animali che raggiunta la maturità smettono di crescere. Si adattano all’ambiente, non hanno una forma predefinita.
Ci sono anche piante che si muovono molto velocemente, come la carnivora, affascinante perché ha un meccanismo estremamente complicato. Ha dei peli tattili nella foglia e la preda deve toccarne almeno due a distanza di 20 secondi per far chiudere la trappola. Ha dei sensori tattili, è una macchina perfetta, ha un controllo del corpo affascinante.
I vegetali di solito sono considerati esseri inferiori agli animali. Io credo che semplicemente siano diverse da noi, il diverso non necessariamente è peggiore. Hanno un’intelligenza distribuita, soprattutto a livello degli apici, agli estremi. Man mano che crescono percepiscono l’ambiente, la gravità, l’acqua, evitano gli ostacoli. È un continuo interagire con l’ambiente e prendere delle decisioni sulla direzione di crescita. Queste decisioni sono quelle che noi stiamo studiando, per implementarle in nuovi algoritmi che andranno a far parte dei robot.

Oltre a esplorare terreno, quali sono i campi di applicazione del Plantoide?

Barbara Mazzolai: I campi applicativi sono molteplici, potremmo creare ad esempio delle infrastrutture, delle nuove tubature. Siamo partiti con l’idea di rispondere a esigenze “spaziali”. Le radici infatti, oltre a esplorare, ancorano la pianta. Il problema dell’ancoraggio è molto sentito in campo spaziale.
A lungo termine potremmo usare il Plantoide anche in applicazione mediche: come un endoscopio che crescendo dalla punta non danneggia il tessuto in cui si muove. Questo richiede tempi di studio più lunghi, soprattutto per la ricerca di materiali da utilizzare che devono essere bio compatibili e non potranno sfruttare il calore per crescere. Ma questo suggerimento è arrivato proprio da medici, che hanno visto nella pianta “l’endoscopio del futuro”. Le idee a volte vengono proprio dai possibili utilizzatori.

L’intelligenza delle piante si trasforma così in algoritmi di controllo…

Barbara Mazzolai: Molti dei movimenti delle piante sono passivi, pensiamo ad esempio alla pigna, che si apre e si chiude per l’umidità. Lo fa per merito del materiale di cui è fatta. Noi siamo portati a pensare che l’intelligenza arrivi dal sistema nervoso, in realtà i materiali hanno un’intelligenza intrinseca, distribuita nel corpo. Questo è il principio che vogliamo implementare nella robotica del futuro, per creare macchine che siano sempre più simili agli esseri viventi, che riescano a interagire nei nostri ambienti, anche fuori dalle fabbriche.

Volete quindi progettare materiali che si muovano senza energia?

Barbara Mazzolai: L’energia è un punto chiave dei nostri robot, perché dovranno consumare molto meno. Gli essere viventi e la loro capacità di interagire con l’ambiente sono le nuove linee guida. I materiali funzionano da sensori perché percepiscono l’ambiente, ma anche da motore perché creano movimento. Questo aiuta a ridurre l’energia necessaria, risolvendo il problema dell’autonomia.

Oltre alle piante, anche gli animali hanno ispirato la ricerca. Quali?

Barbara Mazzolai: Ad esempio la medusa: il suo movimento di contrazione sembra semplice, in realtà da riprodurre in robotica è molto complicato. Un gruppo di ricercatori di Harvard ha avuto l’idea di usare delle cellule contrattili, muscolari cardiache, che integrate con un materiale artificiale hanno ricreato il movimento.
Io ho lavorato a un progetto ispirato a un polpo, invertebrato dall’intelligenza distribuita. Il polpo è un animale che vive solo due-tre anni ma è estremamente intelligente. La maggior parte dei suoi neuroni sono nelle otto braccia. Ha un corpo  molto complesso, senza scheletro, che si può muovere in ogni direzione (tecnicamente diciamo che: ha infiniti gradi di libertà), il cervello da solo non riuscirebbe a gestirlo. Molto del controllo è demandato quindi al sistema periferico.

Digitalic X 2017 Barbara Mazzolai


Barbara Mazzolai, la robotica ispirata alle piante - Ultima modifica: 2017-06-09T14:15:40+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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