Il drone usa-e-getta per gli aiuti umanitari

Un delivery drone in compensato che effettua una sola consegna di aiuti umanitari. Poi può essere distrutto e usato per accendere un fuoco e cucinare

I delivery drone (droni ottimizzati per trasportare dei piccoli carichi e consegnarli) sarebbero stati di grande aiuto dopo il terremoto in Nepal del 2015. Le popolazioni che abitavano nei villaggi di montagna hanno dovuto aspettare settimane prima di ricevere le provviste di cibo. Le frane si erano portate via le strade e il numero limitato di elicotteri disponibili nell’intera nazione, non era sempre in grado di volare in sicurezza dove ce n’era più bisogno.
È questo uno dei motivi che ha spinto Nigel Gifford – che fa parte del team con base nel Regno Unito che ha sviluppato per Facebook dei droni ad energia solare – a progettare un drone economico, in grado di portare aiuti, cibo e altre forniture umanitarie in zone colpite da disastri di varia natura.
Il drone è progettato per arrivare a destinazione e portare a termine una sola consegna, può essere rotto e riutilizzato quando giunge al proprio target. Facendo a pezzi la struttura in compensato, la si può utilizzare per accendere un fuoco per cucinare il cibo. Le ali sono costruite per contenere alimenti, mentre le coperture protettive attorno al cibo, possono essere utilizzate come teli plastificati nei rifugi.
“La superficie della ali è coperta con un materiale che noi chiamiamo insalatiera” racconta Gifford, CEO della Windhorse Aerospace, la startup che ha progettato il drone “quando si va al supermercato e si è davanti all’espositore con le insalate, ci sono delle ciotole in plastica all’interno delle quali ognuno compone l’insalata che preferisce. Ecco, nel momento in cui il cibo viene posto nella fusoliera, noi lo avvolgiamo nello stesso materiale per proteggerlo e preservarlo”.
Con l’avanzare della fase progettuale, si potrebbe giungere ad un drone con sempre più parti commestibili, fino a sostituire l’elettronica convenzionale con un’elettronica fatta di alimenti. E Gifford aggiunge “Stiamo cercando di tenere la parte elettrica ridotta al minimo indispensabile. Chi si occupa della tecnologia degli alimenti, sta realizzando dei modelli in cui superfici dei controller sono fatte di cibo, ovviamente non parliamo di cibi deperibili, ma – ad esempio – i dadi da brodo potrebbero avvolgere l’elettronica”.

La startup è convinta che utilizzare delivery drone possa diventare economico quanto le consegne che avvengono già via paracadute, ma di certo in modo ben più preciso. I droni, ispirati alle tute alate di chi fa base jumping, sono stati progettati per essere lanciati dagli aerei in volo. Il piccolo sistema di navigazione di bordo fa il resto, consegnando gli alimenti entro un raggio di 22 piedi dall’obiettivo (meno di 7 metri). La forma è ottimizzata per far sì che il drone scivoli a 25 metri da un aereo, senza motore, così nelle zone di conflitti o altre aree in cui volare sia pericoloso, aerei ed equipaggio possano essere al sicuro a una distanza adeguata dai pericoli.
Oltre al cibo, i delivery drone possono consegnare medicinali e materiali di prima necessità. Non si tratta del primo esempio di drone a scopo umanitario, però. In Ruanda, la Zipline International di San Francisco, sta utilizzando i delivery drone per consegnare il sangue destinato alla trasfusioni. In un programma pilota in Ghana i droni consegnano contraccettivi e pillole anticoncezionali. Altri progetti, in aree ancora più critiche, hanno fallito nel loro intento di portare aiuti, è avvenuto in Siria con il progetto Syrian Airlift, ma l’avvio della missione è fallito a causa di problemi tecnici e ostacoli nei finanziamenti.
La Windhorse Aeronautics dovrà affrontare le stesse sfide, ma il team spera che i droni siano pronti all’uso già a partire dall’anno prossimo.

Windhorse Aerospace delivery drone aiuti umanitari


Il drone usa-e-getta per gli aiuti umanitari - Ultima modifica: 2016-09-29T12:25:39+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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