In futuro, le persone che perdono l’uso degli arti saranno in grado di controllare le protesi robotiche utilizzando interfacce cervello-computer
In futuro, le persone che perdono l’uso degli arti saranno in grado di controllare le protesi robotiche utilizzando interfacce cervello-computer, un po’ come Luke Skywalker nella saga di Star Wars.
Il problema, però, è che i segnali cerebrali sono difficili da decifrare, il che significa che le interfacce cervello-computer esistenti che controllano gli arti robotici sono spesso lente o goffe.
Ma le cose potrebbero presto cambiare: la scorsa settimana, un team di medici e neuroscienziati ha pubblicato un articolo sulla rivista Nature Medicine su un’interfaccia cervello-computer che utilizza una rete neurale per decodificare i segnali cerebrali in movimenti precisi tramite un braccio robotico realistico controllato dalla mente.
Il Decodificatore di Cervello per migliorare le protesi
I ricercatori hanno estratto dati da un uomo quadriplegico di 27 anni che aveva una serie di micro-elettrodi impiantati nel suo cervello e li ha inseriti in lavorazione in una serie di reti neurali, i sistemi di intelligenza artificiale modellati in maniera relativamente simile ai “circuiti” del cervello che eccellono nel trovare modelli in grandi serie di informazioni.
Dopo sessioni di allenamento nel corso di quasi due anni e mezzo, le reti neurali sono state abbastanza brave nell’individuare quali segnali cerebrali erano legati a specifici comandi muscolari e come trasmetterli all’arto robotico.
La rete neurale al comando
Non solo la rete neurale ha consentito al paziente di muovere il braccio robotico con maggiore accuratezza e minor ritardo rispetto ai sistemi esistenti, ma lo ha fatto ancora meglio quando i ricercatori hanno lasciato che si allenasse da sola: cioè, la rete neurale risultava essere in grado di insegnare a se stessa quali segnali del cervello corrispondevano a quali movimenti del braccio in modo più efficace senza alcun suggerimento da parte dei ricercatori.
Con la rete neurale, il volontario nell’esperimento è stato in grado di raccogliere e manipolare tre piccoli oggetti con la mano robotica, un’abilità che è facilmente data per scontata ma spesso sfugge a coloro che si affidano ad arti protesici nella vita quotidiana.