I consumi di elettronica aumentano, il ciclo di vita dei dispositivi si accorcia e le opzioni di riparazione sono sempre di meno. Conseguenza. Aumentano in maniera esponenziale i rifiuti elettronici. Il mondo nel 2019 ne ha prodotti la bellezza di 53,6 milioni di tonnellate, una cifra mai toccata prima, l’equivalente di 7,3 chilogrammi per abitante, con i cittadini europei che raggiungono i 16,2 chili.
Ad affermarlo il rapporto annuale dell’università dell’Onu e della International Solid Waste Association, secondo cui la cifra è destinata ad arrivare a 74 milioni di tonnellate entro il 2030. Il quale sottolinea quanto i rifiuti elettronici siano cresciuti del 21 % negli ultimi cinque anni. E di questi rifiuti elettronici, solo il 17% segue un percorso virtuoso di recupero e riciclo dei materiali, il resto finisce nelle discariche senza alcun controllo e senza alcun processo di verifica degli effetti che questa “distruzione” produce nell’ambiente stesso.
Questo “sperpero” significa non recuperare tra i materiali scartati soprattutto plastica e silicio, ma anche grandi quantità di rame, oro e altri metalli preziosi. Se venissero recuperati varrebbero 57 miliardi di dollari.
Per il futuro, poi, c’è scarso ottimismo. Le previsioni fatte dal Global E-waste Monitor 2020 sono drammatiche, tanto che si ritiene che entro il 2030 il volume dei rifiuti elettronici non correttamente riciclati raddoppierà rispetto a quello del 2014. Il motivo di questa preoccupazione è dovuto al fatto che le condizioni generali di vita delle popolazioni cresce e anche quelli che fino ad oggi non avevano a disposizione dispositivi elettronici, ora se lo possono permettere, moltiplicando quindi anche i rifiuti.
La dispersione maggiore nelle discariche senza alcun riciclaggio o riciclo, sempre secondo il rapporto 2020, riguarda gli apparecchi di piccole dimensioni (32%): videocamere, giocattoli elettronici, device per la cucina casalinga, rasoi e altri.
E l’Europa, nella classifica mondiale, segna due primati contrastanti. Quella della maggiore dispersione pro capite, ma anche quella della maggiore efficacia delle tecnologie e delle procedure per la raccolta e il riciclo di rifiuti tecnologici. L’Asia al contrario risulta essere l’area geografica che nel 2019 ha prodotto più “rifiuti hi-tech” rispetto a tutto il resto del mondo.
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