Cappato assolto ancora una volta, ecco perché

La Corte Costituzionale ha modificato il Codice Penale in tema di aiuto al suicidio

Massimo Rossi, giornalista e Avvocato

Massimo Rossi, giornalista e Avvocato

Così come già aveva fatto la Corte d’Assise di Milano in relazione al caso Dj Fabo, anche la Corte d’Assise di Massa, con sentenza dello scorso 27 luglio, ha assolto Marco Cappato dal reato di aiuto al suicidio di Davide Trentini che, ripercorrendo le orme di Fabiano Antoniani, aveva scelto di morire in Svizzera tramite il suicidio assistito.

 

 

 

La storia di Davide

Davide erastato aiutato anche da Mina Welby (pure assolta), la vedova di Piergiorgio Welby che fu il primo, nell’ormai lontano anno 2006, a rivendicare il diritto di lasciarsi morire senza soffrire.
Fu Mina, infatti, ad accompagnare materialmente Davide quell’aprile del 2017 a Basilea, dopo che Marco Cappato lo aveva aiutato a individuare la struttura svizzera più adeguata e aveva contribuito finanziariamente a mettere insieme la somma necessaria per il suicidio medicalmente assistito.
Tre casi analoghi, ma allo stesso tempo molto diversi tra loro.

Casi diversi

Welby decise di farsi sedare profondamente dall’unico medico anestesista rianimatore che ebbe all’epoca a dichiararsi disponibile, il dottor Mario Riccio.
Staccato il respiratore – supporto terapeutico vitale per quel paziente, ma anche trattamento sanitario rifiutabile dal malato a norma dell’articolo 32 della nostra Costituzione – Welby andò incontro a una morte rapida e indolore.
Il medico, come facilmente allora prevedibile, fu accusato di omicidio del consenziente, fu processato e venne assolto. Aveva fatto solo il suo dovere di medico accogliendo la legittima volontà del suo paziente.

La nostra legge oggi

Oggi, dopo la entrata in vigore della Legge 219 del dicembre 2017, quel processo non si potrebbe nemmeno più fare, perché la Legge ha finalmente ben regolamentato il diritto al rifiuto delle terapie – fra le quali sono state esplicitamente riconosciute anche alimentazione e idratazione – che già era previsto dalla nostra Costituzione, ma che pochi e rano disposti a riconoscere.
Il 27 febbraio 2017 Dj Fabo non ha voluto affrontare lo stesso percorso di Welby, nel timore di soffrire durante una lunga agonia (il supporto del respiratore non era cosi continuo e vitale come per Welby) senza poterne prevedere la durata. Ha quindi scelto, con l’aiuto di Marco Cappato, di andare dove il suicidio assistito, in presenza di determinate condizioni (malattia irreversibile e motivata quanto lucida autodeterminazione) era legittimo e gli avrebbe consentito, attraverso l’assunzione della sostanza prescritta dal medico della struttura, una morte del tutto indolore conseguente a un rapido addormentamento. Nessuna agonia, nemmeno per i parenti costretti a una angosciosa attesa senza tempo.

La sentenza storica

La Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 242 del 25 settembre 2019, ha dichiarato legittimo l’aiuto al suicidio prestato a chi si trovi nella situazione di essere affetto da malattia irreversibile (non necessariamente terminale, come non erano infatti terminali le malattie di Dj Fabo e di Davide Trentini) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute non più sopportabili e sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Naturalmente il prerequisito è che questo malato abbia assunto la decisione di recarsi in un paese straniero – dove il suicidio medicalmente assistito è ammesso dalla legge – in modo del tutto libero, autodeterminato e capace, scegliendo così un modo di morire più dignitoso rispetto a un lungo e incerto percorso di rifiuto delle terapie o della nutrizione assistita. Da qui l’assoluzione pronunciata dalla Corte d’Assise di Milano nel caso Dj Fabo, che era in ogni caso supportato, seppur parzialmente, dal respiratore automatico.

Non serve una macchina

Davide Trentini non era attaccato a una macchina, ma la Corte di Massa, con la sua coraggiosa sentenza, ha ben motivato come un trattamento di sostegno vitale non deve necessariamente identificarsi con un apparecchio meccanico, ma ben può configurarsi anche in un delicato quanto complesso trattamento farmacologico, oppure nella necessaria dipendenza dall’assistenza di altre persone per soddisfare bisogni vitali, come l’alimentazione e la defecazione che, nella fattispecie, poteva essere solo manuale ad evitare complicazioni morta li come infezioni e setticemia.

Contro

Il pubblico Ministero ha recentemente impugnato la sentenza di assoluzione e se ne riparlerà pertanto davanti alla Corte d’Assise di appello di Genova.
Neanche la Chiesa è naturalmente d’accordo, tanto da spingersi lo scorso mese di settembre a pubblicare un poderoso testo intitolato “Samaritanus Bonus” a sostegno della tesi che la cura del malato deve prevalere sempre e comunque, anche contro la sua volontà, senza possibilità di alcuna forma di suicidio assistito e tantomeno di eutanasia. Il dibattito è aperto.

Di Massimo Rossi


Cappato assolto ancora una volta, ecco perché - Ultima modifica: 2020-12-12T08:45:52+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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